Adriana Sabato, giornalista, risiede a Belvedere Marittimo. Dopo il liceo classico si è laureata in DAMS Musica all'Università degli Studi di Bologna. Dal 1995 al 2014 ha scritto su La Provincia cosentina e il Quotidiano della Calabria. Gestisce il blog Non solo Belvedere. Ha pubblicato nel mese di marzo 2015 il saggio La musicalità della Divina Commedia, nel 2016 Tre racconti e nel 2017 il saggio Nuove frontiere percettive nel pianoforte di Chopin.

IL ROMANTICISMO COME SOGGETTIVISMO ESASPERATO: I QUADERNI PIANISTICI.

Di Adriana Sabato

 La musica descrittiva, occorre ricordarlo, subordina il discorso sonoro a un elemento extra-musicale (paesaggio, racconto, pittura) e questa poetizzazione della musica consente di emanciparla dalle forme tradizionali. Emblematici esempi, come abbiamo visto, ne sono le opere per orchestra di Berlioz (Symphonie fantastique), i poemi sinfonici di Liszt (Mazeppa) o i suoi pezzi pianistici (Années de pèlerinage). 

 La musica assoluta (a volte astratta) invece è musica che non parla esplicitamente di nulla; in contrasto con la musica a programma è non rappresentativa. In virtù della sua indeterminatezza essa lascia spazio alla fantasia dell’ascoltatore e gli consente pertanto di accedere a una trascendenza. In particolare, per Liszt, l’occasione letteraria non viene trasportata in musica in modo asettico, ma viene trasformata dalla musica stessa, che ne diviene l’interpretazione simbolica.

Il Poema Sinfonico si definisce come un’opera per orchestra di ampie dimensioni, paragonabili a quelle di una sinfonia senza alcuna divisione di movimenti, sebbene siano evidentissimi i diversi momenti animati dai sentimenti più contrastanti e che trae spunto da un’altra opera solitamente di tipo letterario a mo’ di programma. E questo è un argomento ampiamente trattato in precedenza a proposito di Franz Liszt.

Ma la “vocazione al descrittivismo” è facilmente individuabile nelle composizioni per pianoforte e ciò perché risultava lo strumento della grande orchestra più adatto a trasmettere i moti interiori dell’artista.

Nell’Ottocento, inoltre, il pianoforte non fu più considerato un semplice strumento musicale ma divenne un vero e proprio mezzo d’espressione culturale e i pianisti virtuosi ne furono i messaggeri, incarnando il mito tutto borghese del self made man che con le sue doti, la sua forza e il suo impegno è capace di ottenere prestigio e riconoscimento sociale.

Con Liszt il pianoforte si fece così testo su cui poter scrivere e diffondere il romanzo dell’umanità e il genere dello studio ne fu una delle forme privilegiate di espressione. In particolare negli Studi d’esecuzione trascendentalesi può notare la volontà di Liszt di descrivere minuziosamente la realtà attraverso le doti coloristiche di uno strumento capace di trasmettere artisticamente idee, pensieri e vicende. Tali studi costituiscono oggi una delle pagine più impegnative per i pianisti sia per le ardite soluzioni tecniche adottate sia per le difficoltà d’interpretazione determinate proprio dalla necessità di rendere in un’unica esecuzione un testo al tempo stesso musicale e letterario.

Ma la letteratura pianistica descrittiva conobbe, dopo Franz Liszt, altre forme di rinascita di maggior valore. Dal secondo Ottocento ai primi del Novecento nacquero infatti alcuni capolavori pianistici dell’evocazione, sempre in forma di quaderno: Quadri di un’esposizione di Modest Musorgskij, Préludes e Images di Claude Debussy e si vorrebbe aggiungere anche Gaspard de la nuit e Miroirs di Maurice Ravel se non vi affiorasse un ritorno al descrittivismo minuzioso di Franz Liszt. Modest Musorgskij potrebbe essere definito un realista e un populista in armonia con le tendenze dell’arte russa nella sua epoca: è vicino alla narrativa di Google e alla pittura di Repin che fra l’altro eseguì un magistrale ritratto del musicista. A Debussy si adatta invece la definizione di impressionista – con riferimento alla pittura francese dell’epoca – ma non bisogna trascurare la sua congenialità con gli ermetismi poetici di Mallarmé. Musorgskij partì da uno spunto banale. Infatti volle descrivere nei Quadri di un’esposizione, i dipinti di un amico precocemente scomparso, l’architetto Victor Hartmann. Nessuno ricorda più quei dipinti ma la loro immagine è stata vivificata attraverso un procedimento impeccabile: i soggetti dei diversi quadri sono trasformati in scene animate, pittoresche, perfettamente ritratte in musica. Il lento procedere del carro polacco o il colloquio fra l’ebreo ricco e l’ebreo povero, la leggendaria capanna della strega Baba Yaga, la funebre discesa nelle catacombe o la maestosa Porta di Kiev, vengono mimati dalla musica attraverso una serie di onomatopee. Un tema costituisce addirittura l’autoritratto del compositore e viene citato tra un episodio e l’altro con leggere varianti per descrivere appunto l’itinerario di Mussorgskij nella sala dell’esposizione fra un quadro e l’altro. L’integrazione fra immagini e musica è così forte, nei Quadri di un’esposizione, che all’ascoltatore basta l’indicazione dei titoli premessi ad ogni episodio per vedere letteralmente le immagini. Ma vediamo in che modo Musorgkskij ottenne effetti così immediati: condensò tutto il lessico descrittivo lisztiano in una fitta trama di allusioni molto rapide e pittoresche, in onomatopee, in danze, melodie esotiche e così via. Il valore dei Quadri quindi sta in questa tecnica di scorci sintetici mobilissimi che formano una struttura inedita, obbediente soltanto alla successione di immagini, senza riferimenti alle strutture tradizionali della musica. Occorrono notevole concentrazione nell’ascolto e una notevole esperienza per afferrare i sintetici accenni di Mussorgskij: gli stessi accenni che scorrono nel tessuto delle sue liriche per voce e pianoforte e delle sue opere teatrali.

I quaderni di Debussy sono invece alieni da qualsiasi particolare realistico: l’immagine di provenienza quasi sempre letteraria o naturalistica viene indicata nel titolo come ad esempio la Cattedrale sommersa o Quel che ha visto il vento dell’ovest, Riflessi nell’acqua o Pesci dorati, ed è riassunta nel suo insieme dalla Musica come un’impressione. Qualcosa di simile avviene nella pittura impressionista in cui l’immagine è prodotta dal colore che riassume in sé anche il disegno. Nella musica di Debussy la struttura è riassunta nel timbro cioè nel colore ottenuto sul pianoforte o nell’orchestra attraverso procedimenti complessi, applicati alle combinazioni armoniche, ritmiche, melodiche del suono.