Adriana Sabato, giornalista, risiede a Belvedere Marittimo. Dopo il liceo classico si è laureata in DAMS Musica all'Università degli Studi di Bologna. Dal 1995 al 2014 ha scritto su La Provincia cosentina e il Quotidiano della Calabria. Gestisce il blog Non solo Belvedere. Ha pubblicato nel mese di marzo 2015 il saggio La musicalità della Divina Commedia, nel 2016 Tre racconti e nel 2017 il saggio Nuove frontiere percettive nel pianoforte di Chopin.

Lo scandalo de Le Sacre du Printemps

Di Adriana Sabato

La collocazione storica de Le Sacre du Printemps, balletto in musica di Igor Stravinskij, è un fattore di importanza fondamentale in quanto risente di un contesto storiografico – musicale alquanto complesso.

L’opera fu scritta fra il 1911 e il 1913 per la compagnia dei Balletti russi di Sergej Djagilev con la coreografia originale di Vaclav Nižinskij e le scene e i costumi di Nikolaj Konstantinovič Roerich.

La prima rappresentazione, avvenuta a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913, segnò un momento cruciale non solo nella carriera del suo autore, ma anche per la storia del teatro musicale.

La musica francese già distolta grazie ai tratti stilistici del compositore Claude Debussy, dalla predominanza dei caratteri della musica strumentale tedesca, contribuì – Parigi al centro del mondo – ad offrire terreno fertile alle nascenti allegorie del nuovo.

Molti artisti e compositori provenienti dall’est europeo immettevano uno spirito nazionalista che tendeva alla rifondazione della musica nazionale, ma già Debussy – che aveva ascoltato le musiche giavanesi e, con le scale difettive e le scale esatonali, aveva dato vita al simbolismo sonoro impressionista – gettò quei semi determinanti una netta distinzione fra la musica dei paesi latini e quella dei paesi tedeschi.

Questi ultimi, dietro l’impulso dirompente del sinfonismo mahleriano, ma soprattutto di quello wagneriano, svilupparono, con l’espressionismo della seconda Scuola di Vienna, un nuovo linguaggio sganciato dalla tonalità: la dodecafonia.

Ma torniamo a Parigi. Nel 1913 la capitale francese non era ancora pronta ad accogliere le innovazioni – pur precedute dal Pelleas di Debussy – de Le Sacre di Stravinskij.

Un eccesso, il fauvismodel Sacre.

Troppo accentuati, troppo diversi, in questo periodo in cui le avanguardie storiche bussano alla porta del futuro, i tratti e i sentimenti immessi nelle coscienze dalla forza dell’individualismo e dell’imminente decadentismo.

Il fauvismo del Sacre, è bene precisarlo, non diventa un tentativo di associare le arti fra loro per tendere alla loro unione totale, come lo fu per Wagner il dramma musicale. Anzi, al contrario: per Stravinskij le arti sono indipendenti fra loro.

 Proprio in riferimento all’avanguardia pittorica che a pennellate larghe e contornate con tratti rapidi e marcati, esprimono con violenta naturalezza l’intensità delle emozioni, l’uso “selvaggio” del ritmo privato di tutte le sue implicazioni sentimentali, esprime con il suo eccezionale dinamismo, un valore primario nell’ambito del discorso musicale. È proprio in questo campo che si rivela principalmente la straordinaria innovazione di Stravinskij; in effetti è il ritmo che sostiene e caratterizza tutta l’opera. Ma non solo, come dice Robert Siohan: per potente che sia il ritmo in quest’opera sarebbe riduttivo vedere in esso tutta la forza del Sacre.

 La novità principale risiede, infatti, nell’utilizzazione marcata della politonalità, procedimento mediante il quale il musicista sovrappone tonalità differenti affidandole contemporaneamente a diversi gruppi strumentali.

…Fu così, che Parigi gridò allo scandalo, Mon Dieu!

In copertina Igor Stravinskij, immagine presa da classical-music.com