Graziella Enna, nata nel 1969 a Oristano, laureata in lettere classiche presso l’Universita degli studi di Cagliari, insegnante di lettere.

Regalo di Natale

Di Graziella Enna

Bussarono alla porta, Giovanni corse ad aprire: erano gli zii.  Lui, suo fratello e i suoi genitori erano pronti. Spensero l’unica candela accesa, lasciarono le braci nel focolare per scaldarsi al rientro. Avevano lasciato in una conca di terracotta coperta con un panno bianco, un quarto di agnello arrostito a puntino.  La tradizione voleva così, che si mangiasse al rientro dalla messa di mezzanotte. Si avviarono per le viuzze buie in una notte senza luna, erano abituati all’oscurità, nel paese non c’era nessuna fonte di illuminazione se non le candele e le lampade a petrolio dentro le case la cui luce filtrava fioca dalle imposte. Faceva un freddo pungente, ogni tanto folate di vento portavano goccioline di poggia gelida, ma era pur sempre la notte di Natale  giunta dopo un autunno freddo e piovoso. Affrettarono il passo, per giungere prima possibile alla basilica e trovare riparo. I bambini erano intirizziti, i piedini nudi faticavano a tenere il ritmo della camminata degli adulti. Finalmente raggiunsero la chiesa, la messa sarebbe iniziata alle undici e trenta. Tutti gli abitanti erano accorsi alla funzione, la navata centrale era piena, le donne sedute in terra nel freddo pavimento lastricato con i bambini, gli uomini in piedi, i pochi scranni esistenti erano riservati al sindaco e ai pochi benestanti del paese. L’altare ardeva della luce di tanti ceri, la sensazione di calore che ne emanava infondeva l’illusione che il freddo fosse meno intenso. Iniziò la celebrazione, in latino. Benché i più non sapessero leggere e scrivere conoscevano a memoria la messa, bambini compresi. Giovanni si accucciò tra le pieghe dei vari strati della gonna di sua madre, infilandovi i piedi gelati, la donna tentava di coprirlo con i lembi del suo scialle di lana. Tra poco sarebbe scoccata la mezzanotte e il sacerdote avrebbe innalzato il bambinello appena nato per mostrarlo ai fedeli. Giovanni non stava nella pelle, com’era bello il bambinello, così roseo e paffuto, ma quanto si sentiva stanco! Tra il tepore del grembo materno, l’odore dell’incenso e la voce cantilenante del prete, si addormentò. Sognò di portare a casa la statua di Gesù, così perfetta e liscia, il bambino biondo e sorridente era felice di stare con lui e con il suo fratellino. Lo deposero accanto al focolare in una cesta con un po’ di paglia, c’era pure l’asino, che stava sempre dentro casa con loro durante le fredde notti invernali. Ora avevano un presepe tutto per loro, simile a quello che in chiesa erano soliti guardare meravigliati. Si riscosse all’improvviso, la madre lo chiamava, il prete sollevava il piccolo Gesù. Peccato, era  stato solo un sogno! La celebrazione volgeva al termine tra poco tutti in fila avrebbero baciato il bambino Gesù ai piedi dell’altare con gli occhi lucidi per l’emozione. Alla fine della messa tutti i compaesani si abbracciarono scambiandosi gli auguri. Uscirono dalla porta del retro, faceva ancora più freddo e il terreno era umido, ma non di pioggia, sentì dire da suo padre che c’era la  neve. Giovanni era felice, ecco il regalo di Gesù Bambino, la neve, la neve, la neve! Ne aveva tanto sentito parlare ma in sette anni della sua vita non era mai caduta e aveva sempre desiderato vederla. Nella ressa non riusciva a capire come scendesse dal cielo. E finalmente eccola, era una vera magia, i grandi fiocchi bianchi, come piccoli straccetti, volteggiavano nell’aria fitti e copiosi, danzavano leggeri sulle teste di tutti, si posavano come candide ali di ghiaccio sui loro poveri vestiti inadatti a quel freddo. Si alzò un mormorio crescente di sorpresa, per il fatto che i fiocchi si vedessero cosi distintamente. Giovanni era circondato da persone più alte di lui e non  capiva cosa stesse succedendo. All’improvviso si formò un grande cerchio vuoto in mezzo alla piazza e tutti si fermarono ammutoliti ad osservare una piccola sfera luminosa che pendeva da un filo. Era stata accesa la prima lampadina elettrica del paese. Grazie a quella pallina di luce, seppur flebile, avevano potuto vedere lo spettacolo tanto insolito e agognato della neve. Giovanni era esterrefatto, in quel Natale del 1930 Gesù Bambino gli aveva fatto quel regalo inaspettato. Era così felice da non avvertire neppure freddo ai piedi nudi. Era dunque vero che Gesù Bambino portava i regali ai bambini leggendo i desideri  nel loro cuore.

L’immagine di copertina è Natività di Gesù, di Giotto, Cappella degli Scrovegni, 1303-1305 circa. La foto è presa dal sito zebrart.it