Laura Vargiu è nata a Iglesias, nel sud della Sardegna. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari con una tesi in Storia e istituzioni del mondo musulmano, è presente con poesie e racconti in diverse raccolte antologiche nazionali. Vincitrice del Premio Letterario “La Mole” di Torino nel 2013 e autrice di alcune pubblicazioni di poesia e prosa, tra cui “Il cane Comunista e altri racconti” (L'ArgoLibro Editore), fa parte della redazione della rivista di poesia e critica letteraria “Nuova Euterpe” e della giuria di alcuni concorsi letterari.

Nato in Iran: storia di un mezzo esiliato

Di Laura Vargiu

Classe 1985, Majid Bita è un artista iraniano che vive nel nostro Paese da quasi dieci anni.

È l’autore di un gran bel libro a fumetti dal titolo Nato in Iran, pubblicato proprio in questo 2023 dall’associazione culturale bolognese Canicola che si occupa appunto di divulgazione della cultura del fumetto promuovendo giovani autori, portando dall’estero lavori ancora inediti in Italia e organizzando corsi e laboratori per bambini; il progetto editoriale sin qui portato avanti si rivela particolarmente ricco e interessante e una firma come quella di Bita ben s’inserisce al suo interno.

Ma che cosa racconta Nato in Iran? Quale narrazione custodiscono le sue pagine?

Il corposo volume si compone di sei capitoli che ripercorrono alcune significative vicende vissute in prima persona dallo stesso Bita; una sorta di autobiografia disegnata che dagli anni dell’infanzia giunge a quelli dell’età adulta, coprendo un periodo che va per la precisione dal 1992 sino al 2014. Anni che rappresentano una buona fetta della vita dell’autore, la cui storia personale non può non confluire sia in quella familiare che in quella della nazione.

Così, attraverso un fitto susseguirsi di tavole dal tratto grafico di notevole originalità e straordinaria forza espressiva, ecco riemergere dalla memoria la grande casa dei nonni, i ricordi e i racconti di questi ultimi, le pesantissime coperte imbottite e decorate del corredo di famiglia, il fantasma della lunga e disastrosa guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, il vociare e gli odori dei bazar, vecchi tesori editoriali sepolti in uno scantinato, le strade di Teheran affollate di giovani manifestanti spinti da desiderio di libertà, speranza, rabbia.

«La protesta andava avanti da cinque mesi, ma non era come sempre. Sembrava più un combattimento tra giovani uomini e donne che affrontavano in modo pacifico poliziotti e ufficiali incapaci di contraccambiare con la stessa civiltà.

[…]Morte al dittatore!»

Tensione e paura si fanno palpabili e la morte, o il pericolo di essa, aleggia pesantemente in alcuni episodi, valicando i confini dell’incubo; i disegni riescono a trasmettere tutto ciò alla perfezione, mentre il bianco e nero ben si presta a sottolineare una inquietudine di fondo e una drammaticità che il lettore può cogliere a più riprese. Lo stile, che oserei definire spesso onirico e visionario in particolare nelle pagine relative all’infanzia, si fa in un certo qual modo meno tumultuoso e asciutto negli ultimi due capitoli, Morte sul ponte (2009) e L’ambasciata (2014), dove a poco a poco, e forse a livello inconscio, matura e poi s’impone la decisione di espatriare.

Una scelta infine obbligata, quella di andare via e lasciare i propri affetti, sebbene in principio non fosse un’idea che incontrava il favore del giovane Majid.

«A vent’anni chiamavo traditore ogni amico che si trasferiva all’estero.

[…] Dicevo che bisognava rimanere qui e combattere.

A 25 anni dicevo che stavamo resistendo, ma non era più come prima.

[…] A ventott’anni me ne sono andato.»

Un lavoro senza dubbio lodevole e meritevole di attenzione che a noi occidentali racconta che cosa possa significare nascere, crescere e – purtroppo – morire sotto il regime teocratico degli ayatollah che da oltre quattro decenni tiene in ostaggio una terra affascinante dalla storia antichissima e grandiosa. La Rivoluzione tradita, che nel 1979 rovesciò lo shah della dinastia Pahlavi non certo esente da colpe gravissime, ha portato sangue, repressione, censura che sono sotto gli occhi di tutti. Il coraggio delle giovani generazioni, ragazzi e ragazze, nello sfidare i vertici della Repubblica islamica viene pagato a caro prezzo, come ci confermano le recenti cronache internazionali.

Anche scrivere e disegnare è un atto di resistenza, pur se compiuto nell’amarezza della diaspora. Majid Bita è protagonista a pieno titolo di tale resistenza, condividendo il proprio passato e denunciando nel contempo ciò che è stato e continua a essere, e le ferite ancora aperte non sono poche. Si legga la bellissima e toccante nota da lui firmata in chiusura del libro: aiuta a conoscere e a comprendere, spesso ardua impresa per noi che non abbiamo vissuto sulla nostra pelle determinate realtà.

«Ho l’impressione di essere scisso in due. Una parte di me è ancora in Iran, in cerca di risposte […]; l’altra è qui, in Italia, che prova a farsi capire mentre riflette sul proprio passato […]», scrive Bita che si definisce, dunque, «un mezzo esiliato».

Al pari dei suoi disegni, le parole che scrive, contenenti profonde riflessioni sull’esilio e la situazione politica iraniana degli ultimi anni, contribuiscono a una valutazione molto positiva di questa pubblicazione, della quale si consiglia sentitamente la lettura.

Majid Bita in Iran ha studiato grafica d’arte e, dopo il suo arrivo in Italia, frequentato l’Accademia di Belle Arti a Bologna, città in cui vive e lavora occupandosi – come ci informa la pagina a lui dedicata sul sito dell’editore – di illustrazione editoriale, storyboard per film, video clip musicali e di film d’animazione per diversi progetti cinematografici e artistico-culturali.

Per seguire il progetto editoriale dell’associazione Canicola si rimanda al sito web https://www.canicola.net/ .

Nato in Iran Book Cover Nato in Iran
Majid Bita
Fumetti
Canicola
2023
360 p.,