Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Violet Gibson. Indomita irlandese

Di Geraldine Meyer

Il volto di una donna di un’età difficile da dire. Indossa un cappello con veletta. Gli occhi chiari lanciano uno sguardo in bilico tra ironia e rimprovero. Le labbra sottili, insieme alla conformità degli zigmi, lasciano l’incertezza di quello che sembra un sorriso accennato. Smentito però dall’ombra tagliente che le sopraciglia disegnano con una increspatura accigliata.

È il ritratto di Violet Gibson, la donna protagonista di questo interessante Attentato al duce pubblicato da Fefè Editore a cura di Giovanni Pietro Lombardi, autore di uno degli interventi qui presenti, insieme a quelli di Rosanna De Longis, Gabriella Romano e Giovanni Tessitore. Che ci raccontano, da diversi punti di vista, chi era questa irlandese che il 7 aprile del 1926 attentò alla vita di Mussolini. Interventi che anticipano la lettura della perizia psichiatrica redatta, allora, da Sante De Sanctis e Augusto Giannelli.

Ma chi era Violet Gibson? In Italia qualche lavoro precedente, tra cui un documentario di una delle autrici, ha raccontato questa donna che resta però, almeno da noi, sconosciuta ai più. In Irlanda invece, a Dublino, nel 2021 una mozione ha approvato che una targa a lei dedicata venisse affissa in una via della città. Un gesto che dice, non solo della meoria ancora viva, ma anche di una prospettiva politica attraverso la quale il suo gesto viene letto nel suo paese d’origine. Paese in cui viene ricordata non come una alienata ma come una antifascista. Connotando dunque in una bene precisa cornice il suo gesto.

Il suo fu un caso giudiziario, politico e, forse, soprattutto umano. Ma è sull’aspetto politico che questo libro dona una nuova inquadratura. Perché se è vero che la vita di Violet fu costellata da ricoveri in case di cura e in istituti psichiatrici, è altrettanto vero che ad emergere è una figura di donna che coerentemente si oppose sia alla famiglia, sia ai valori del protestantesimo e della Corona Britannica. Il suo antifascismo deve dunque intendersi come qualcosa di strutturale e strutturato, non accidentale o conseguenza di uno stato mentale alterato. E per lei il fascismo non poteva non identificarsi con il suo capo, quel Mussolini che Violet tentò di uccidere. Riuscendo solo a ferire contribuendo (nel libro è ben spiegato) a dare vita a quel “mito del corpo” di cui il dittatore intrise propaganda e azione politica.

È un libro dunque che ricostruisce con precisione e accuratezza storica (anche grazie alla monumentale bibliografia consultata) non solo la vicenda di questa donna ma tutto il contesto politico, storico e sociale che caratterizzò l’Italia dei primi anni ’20 fino alla totale cancellazione della democrazia.

Che libro è dunque quello che abbiamo tra le mani? Non solo la ricostruzione della storia umana e delle vicende giudiziarie e psichiatriche della Gibson. Ma soprattutto un testo che, con una cornice di scientifica indagine storica, opera una azione fondamentale: quella di contestualizzare il gesto di Violet nella temperie politica di quegli anni. Tra l’uccisione di Matteotti, l’Aventino e le “leggi fascistissime” atte a manipolare l’opinione pubblica e mettere in campo una propaganda funzionale a far accettare agli italiani provvedimenti liberticidi e di regime.

Non a caso, e questo è uno degli elementi più interessanti, l’attentato fallito della Gibson viene raccontato insieme ai molti altri attentati che Mussolini subì nel 1926 e che furono utilizzati per aumentare l’alone di “uomo della provvidenza” con manganello e olio di ricino. Non è certo casualità, come veniamo a sapere leggendo queste pagine, che giornali e comunicazioni ufficiali definissero Violet come “straniera” (la parola più usata per parlare di lei) “pazza” o “vecchia”. A voler iniettare una sorta di derubricazione psichiatrica al suo gesto. A tutto vantaggio del dittatore e di quelli che, in quegli anni, erano i rapporti con l’Inghilterra.

Antifascista? Alienata? Incapace di intendere e di volere? Quale era il segreto che questa donna non poteva confessare. Quale la “missione affidatale” che la portò a morire internata in manicomio alla metà degli anni ’50? Un sentito ringraziamento agli autori di questo libro di cui raccomandiamo la lettura.

7 aprile 1926. Attentato al duce. Violet Gibson capace di intendere e di volere? Book Cover 7 aprile 1926. Attentato al duce. Violet Gibson capace di intendere e di volere?
Pagine vere
Rosanna De Longis; Giovanni Pietro Lombardo; Gabriella Romano;
Storia
Fefè Editore
2021
256 p., ill, brossura