Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Siamo in una piccola città della Bulgaria dove Nadia fa l’insegnate di inglese in una scuola. Quando nella sua classe si verifica un furto, Nadia è decisa, in ogni modo, a scoprire il colpevole. Per cercare di dare una lezione morale ai suoi studenti Nadia, per prima cosa, pensa di costringere ciascuno di loro a dare 10 centesimi, affinché, lei dice, ciascuno di loro si senta in debito. Ma, come spesso accade nella vita, un imprevisto molto amaro la costringerà a rivedere tutte le sue posizioni e convinzioni rispetto a ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Arrivata a casa sua infatti, scopre che l’abitazione è stata pignorata a causa di scelte sbagliate da parte di suo marito. Davanti alla prospettiva di perdere la casa, Nadia cerca dapprima l’aiuto del padre, con cui non ha più rapporti da quando la madre è morta, poi compie la scelta da cui inizierà il baratro: rivolgersi ad uno strozzino. Fino alla decisione estrema.
Questa la storia, semplice, lineare, quasi fredda. Come semplice, lineare e quasi fredda è la stessa recitazione della protagonista, una bravissima Margita Gosheva, attrice di impianto teatrale. Molti critici, quasi tutti per la verità, con una quasi unanimità, hanno visto in questa opera prima dei registi Peter Valchanov e Kristina Grozeva, non poche influenze dei Dardenne. A noi questa influenza, ammesso che ci sia, è sembrata esservi, forse, più nella tematica che nello stile. Anche se, con la mania di trivar influenze, si potrebbe anche sentire una vaga eco di alcuni disperati protagonisti dei film di Ken Loach. Il discorso è che la disperazione si assomiglia tutta, anche se ciascuno la attraversa a modo suo.
Qualcuno, anche qui con una quasi unanimità di voci (che fa quasi sospettare che le varie recensioni siano state quasi scopiazzate l’una dall’altra) ha parlato di ritmo lento e di una sorta di forzatura, da parte dei registi, nel voler fare prevalere la loro tesi rispetto alle sfumature della vita vera. Pur capendo la logica di questa critica, ci permettiamo di dissentire. Ricordando come, ogni opera cinematografica o letteraria, abbia necessariamente una cornice tematica, una tesi di fondo. E non ci sembra che, questo film, abbia una tesi più forte della storia. Tanto è vero che, come affermato dai due registi, l’ispirazione per questa pellicola è arrivata loro da una storia vera.
Forse, se leggera forzatura c’è stata, (anche se a noi non sembra) ciò è dovuto al fatto che la decisione presa dalla protagonista (di commettere un’azione non proprio legale) arrivi appunto da una professoressa e non, per esempio, da una criminale. La cesura c’è. Ma questo non significa far prevalere una tesi didascalicamente quanto, semmai, indurre a chiedersi perché una persona possa trasformarsi in criminale. E la domanda ha valore in quanto tale, anche senza pensare che chiederselo voglia dire assolvere. Anche se, nel caso di questo film, l’assoluzione sembra quasi d’obbligo. E che la tesi non sia portata avanti, dai due registi, in maniera didascalica e forzata, lo dimostra il fatto che non ci si può non identificare con Nadia.
La mimica quasi sempre rigida della Gosheva nulla toglie alla drammatica profondità del suo personaggio, della sua disperazione e della sua ferma volontà di trovare una soluzione e, in fondo, una rivendicazione di giustizia. Forse non sarà legale quello che lei compie. Ma è legale ciò che le stanno facendo le banche? Oppure qual è la differenza tra legale e eticamente accettabile? Una lotta tra individuo e burocrazia cieca e ottusa che ben viene resa dalla rappresentazione della lotta che Nadia ingaggia tra la sua moralità e la sua disperazione.
Là dove i critici più intellettualoidi hanno visto lentezza narrativa, noi ci abbiamo visto invece una inesorabile presa diretta di una “discesa agli inferi” con un concatenarsi di difficoltà e ostacoli, di cadute e di fiato corto. Un film che non manca di vere e proprie sottigliezze estetiche e narrative: come la scena in cui Nadia, minacciata dallo strozzino e “costretta” a rivedere un cattivo voto dato al nipote dello stesso, decide di dare sei a tutta la classe, pur di non favorire solo il nipote del criminale. O come quella, dura e tenera al contempo, in cui si vede Nadia al culmine della disperazione, cambiarsi d’abito per quello che sembra essere il suo divenire prostituta e che, invece, sarà il suo gesto estremo.
Da vedere assolutamente.

The lesson - scuola di vita Book Cover The lesson - scuola di vita
Regia di Peter Valchanov e Kristina Grozeva
Drammatico
2014