Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Il buio che qualcuno non ha visto arrivare

Di Geraldine Meyer

Scrive  Wittstock nella postfazione: “Per distruggere la democrazia, agli antidemocratici è bastato poco più di un mese. Chi fosse partito alla fine di gennaio lasciando uno Stato di diritto, si sarebbe ritrovato al ritorno, quattro settimane dopo, in una dittatura.”

Sì, può essere un lavoro rapido quello che uccide la democrazia, anche se le picconate per minarne le fondamenta hanno iniziato da un po’ il loro percorso.

Di questo ci parla il bel libro di Uwe Wittstock, Febbraio 1933. L’inverno della letteratura, in libreria con Marsilio nella traduzione di Isabella Amico di Meane e Giovanna Targia. Un mese, solo un mese da quando Hitler diviene cancelliere a quando i diritti civili vengono completamente spazzati via. Un mese che, forse in modo non chiaro per molti, è preludio non a un piccolo temporale ma a una vera e sanguinaria tempesta che travolgerà l’intera Europa. Wittstock racconta tutto ciò mettendosi sulle tracce di trentatré uomini e donne della cultura e dell’arte che dalla vitalità e liberalità della repubblica di Weimar si troveranno inghiottiti dal buio del regime nazista. Un libro costruito quasi in “presa diretta”, come se l’autore fosse lì con loro, in una contemporaneità che rende tutto ancora più teso e drammatico.

Molti i nomi evocati e raccontati nella loro postura intellettuale e nel loro percepire o meno il pericolo incombente, in quei giorni e nel futuro. Alcuni ben saldi sui loro valori, altri in bilico su una ambiguità forse più dettata dall’illusione e altri, almeno all’inizio, convinti dalla loro visione estetizzante della vita e dell’arte che Hitler, in fondo, non fosse un tremendo e pericoloso criminale. Tra Thomas Mann a Brecht, tra Doblin e Remarque e molti altri, Wittstock ci conduce su una strada lungo la quale, al netto di varie sfumature, i “cartelli indicatori” sembrano portare a una sottovalutazione del pericolo.

Editori, scrittori, attori, galleristi, direttori di teatro: un caleidoscopio di sentimenti, idee, pulsioni, aspirazioni che accompagnano azioni, paure, consapevolezze, fughe e, purtroppo, fatali ritardi nel capire cosa volesse dire restare in Germania continuando a pensarsi uomini e donne liberi.

Cosa ha rappresentato e come si è rapportata la cultura rispetto al buio più buio che si stava delineando? Tra chi scappa in Svizzera, chi cerca di costruire in Francia una comunità di espatriati, chi in mezzo alla bufera nascente dell’antisemitismo si ostina a portare in scena spettacoli che parlano della conciliazione tra religioni. È forse questo l’aspetto più interessante, e drammatico, del libro. Vedere e leggere come per molti di questi uomini e donne l’essere immersi nella cultura e nella politica non abbia costituito o forte anticorpo o, almeno, sensibile antenna per capire che Hitler non sarebbe stato un fenomeno passeggero.

E allora veniamo portati dall’autore nel mezzo degli eventi, narrati quasi giorno per giorno, con le uniformi delle SA e delle SS che battono il ritmo della storia, tra violenze, manifestazioni soffocate nel sangue, arroganza, cieco razzismo e delirante richiamo a una grandezza mitica che schiacciando la ragione vuole far prevalere una superiorità raziale scritta nel cielo.

Un inverno della cultura che è specchio e cartina di tornasole dell’inverno di una intera civiltà.

Febbraio 1933. L'inverno della letteratura Book Cover Febbraio 1933. L'inverno della letteratura
Gli Specchi
Uwe Wittstock. Trad. di I. Amico di Meane; G. Targia
Storia
Marsilio
2023
303 p., brossura