Fabio Piana, nasce a Sassari nel 1988, dove gestisce un negozio di articoli vintage. All’età di ventun anni inizia a scrivere poesie. Ha già pubblicato tre raccolte: “I coriandoli se li porta via il vento” (GDS, 2011), “I loro pavimenti sono a scacchiera” (Aletti Editore, 2012), “Conconcorna” (autoprodotta, 2018). Nel 2019 inizia a scrivere racconti e due anni dopo pubblica “Come sarebbe stato” (La Gru, 2021).

Racconti tratti dalla raccolta Reminiscenze, Catartica Edizioni 2022

Di Fabio Piana

                           I LUPI

Ringhiare.
Rumore di natura che scalcia il sonno.
Bosco. Una via di fuga limitata. Una donna sola.
Un branco che pretende sangue.
Lei si svegliò in un eccesso di sudore.
Il sogno era stato martoriato.
Da chi? Dai lupi.
Da mesi li sognava. Dilaniavano il suo corpo.
Girando per la casa si immergeva in mille nuvole di fumo e si chiedeva “perché”?
Un anno e un mese imprecisati centinaia di
anni prima del suo tempo.
Una donna fuggiva. Una folla di pazzi folgorati
dalla religione la inseguiva. Volevano la sua testa.
Secondo le loro urla era colpevole di stregoneria.
Correva. Falciava le foglie del bosco.
Poi due alberi incrociati in terra da qualche
fulmine le sbarrarono la strada.
I pazzi le furono addosso. Pochi passi dal verdetto.
Qualcun altro voleva parteciparvi.
Fra le tenebre del bosco una moltitudine di
occhi osservava.
Le due parti umane si fronteggiavano. Nessuna via di fuga per lei. Un’unica via d’assalto per loro.
Le si fiondarono contro.
Ma nello scontro un branco di lupi interruppe
la carneficina.
Nessuna accusa.
Solo fame.
Sbranarono tutti. Senza distinzioni.
La vita aveva lasciato un corpo straziato che
ancora respirava.
Lei giaceva in terra. Una pistola da un colpo
solo l’aveva trafitta.
I lupi non cercavano lei. La loro fame non la
riguardava.
Moriva di malumano.
In un altro tempo una donna sudava freddo nel fumo del non ricordo.

                         LA VECCHIAIA

Uno specchio rideva davanti al suo interlocutore.
Niente domanda da strega di Neve.
Solo un volto decrepito che chiedeva pietà.
Pietà per il suo stato indecoroso.
L’età brucia il corpo e deteriora la mente.
Ma la si può eludere.
Anni prima l’uomo aveva abusato di uno e
dell’altra.
«Cosa posso fare?» chiese l’uomo allo specchio.
«Niente. Ha ingurgitato troppe scorie. La bellezza non fa sconti», rispose lo specchio.
«Ma tu hai il potere.»
«E mica lo do a te gratuitamente.»
«Cosa vuoi in cambio?»
«Una vergine.»
«Vuoi il suo sangue? E dove la trovo?»
«No. Voglio il suo corpo. Sai benissimo dove trovarla. È la tua vicina di casa. Vergine. Bella. Perfetta.
Portamela. E in cambio ti darò l’eterna giovinezza.»
«Ma le voglio bene. È una mia amica!»
«Il tempo non ha tempo. E tu hai le ore contate.
Decidi.»
L’uomo non rispose.
Uscì di casa.
Il vento ululava fra gli alberi.
Si avviò verso la casa della ragazza.
La trovò intenta a stendere i panni.
Lei lo vide. Gli sorrise.
Il tempo di uno scambio di battute. Il tempo di
una piccola distrazione. E di una piccola botta in testa.
Quel tanto che porta allo svenimento.
«Eccola», disse l’uomo posando il corpo della ragazza di fronte allo specchio.
«Bene. Avvicinala.»
L’uomo prese in braccio la ragazza e la portò
all’altezza dello specchio.
Questione di secondi per compiere il rituale. Ma
il rituale può ingannare.
Una forza spalancò porte e finestre di casa.
L’uomo non capiva.
Lo specchio allungò le sue mani di demone e risucchiò l’uomo dentro di sé facendo ricadere la ragazza al suolo.
Quest’ultimo ebbe il tempo di lanciare un grido e
chiedere perché.
“Perché…? Ho rispettato i patti. Mi sono portato
via la vecchiaia!»
Lo specchio ghignò e scomparve lasciando il suo
posto a una parete vuota e muta.
Sul suolo la giovinezza riaprì gli occhi.