Recensione a quattro mani di Carlo Quondam e Geraldine Meyer

Albuquerque, arida cittadina del Sud Ovest degli Usa. Un uomo perennemente ferito. Un cancro ai polmoni e una vita mediocre. Professore di chimica al liceo. Preparato e competente nel suo campo. Ma per gli States troppo poco brillante per poter ambire a qualcosa in più della semplice sopravvivenza. Non conta tanto cosa si fa o cosa si sa fare. Conta vendere. Tutto è scambio. Tutto ha un valore in dollari. Anche la vita. Quanto deve spendere un uomo per farsi curare? Per non morire? Infinitamente più di quello che ha. Cifre che non riuscirà mai a ripagare. Questa la prima forte critica al sistema sanitario statunitense. E vero punto centrale dell’intera storia. Anche il dialogo con l’oncologo è mercato. Il listino prezzi degli interventi chirurgici e un padre di famiglia, malato, che potrebbe lasciarsi morire per non lasciare debiti ai propri figli.

Allora Breaking Bad.

Un punto di rottura dove emerge tutto. La frustrazione, la mediocrità, la rabbia e la voglia di spaccare tutto. La voglia di uscire dal sistema e, un passo alla volta, farsi sistema.
Se Hank, agente dell’antidroga mostra a Walter White Junior quanto sia bello maneggiare una pistola, quale vincolo morale potrebbe trattenere Walter White, il chimico, dal cominciare a produrre metamfetamina? Tutto nasce nell’incontro con Jesse Pinkman. Suo ex studente, tossico e produttore di metamfetamina di basso volo. Tra i due nasce un rapporto altalenante. Insieme riescono a mettere su il laboratorio che produce i migliori cristalli mai visti. Sembra che tra i due ci sia stima e affetto che poi cadono nella sopportazione e nell’odio più profondo. Fondamentalmente sono un ragazzo in cerca di accettazione e un adulto pronto a sfruttare ogni movimento e sentimento dell’altro. Un rapporto in continuo cambiamento. Un infinito conflitto. Uno scontro che non si risolve. Solo nel finale si scopre quanto abbia pesato la convenienza.

Con il primo episodio della serie inizia l’ascesa di Walter White nel mondo criminale.
Poi l’alcool. Le città disegnate sulla carta millimetrata. Le armi. La provincia dove anche un centro di mezzo milione di abitanti sembra essere desolato e vuoto. Lontana anni luce da quelle tre o quattro città statunitensi che dall’Europa vediamo come avanguardia.
In evidenza vite che sembrano esplodere all’interno dei canoni imposti dalla società. Ogni personaggio sembra avere una doppia personalità a partire dal protagonista, sempre in bilico tra sentimenti opposti. Walter, il mite padre di famiglia, umile e dolce marito che si trasforma gradualmente in Heisenberg, una terribile figura quotata esclusivamente all’ascesa nel mondo criminale. Senza scrupoli, uccidendo chiunque trovi dinnanzi la propria strada.

Heisenberg sa di essere il migliore sul mercato, la fame non si placa. Non vuole più capi. Un’ascesa alla Scarface, tra l’altro citato nella serie. Dopo esserne stato schiavo una vita, finalmente arriva il momento di dettare, lui stesso, le leggi del mercato. Tutto succede mentre viene vinta la prima battaglia contro il cancro e diventa padre, per la seconda volta.
Ci sono momenti in cui potrebbe scegliere di lasciare tutto e godersi milioni di dollari ma la consapevolezza del potenziale è più forte e finisce sempre per avere la meglio… fino alla fine. La fuga è invece il pensiero fisso di Jesse Pinkman. Il coprotagonista. Il ragazzo non ha manie di grandezza. Perennemente nei guai.

Unite le forze, i due riescono a fare strada insieme, ma le cose si complicano. Ogni passo un problema da risolvere. Nel caso di Walt i problemi sono quelli che si trovano tra lui e il prossimo passo. Nel caso di Jesse i problemi sono di tipo morale. Una sofferenza lacerante per il male che, anche lui, contribuisce a seminare.
Ogni loro azione corrisponde ad una conseguenza inaspettata ed esagerata. Dagli squilibri nel mondo criminale a un incidente aereo. Nel finale solo uno dei due riuscirà a salvarsi, ma nessuno ribalterà il sistema. Perché seppellire sette barili (con dentro centinaia di migliaia di dollari) nel deserto non corrispondere ad essere ricchi. Anche la criminalità vive dello stesso potenziale della società. La produzione deve essere continua e il mercato una costante. Lo schema non si rompe.

Dall’altra parte del deserto, il Messico. I Narcos, la Santa Muerte e l’unico, vero, legame tra le due americhe. Gli stupefacenti. Così vicine e così lontane di mentalità e di ipocrisia. Proprio come Walter White e Hank Shrader. Mariti di due sorelle, componenti di una famiglia affiatata. Heisenberg e il cognato agente della DEA ossessionato da Heisenberg. Insieme, consumando ettolitri di alcool parlando del fatto che qualche decennio fa sarebbero stati arrestati per un bicchiere di scotch.
In questa brillante serie scritta da Vince Gilligan è opportuno sospendere ogni giudizio e osservare bene. Capire veramente cosa stiamo vedendo. Una mitragliata di critiche ad una società ipocrita e sfruttatrice dove da una parte ci sono i diseredati e dall’altra quelli che sopravvivono.

Tutto comincia per affrontare le spese mediche di Walt. Poi si scopre che i soldi guadagnati con il traffico di metamfetamina sono serviti anche a pagare le spese mediche dell’agente Shrader, ferito in uno scontro a fuoco mentre indagava sul traffico di metamfetamina. L’assicurazione pagava solo alcune delle spese.

In Breaking Bad, e questo è uno dei punti di forza della serie e della sua sceneggiatura (che tra l’altro si regge su una scrittura potentissima) nessun personaggio è totalmente colpevole o totalmente innocente. Nessuno può dirsi fuori da un sistema che, da una parte annulla ma, dall’altra, garantisce il proseguimento della farsa e del gioco delle parti. Ciascun personaggio, non solo Walt (forse, paradossalmente l’unico con una sua “nitidezza”) si muove nelle sabbie mobili dell’ambiguità. A partire da Skyler, la moglie di Walt. Inizialmente “inorridita” dalla scoperta delle attività del marito, si adegua, in qualche modo, allo stato delle cose. Accettando il “lato oscuro” di tutta la faccenda e, perché no, anche i soldi. Pronta a riciclarli nell’acquisto di un autolavaggio, (forse simbolo onirico di un tentativo di sciacquare ogni cosa, anche l’anima già venduta al diavolo)) Skyler si pulisce però la coscienza costringendo il suo datore di lavoro, nonché amante, a regolare la sua posizione nei confronti del fisco. Una metafora dell’America, con la Bibbia in una mano e la giustizia da cowboy nell’altra.

Ambiguo Gus, il genio del male, il Grande Spacciatore che tira le fila di tutto, almeno fino ad un certo punto. Una delle figure di villain più affascinanti della storia delle serie tv. Il male a cui ci si inginocchia, alla cui morale ci si convince di non voler aderire ma ai cui tentacoli non si riesce a sottrarsi fino in fondo. Perché il male si propaga e si autoalimenta, seguendo gli stessi meccanismi di un sistema, quello americano, in cui tutto sembra ancora fermo all’epopea della prateria, con i cowboy e i ladri di bestiame, e la frontiera che non è solo geografica ma morale o immorale. E il male dilaga. Non a caso, l’edizione spagnola della serie ha il geniale e puntualissimo titolo di Metastasi.
vale la pena abbonarsi a Netflix anche solo per guardare questa premiatissima serie tv

Breaking Bad Book Cover Breaking Bad
Ideata da Vince Gillian
Serie tv
In America dal 2008 al 2013