Marcello Chinca ha svolto la professione di avvocato per venti anni sino al suo ritiro nel 2007. Svolge ora l'attività di critico letterario e d'arte. Scrittore

Invito alla lettura di Kafka

Di Marcello Chinca

Il senso della tragedia in Kafka risiede tutto nel dilemma irrisolto delle società umana a livello delle proprie pulsioni fondamentali, subliminali o meno, un tetto, entrate periodiche, un certo benessere, l’amore muliebre, cura del figli se ci sono, qualche avventura rifondata dell’essere primigenio. Qui, in questo deficit irrisolto, va in scena l’affannarsi struggente dell’individuo come disperso, atterrito dentro un labirinto, si cerca una via d’uscita esistenziale, ricerca ostinata obbligata che è pure la chance di una ricomposizione identitaria. A tutto ciò, a questa validazione in società tentata dell’individuo si sarà opposta ferocemente già una prima linea, amici, familiari, colleghi di lavoro, una seconda linea sarà la pura alienazione dei subalterni, trionfo di rassegnazione allo status quo di servaggio, e fatalismo, sprezzo per ogni idealismo che guardi altrove la propria classe di appartenenza. Ai piani superiori intanto vigono il puro capriccio e l’oscurità dei fini, un potere costituito oligarchia ben protetta dai suoi molti accoliti, si nota questo scivolamento verso il nucleo vero del meccanismo sociale verso l’assoluta dispersione di una semiotica qualsiasi che ne spieghi o rilevi l’arcano, cioè siamo dentro un’amalgama limaccioso in cui sarà confluito ogni agente del Capitale di per sé eversivo, il saturato politico, il tecnico in finanza, lo stragista, il manipolatore dell’informazione, veri natural born killers, team esperti in esplosivi, lobbies di iene solo intese al commercio internazionale, i gabellieri ed i giudici col braccio armato, servizi segreti, il tutto mai così descritto come la sola fuggevole espressione che non può mai essere davvero fissata con precisione il Male sulla Terra che per Kafka è personificata nel Leviatano, il Caos controllato dall’alto delle società.

Perciò per Kafka l’Apocalisse non è evento che sta dietro l’angolo ma è già immanenza ogni giorno, il che implica una progressiva decontrazione dell’istanza di vivere a rassegnazione, senso di disfatta, il che fa del racconto kafkiano, oltre che una tragedia, la sagra del grottesco, fornendoci in pieno tutto il senso ebraico della Diaspora come condizione universale nell’Era della Tecnica e del controllo orwelliano. Da qui anche il corollario che ogni fuga è impossibile! Che ogni audace e pertinace verrà irrimediabilmente sgozzato ope legis! O più prosaicamente inghiottito anonimo nella Polis infinita e selvaggia! Schiacciato per pudore ed orrore da una decisa micidiale scarpata! Oscurati o dal l’indifferenza o dalla ripugnanza!

In copertina immagine di Kafka, presa da wikipedia