Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Ed allora subito due note introduttive. N°1 in Inghilterra quell’anno, scalzando dal primo posto “Some girls” dei Rolling Stones, una band dove comandava prima di tutto il testosterone. Hugh Cornwell, chitarra e voce, laureato in chimica, Jean Jacques Burnel, laureato in lettere e filosofia, francese, basso e voce, cintura nera di karate, oltre il metro e novanta cm, Dave Greenfield, magnifico, tastiere, detto “Il Muto”, esattamente come il mitico Juan Roman Riquelme, uno dei più grandi sinistri della storia del calcio, non solo argentino, ed infine, Jet Black, che quando si imbarcò nell’avventura Stranglers, aveva quasi 50 anni, batteria, ex venditore di gelati col camioncino in Norvegia. Una band da paura. Ed un disco da paura! Uno di quelli da tenere costantemente nel caricatore cd dell’auto. Loro erano oltre qualsiasi moda. In piena era punk si erano presentati con le tastiere, gli unici. Li abbiamo già incontrati nella rubrica de “I Monoliti” per il loro fulminante esordio “Rattus Norvegicus” (Il topo di fogna), capolavoro d’esordio nel 1977. “Tank” è un’apertura al fulmicotone. L’organo di Greenfield è in assoluto il più veloce della storia, la batteria una macchina supersonica, il basso di Burnel, una delle cose distintive del loro suono, arranca potentissimo mentre sempre lui alla voce, ci ricama su alla grande. Ripeto, una velocità ed una profondità di suono pazzesche, pure nel synth di Greenfield, assicurano un’erezione immediata, manco fossero le famose “pasticche azzurre”. Riepilogo a vantaggio dei distratti: organo e basso mai sentiti prima! “Nice N’ sleazy”, scandita, dura, nel marmo, come la voce di Cornwell con la sua chitarra che arranca, il basso che funziona da vero strumento solista, i sibili del synth di Greenfield. Ma ascoltate la scansione magistrale del basso di Burnel, sotto questa voce durissima ed evocativa! Ma oggi, chi compone e suona più così? Risposta:nessuno. 45 giri al n° 2 delle classifiche dei singoli. Inglesi in visibilio, pure se li odiavano perché maschilisti, antifemministi, violenti, coi calzoni stretti e gli scarponcini con l’allacciatura superiore. Ma tant’è. Altro capolavoro. L’uomo cieco col bastone ed il cagnolino sbuca fuori da un vicolo di Soho. Il piano elettrico di Greenfield danza, Burnel canta ma soprattutto, suona incredibilmente questo basso che esce fuori dalle tubature del gas, la chitarra graffia come sostegno. Ancora un “solo” di Greenfield alle tastiere. Terzo capolavoro consecutivo. Questa prima facciata del disco è quella “White”. “Hey! (Rise of the robots)” è il “mercato” del punk dei reduci. Ce lo dice il suono, strettissimo, i coretti spastici, la rabbia. “Sweden (All quiet on the eastern front)” , ancora con un basso tonante e delle tastiere lisergiche che è dire poco. Tostissimo brano rock, squarciato dal riff di base che non dà tregua, come Burnel. Ad un certo punto la musica cambia completamente. Prima si distende, poi vive di accelerazioni compulsive dettate dal sintetizzatore pazzesco di Greenfield (un fenomeno!). Bellissima. Ancora, “Toiler on the sea” parte sulle note “lunghe” del synth. E’ un brano sempre convulso, che ha nella rapidità a scalare nell’esecuzione il suo punto di forza. Si fa sentire pure la chitarra ed è davvero un bel sentire. Siamo senza fiato! Una prima facciata (quando c’era l’lp) formidabile. “Curfew”, in apertura di secondo lato, quello “Black”, pare un pezzo dei Doors con Greenfield al posto di Manzarek alle tastiere (synth pazzesco) ma ad una velocità DECUPLICATA. Lo stato di eccitazione prosegue e si rischia l’infarto. Il riff resta impresso subito, già, perché gli Stranglers avevano pure questa proprietà. Psichedelica e glaciale nella parte centrale. “Threatened” è il grido d’allarme (nel 1978!) sui disastri ambientali provocati dall’uomo. Cantata a due voci, Burnel + Cornwell, col basso prepotente del primo che pare imbizzarrirsi come un nero destriero, ci dice: “Man killed by luxury, man killed by industry…” – Datemi un pezzo della mia mamma… Che presa in giro! “In the shadows” descrive uno scenario notturno in un posto malfamato. Il basso è un rantolo pieno di catarro, la chitarra lavora su arpeggi metallici, la voce di Burnel ed i sibili “acquatici” del synth di Greenfield fanno il resto. Brano volutamente “ambientale”, molto suonato e vissuto come una piccola icona del disco. Termina sulle note rabbrividenti dettate dal baffuto tastierista. “Death and night and blood (Yukio)” è l’ultimo capolavoro del disco manifesto degli Strangolatori. Cosa si può ancora aggiungere? Solo questo brano vale il prezzo del disco. Cantato in modo “autistico” da Cornwell, è qualcosa di estremamente crudele e cattivo “Hey little baby don’t you lean down low, your brai’s exposed and it’s starting to show your rotten thoughts yeuch” ed ancora “And when i saw that Sparta in his eyes YOUNG DEATH IS GOOD” , si traduce pure assai facilmente e raffigura bene la cattiveria della band. Si ascolti come suonano e cantano questa breve e oramai leggendaria selezione. “Black and White” nella lista personale dei miei 20 dischi preferiti di bands di ogni tempo e, soprattutto, un disco che rappresenta un’epoca così come la copertina del disco stesso.Indimenticabile. E andiamo!

Black and White Book Cover Black and White
The Stranglers
Punk rock
1978