Nato a Montichiari (BS) nel 1976, è giornalista e critico letterario. Laureato all'Università degli Studi di Parma, scrive per varie testate tra cui il Quotidiano del Sud e L’Indice dei Libri del Mese. È caporedattore del lit-blog Laboratori Poesia e collabora con Avamposto-Rivista di Poesia e il blog Brescia si legge. Ha curato gli epistolari tra Vittorio Sereni e Roberto Pazzi e tra Carlo Cassola e Angelo Gaccione. Nel 2020 ha vinto il Premio Letterario “Lago Gerundo” per la Sezione Epistolari.

LA BAMBINA INFRANTA DI OGNI DONNA

di Federico Migliorati

“Cullo me – nel sogno di te:

la bambina è tornata – esangue

ma vigile – di nuovo nel tratto

mobile della gabbia – chiusa –

guardinga – randagia – pronta

alla fuga.

Ringhia – scossa – accorta

annusa nella notte nera

il freddo lungo le ossa –

scorticate – ma intatte.

Dorme – poi – in attesa

dello squarcio che liberi”.

Nessuna persona è una e una sola persona: in ogni essere umano convivono pluralità di visioni, plurime dimensioni, talvolta contraddittorie, con una costante riemersione di zone d’ombre e d’inconscio talvolta sorprendenti che sono epifanie di tracce interiori apparentemente smarrite. A questo mondo sommerso, a queste voci che “dittano dentro” dà spazio la poetessa e insegnante cremonese Luisa Trimarchi con Storia della bambina infranta (dialoghi – nudi), un’opera proteiforme dedicata a tutte le donne affinché siano accompagnate “nei momenti in cui tutto sembra irrimediabilmente perduto” e che affronta, attraverso un felice connubio tra l’arte del verso e quello della rappresentazione grafica, l’universo muliebre restituendo dignità e visibilità a quella figura assente o silente. È un cammino che si compie dall’utero materno sino alla morte: in questo segmento temporale l’esperienza femminile si trova, purtroppo sempre più spesso, a essere fagocitata nell’abisso dei soprusi, della coazione psicologica, al pregiudizio che non muore, a paure ancestrali, ai mostri della mente, ai sensi di colpa che ne attagliano il viatico terreno.

È d’uopo allora una discesa nelle profondità dell’io e dei sentimenti da cui riemergere per portare in luce il non detto, il non comprensibile. Dobbiamo partire dal termine “franto”, che ricorre a più riprese anche nel titolo con il suo sinonimo, per sussumere l’intero componimento: il suo significato è “rotto”, “spezzato”, ma anche “precluso”, già in uso con riferimento al corpo umano in Giovanni Pascoli. Trimarchi lo utilizza per richiamare la fragilità, la debolezza dell’essere donna a cui necessariamente devono corrispondere, affinché si possa “riparare” il danno, la cura, l’attenzione più indicate (“ripàrami – sono rotta!”) benché spesso difficilmente rintracciabili. La bambina infranta è colei/la donna che cerca una via di salvezza (dal carnefice, dalla tregenda, dallo sconvolgimento emotivo, dalla sofferenza) e lo percepiamo da una scrittura frastagliata, segmentata, ricca di figure retoriche dove l’interpunzione domina il panorama lessicale. Il verso si nutre di stimoli uditivi, visivi, olfattivi (“il filo segreto di ogni amore/ passa dentro l’odore”) e dei cinque sensi è pienamente connaturata l’intera composizione in cui sono richiamate e coinvolte una e mille donne. Nell’uso di suoni onomatopeici (in cui vediamo una certa “libertà” palazzeschiana temperata dalle metafore di un vivace, epigrammatico Caproni) si pone in evidenza il rapporto dialogico e dialettico tra la prima persona e l’immaginario interlocutore: entrambe sono presenze necessarie poiché creatrici dell’altrui identità (“rincorro te/ e trovo me”), epifaniche in qualche misura. La “bambina infranta” è la voce della coscienza e della speranza, del ritrovamento del sé più genuino e dello stupore, dell’ispirazione e dell’entusiasmo, ma anche della sensazione alienante di trovarsi in un luogo sbagliato, fuori sincrono rispetto alla vita: una lama di luce capace di penetrare il buio esistenziale contro la quale, tuttavia, si stagliano le zone d’ombra del pregiudizio atavico, di una concezione maschilista, di una cultura arretrata che non concede libertà e immaginazione. I sogni infranti, le ambizioni tarpate, risalgono la corrente “annunciati” dal controcanto dei versi in chiusura delle poesie e da verità inossidabili. Le “parole sottili” della bambina infranta sono l’altro elemento della dicotomia rispetto alle “parole maligne” di cui è lastricata l’esistenza: si dovrà tornare alle prime a condividerne il nettare per ricolmare le assenze di chi è costretta a farsi padre, madre, “sorella/morta – fratello/ mai avuto”. Per ogni caduta, per ogni silenzio, per ogni stigma c’è una ripartenza, una rinascita che si sostanzierà nel “gettare semi nella terra – con fiori sbocciati al femminile”. A corredo della scrittura, nel volume, che reca come suggello la prefazione di Davide Toffoli con Filippo Golia a firmare la postfazione, rilucono i disegni realizzati da due giovani ragazze e da due donne, Marleny Dusi, Isabella Bianchi e Federica Iannuzzi e copertina di Miriam Piro, che “dialogano” con i testi conferendo ulteriore forza espressiva a un corpus poetico delicato, intenso e avvolgente.

Storia della bambina infranta (dialoghi-nudi) Book Cover Storia della bambina infranta (dialoghi-nudi)
Luisa Trimarchi
Poesia
Puntoacapo
2023
100 p., brossura