Nato a Viterbo il 25 ottobre 1991, laureato in  lettere (Università della Tuscia) e appassionato di musica (jazz, prog, elettronica).

Tanta gavetta con gli iniziali EP sperimentali, aventi già dei picchi come “Peng! 33” e “Super Electric”, per poi riuscire a farsi conoscere dal pubblico. Cosa necessaria. Ma non perchè il successo sia fondamentale.
Il gesto più generoso che si possa compiere è quello di fare musica. Si esplicano melodie per gli altri. Se gli Stereolab non si fossero flashati per produrre “Transient Random Noise Bursts With Announcements” non avremmo filtrato un altro capolavoro nella nostra testa.
E’ una “cosa” delicatissima quella del suonare.
Puoi devastare, sconvolgere, inorridire o ammaliare un altro essere vivente, perfino un labrador o un gatto persiano gonfissimo su un divano.
Gli Stereolab sono un mix di genio, follia, ironia e astrattismo. Si, perchè non ci si può accostare con tanta facilità al loro sound. C’è bisogno di una cultura, altrimenti è tutto nullo. Ti potrebbero anche essere “simpatici” (e già chi usa questo termine frettoloso mostra una scarsa preparazione), ma se non conosci Neu, Suicide, Soft Machine e Sonic Youth ti manca la base.
Quindi nella loro concezione si comprendono tre decadi. Per dirla in breve si colora una “Sister Ray” ancora di più di quanto lo avessero fatto Reed e amici. Con “Jenny Ondioline” si costruisce un gioioso caleidoscopio. Ops..ho giò detto troppo, ma va beh..è il bello della diretta. Non ci sono finzioni, è tutto vero, ma è ancora più impalpabile dello shoegaze.
Dopo la colonna portante di “Transient..” c’è però il rischio di perdersi. E ci sono riusciti, ma forse è questa la vera gloria. Negli altri due lavori successivi si sono abbastanza disorientati e mescolati, per poi ovviamente svanire.
Lo zenit è nel 1993.
La voce della Sadier fa la parte di Nico dei Velvet (un canto perennemente etereo e anestetizzato..non siamo ai livelli dello slow core però eh). La sua è una ninna nanna dolcificata con un sonnifero allucinato, mentre le chitarre sono dei droni colorati e sempre in loop.
Tutto ciò è quello che si trova in “Jenny Ondioline” e nel suo EP. Nell’album è un viaggio di venti minuti, ma qua invece sono tre minuti di felice smarrimento masochista. Si alimenta la nostra anima con carezze e sussulti nevrotici, come in “French Disco”. La classica strofa coinvolgente della ragazza e i watt che si alzano nei bridge. E’ presente anche “Golden Ball“, altra gemma di quel capolavoro di “Transient”. Spendo due parole anche per lui. E’ un album perfetto dall’inizio alla fine, mandato in gloria dalla giostra acida di “Tone Burst”, dalle visioni di “Our Tritone Blast” e “Pack Yr Romantic Mind” e dai loop di “Crest”.
Dopo questo miracolo si giunge ad una fase differente degli anni 90. I feedback acidi del noise vengono fusi con i fluxus elettronici del trip hop e su questa nuova texture si adagiano i dischi successivi degli Stereolab, caratterizzati dalla classica canzone francese condita con colori psichedelici, ricetta non sempre del tutto intrigante. “French Disko”, a mio parere, è l’ultima gemma firmata da questa grande band, che ha avuto sicuramente il valore aggiunto di andare oltre, di distinguersi, di riportare sapientemente il “passato” sotto una nuova forma. E non è poco. E non è da tutti.

Jenny Ondioline Book Cover Jenny Ondioline
Stereolab
Post rock
1993