Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Marco è istriano, jugoslavo, straniero insomma. Ed è con questa “eco” che arriva nella Trieste degli anni ’50. Un’eredità pesante, Uno stigma a cui si aggiunge, o meglio che va a completare, l’etichetta di campagnolo. Alessandro è cittadino, borghese, italiano, con un buon lavoro. La loro amicizia sarà costellata da ammirazione reciproca, reciproca rivalità, incomprensione. Se Marco, con ostinazione e pazienza riuscirà, piano piano, a concretizzare i suoi sogni, o parte di essi, Alessandro sembra evaporare insieme ad ogni sua ambizione, ad ogni suo gesto. Marco, in una placidità non priva di dubbi approderà al matrimonio mentre per Alessandro il rapporto con le donne (l’ambigua Michela e Irena la donna del Carso) sarà sempre fonte di amarezza e vuoto.

Questa la trama di L’amicizia, libro pubblicato nel 1980 da Rizzoli. Un libro, forse, tra i meno conosciuto di Fulvio Tomizza ma, certamente, tra i più interessanti. Interessante dal punto di vista tematico, pregno come è, seppure quasi sottotraccia, di quella che possiamo definire la cifra più autentica dello scrittore: una poetica istriana.

Fulvio Tomizza Foto da aidanewsxl.wordpress.com

Infatti, anche tra queste pagine, la contrapposizione tra italiano e straniero, la frontiera tra due mondi e culture, è presente seppur in maniera apparentemente più soffusa. I due protagonisti sono emblema e metafora della questione politica, centro e magma, delle pagine di Tomizza. Qui, seppure rischiando la forzatura interpretativa, ci pare di poter individuare, proprio in questa “amicizia di frontiera” quella stessa letteratura di frontiera di cui Tomizza venne considerato tra i massimi esponenti. Una frontiera che, per lui, era quella terra adriatica, insinuata tra Italia, Austria e Jugoslavia (quando esisteva). Una terra e una questione in cui, per sua stessa ammissione: “ si radicano il mio destino di uomo e la mia ricerca di narratore”.

Concetto non separabile da quello, altrettanto potente, di “esule”, qualifica che, tra queste meravigliose pagine de L’amicizia, si declina in un delicato ma radicato recupero della memoria. Memoria del legame tra i due uomini appunto, ma anche memoria del loro inevitabile, amaro non comprendersi fino in fondo. Non è dunque così errato, pensiamo, vedere tra queste pagine e nel racconto dell’amicizia tra Marco e Alessandro, un riconfermare le pietre miliari della poetica di Tomizza.

Un libro in cui forte è la tentazione di ravvisare elementi autobiografici se non fosse limitativo e riduttivo rinchiudere certe suggestioni nel recinto della biografia dell’autore. Biografia comunque non evitabile del tutto. I due protagonisti sono, talvolta palesemente ma mai in maniera semplicistica, portatori di quel conflitto, di quella ferita mai rimarginata: la questione istriana, appunto.

Del resto lo stesso luogo di nascita di Tomizza, l’immagine di questa terra, contadina eppure multilingue, fanno da sfondo perenne a molte delle sue opere. A partire da quel Materada che racconterà proprio l’esodo della popolazione italiana dall’Istria.

Anche nelle pagine di L’amicizia possiamo trovare la metafora di quella lacerante perdita di identità dei profughi istriani, e una eco soffusa di un’altra epica, quella contadina, di cui Marco è il cantore e la voce narrante. Un libro in cui, attraverso il rapporto tra i due uomini, veniamo proiettati nel rapporto tra quella campagna e quella città (Trieste), tra l’origine e la città vista un po’ come un’isola da cui ci si sente attratti (come attratti sono Marco e Alessandro) ma in cui Inurbarsi è assai difficile.

Non a caso, alla fine, dopo un solitario vagare per le terre del Carso, i due amici non si vedranno più. Ecco perché sosteniamo che L’amicizia sia uno dei libri più interessanti, e complessi, per comprendere la poetica di Tomizza e tutto il carico di qualcosa di mai risolto.