Intriso da sempre di musica, avendo trascorso l’infanzia (ahimè, inutilmente!) al fianco del padre che accompagnava al piano la madre cantante, al pari d’un novello Ambroise Bierce, lo scrittore topografo della Guerra di secessione americana, come archeologo ha rilevato (tacheometro, “dritta quella dannata stadia!” e logaritmi vari) mezza Africa Orientale, il Medio Oriente e il Centro America. Tra una stagione concertistica e l’altra organizzata come impresario (essendo sempre stato cacciato dai cori in cui cercava ostinatamente d’intrufolarsi), infine è approdato alla traduzione letteraria dei classici anglo-americani... sembrerebbe con risultati migliori che come baritono. Pare. Quello che invece è sicuro è che è davvero Il Cappellaio Matto.

La musica in Joyce. VI puntata

De Il Cappellaio Matto

In aggiunta alle canzoni irlandesi di cui abbiamo parlato nella puntata precedente, ci sono poi quelle del tipo che Molly e gli altri artisti suoi colleghi cantano ai concerti, i “semi-classici”, molti dei quali oggi dimenticati. Tra questi il brano più importante è Love’s Sweet Song, che ossessiona Bloom durante tutto il giorno e Molly nel suo soliloquio mattiniero; ma ci sono anche In Old Madrid (per ascoltare cliccare QUI), The Holy City (per ascoltare cliccare QUI), Home, Sweet Home (per ascoltare cliccare QUI), The Lost Chord (per ascoltare cliccare QUI, in una rara edizione eseguita da John McCormack nel 1922, proprio l’anno della pubblicazione dell’Ulisse).

Un altro gruppo contiene canzoni da caffè-concerto e canzoni in voga all’epoca: The Absent-minded Beggar, con parole di Rudyard Kipling e musica di Arthur Sullivan (per ascoltare cliccare QUI), che esorta il pubblico a sostenere le famiglie degli uomini che stanno combattendo la guerra boera; Has Anybody Here Seen Kelly? (per ascoltare cliccare QUI); Good-bye, Dolly Grey (per ascoltare cliccare QUI); Tommy, Make Room for Your Uncle, e The Man that Broke the Bank at Monte Carlo, che abbiamo già ascoltato nella prima puntata di questa odissea (per ascoltare di nuovo cliccare QUI).

Medicine men minstrels

Poi ci sono parti della messa (Gloria, qui, per esempio dal Dixit Dominus di Händel, per ascoltare cliccare QUI); musica religiosa come Le ultime sette parole di Cristo sulla Croce, «Musica instrumentale… con un’introduzione ed alla fine un Terremoto», che Hydn compose per le cerimonie del Venerdì Santo e che considerava uno dei suoi lavori migliori (per ascoltare cliccare QUI). E poi l’opera (Rossini, Mozart, ecc.), operetta (Gilbert and Sullivan), canzoni popolari tipo Weel May the Keel Row (per ascoltare cliccare QUI). Ovvero canzoni tratte dai Minstrel shows, una forma di spettacolo statunitense che consisteva in una miscela di sketch comici, varietà, danze e musica, interpretati da attori bianchi con la faccia dipinta di nero, cioè in Blackface, per intenderci cliccare QUI), come Someone’s in the House with Dinah (per ascoltare cliccare QUI), revival hymns, inni di risveglio e fervore religioso, come Washed in the Blood of the Lamb (per ascoltare cliccare QUI), canzoni per bambini tipo Clap hands, Ride a cock horse (per ascoltare cliccare QUI), canzoni shakespeariane tipo Tell me where is fancy Bred (per ascoltare cliccare QUI), canzoni oscene, come Staboo, Stabella (per ascoltare qualche esempio cliccare QUI).

Prendiamo spunto da quest’ultima osservazione per sfiorare in anticipo il luogo del “bordello”, che è al centro del capitolo Circe, con un video rarissimo, ed evocativo, diciamo, dell’epoca di Joyce. Si tratta del breve cortometraggio muto francese Après le bal (Dopo il ballo), realizzato e diretto nel 1897 da Georges Méliès, uno dei padri del cinema e inventore, fra l’altro, degli effetti speciali. La protagonista è Jeanne d’Alcy, la futura moglie di Méliès e prima attrice in assoluto del cinema francese, e Jane Brady, la cameriera che fa finta di bagnare la donna. Si tratta della scena di un minuto di una domestica che bagna una donna dopo averla aiutata a svestirsi, in cui è possibile notare il didietro della donna al naturale nudo (per vedere cliccare QUI).

Dopo questa lunga carrellata di temi, generi, note e atmosfere, passeremo ad analizzare l’uso del Don Giovanni di Mozart nell’Ulisse per rappresentare situazioni e dilemmi, diciamo, in particolare come frequente richiamo alla relazione illecita fra Molly, la moglie di Bloom, e il suo amante, Blazes Boylan. Una volta che certi motivi come “Là ci darem la mano” e “Love’s Old Sweet Song” e “M’appari” sono stati presi in considerazione come rappresentativi della relazione amorosa tra Molly e Blazes, la frequente ricorrenza della canzoni serve per ricordarci che l’argomento non evapora mai dai pensieri di Bloom e dall’azione centrale dell’opera. Ma questo sarà argomento di una successiva puntata…