Intriso da sempre di musica, avendo trascorso l’infanzia (ahimè, inutilmente!) al fianco del padre che accompagnava al piano la madre cantante, al pari d’un novello Ambroise Bierce, lo scrittore topografo della Guerra di secessione americana, come archeologo ha rilevato (tacheometro, “dritta quella dannata stadia!” e logaritmi vari) mezza Africa Orientale, il Medio Oriente e il Centro America. Tra una stagione concertistica e l’altra organizzata come impresario (essendo sempre stato cacciato dai cori in cui cercava ostinatamente d’intrufolarsi), infine è approdato alla traduzione letteraria dei classici anglo-americani... sembrerebbe con risultati migliori che come baritono. Pare. Quello che invece è sicuro è che è davvero Il Cappellaio Matto.

De Il Cappellaio Matto

7. Eolo

L’episodio intitolato “Eolo” si svolge principalmente presso il giornale dove Bloom, che fa l’agente pubblicitario, è all’opera per fare inserire un  avviso sull’Evening Telegraph per conto della ditta Keyes. Nella redazione arriva anche Stephen Dedalus per far pubblicare la lettera di Mr Deasy sull’afta epizootica, anche se in questo episodio ancora non avviene l’incontro tra i due personaggi.

Anche in questo episodio i pensieri che attraversano la mente di Bloom s’inseriscono spesso all’interno dei dialoghi sempre seguendo il flusso di coscienza del protagonista, in una struttura molto particolare dell’episodio diviso in microsequenze narrative, che hanno lo scopo di evocare il movimentato mondo dei giornali.

Osservando un compositore tipografico che distribuisce i caratteri e poi li legge al contrario, Leopold ricorda il libro di preghiere ebraico, che viene letto dall’ultima pagina alla prima. E a questo punto il brano è caratterizzato da una serie di citazioni di testi della cerimonia religiosa ebraica, come “Next Year in Jerusalem”, la promessa al popolo ebreo di ritorno nella terra d’Israele (per ascoltare QUI), oppure Shemà Israel Adonai Elohenu, frase contenuta nel Krias Shema, cantato nelle preghiere del mattino e della sera (cliccare QUI). Successivamente con la frase «And then lamb and the cat and the dog…», Bloom pensa a Had Gadya, una canzone aramaica cantata in conclusione della festa degli azzimi (cliccare QUI), di cui esiste una versione inglese, The Old Woman Who Bought a Pig”, ma anche la più famosa versione italiana di Angelo Branduardi, Alla fiera dell’est (cliccare QUI). Poco dopo, il narratore richiama una canzone di Thomas Moore intitolata Let Erin Remember the Days of Old (cliccare QUI).

“We are the boys of Wexford…”, la cantilena che Bloom sente poi intonare dagli strilloni del giornale seduti sugli scalini fuori dalla redazione, rievoca la popolarissima ballata irlandese sulla resistenza The Boys of Wexford (cliccare QUI), che Joyce forse enfatizza per creare un ironico contrasto tra i valorosi “Boys of Wexford” e gli insipidi personaggi presenti nella redazione del giornale, insomma tra eroismo e anti-eroismo.

Il riferimento musicale successivo è quello a The Rose of Castille, l’opera del compositore irlandese Michael William Balfe, a cui ci si riferisce due volte nei discorsi di coloro che lavorano presso il giornale. Il primo richiama una ballata contenuta nel terzo atto dell’opera, una canzone di tradimento e di rifiuto dell’amore di un amante devoto in nome del potere e della posizione che in Ulysses funge da introduzione a una serie di riferimenti a varie nazioni conquistatrici citate insieme alle nazioni traditrici (cliccare QUI).

Così la canzone lega il tradimento nei confronti dell’impero a quello nei confronti dell’Irlanda nazione conquistata, e questa connessione emerge nei riferimenti di Crawford a potenti imperi del passato, come quello romano, ecc. L’opera viene poi esplicitamente citata da Lenehan con lo scopo di ribadire questo tema del tradimento, che per il momento ha soltanto una connotazione di tipo patriottico e nazionalistico che riguarda la liberazione dell’Irlanda, sebbene successivamente l’opera sarà citata in relazione al tradimento di Molly nei confronti del marito Leopold.

8. Lestrigoni Siamo quindi giunti all’ottavo episodio, in cui il protagonista è ancora Bloom il quale, lasciato il giornale, si reca nel ristorante dove pranza. Anche questo episodio è ricchissimo di monologhi interiori e flussi di coscienza e, soprattutto, compaiono molte rievocazioni dei momenti felici vissuti con Molly, in una stretta connessione tra presente e passato, che Leopold rivive nella propria mente. Ricordando per esempio un tenore che, una sera, dopo un concerto era tornato a casa con lui e Molly, allude a un verso della canzone Kathleen Mavourneen (cliccare QUI), e poi, lungo la strada, quando incontra un’amica di vecchia data, Mrs Breen, con la quale s’intrattiene per una

conversazione, Bloom nella sua mente rievoca due canzoni, His Funeral is Tomorrow, e Comin’ thro’ the Rye, che qui proponiamo in due versioni assai diverse: una più datata (cliccare QUI) e una senz’altro più vivace e dal ritmo più incalzante (cliccare QUI).

Nelle proprie riflessioni sul tema della nascita, poi, Leopold rievoca la nursery rhyme There was an Old WomanWho Lived in a Shoe (cliccare QUI), in cui si parla di una madre che risolve in modo vigoroso i problemi dei figli, creando una contrapposizione con la mancanza di soluzione da parte della “madre Irlanda” alla povertà esistente nelle famiglie irlandesi, che sono quasi sempre numerose.

Il cammino di Bloom prosegue, finché lungo la strada non incontra una squadra di agenti di polizia, che sbucano da College Street, marciando in fila indiana. L’effetto comico prodotto dall’immagine dei loro visi congestionati, porta Leopold a ricordare la canzone dall’effetto comico A Policeman’s Lot is not a Happy One, dall’operetta di Gilbert e Sullivan, Pirates of Penzance (cliccare QUI).

Subito dopo Bloom passa sotto la statua di Tommy Moore e, con quell’ironia che lo caratterizza, aggiunge un commento sul fatto che la statua l’abbiano collocata proprio accanto a un orinatoio pubblico, alludendo alla canzone di Moore, ovvero Meeting of the Waters, sì, la confluenza delle acque, proprio una vera ironia pensando al titolo della canzone (per ascoltare QUI).

All’improvviso Bloom ricorda un fatto storico che lo porta a fare più citazioni di canzoni patriottiche, come la prima in cui viene citato Joe Chamberlaine, il politico britannico che fu segretario coloniale e che fu biasimato per l’atto d’aggressività che fece precipitare la guerra boera.

La canzone a cui si riferisce è We’ll Hang Jeff Davis (cliccare QUI), che è poi una parodia di The Battle Hymn of the Republic (cliccare QUI), che poi altro non è che la famosa ballata John Brown’s Body.

Continuando a riflettere sugli atti di patriottismo, su guerra e politica irlandese, Bloom pensa a The Boys of Wexford (cliccare QUI) dove si cita Vinegar Hill, il luogo in cui i rivoluzionari irlandesi furono duramente sconfitti dalle forze britanniche, e a Bloom viene in mente la popolarissima ballata irlandese God Save Ireland, epitome delle canzoni dei martiri irlandesi (cliccare QUI). E gli torna anche in mente il ritornello della ballata inglese A Frog He Would a Wooing Go (cliccare QUI).

Don Giovanni

Nel fluire dei propri pensieri, Bloom non può fare a meno, però, anche di pensare alla moglie Molly e all’ossessionante pensiero di lei e di Boylan, e gli viene in mente la canzone di Thomas Moore The Young May Moon (cliccare QUI), ripensando a Boylan che aveva tentato sotto i suoi stessi occhi degli approcci piuttosto espliciti con la moglie Molly. Grazie a una serie di successioni, a Leopold viene in mente poi la canzone The Harp that Once through Tara’s Halls (cliccare QUI).

Ormai si sta avvicinando il momento dell’incontro tra Molly e Boylan e Bloom, nel combinare il pensiero del cibo con il motivo dell’adulterio della moglie, canticchia alcuni versi del Don Giovanni di Mozart, quelli cioè relativi all’invito a cena del Commendatore nell’ultima scena dell’opera: “Don Giovanni, a cenar teco / m’invitasti”, con i quali è evidente l’intenzione di associare Boylan alla figura di Don Giovanni e Bloom a quella del Commendatore che intende vendicare il  torto subito (cliccare QUI).

Il capitolo si conclude con un’associazione al Messiah di Haendel, nel momento in cui Bloom si sofferma a osservare un cartellone, la cui immagine gli fa venire in mente la prima rappresentazione dell’oratorio di Haendel al Music Hall di Dublino (cliccare QUI e QUI).