Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Che effetto faceva l’etichetta “Vertigo” nel 33 giri originale di questi fenomeni di Londra e Southampton (il batterista Martin Smith), con quella sua spirale che girando ipnotizzava l’ascoltatore! Innamorati dei King Crimson e delle Mothers of Invention di Frank Zappa, Derek Shulman (voce principale e qualche basso), Phil Shulman (tromba, sax, lead and added vocals), Ray Shulman (basso, violino, qualche chitarra, percussioni e voce), Kerry Minnear (tastiere, qualche basso, violoncello, vibrafono, percussioni e voce principale), Gary Green (chitarra solista e chitarra a 12 corde) e Martin Smith (batteria e percussioni) misero su i Gentle Giant, la cui iconica copertina fu uno dei capolavori dell’arte grafica del progressive rock. I migliori, assieme a King Crimson e Van Der Graaf Generator, di tutto il movimento. I più bravi tecnicamente, i più ricercati dal punto di vista compositivo e vocale (i loro famosi cori “a cappella” senza musica), i più seri, capaci di sciogliersi quando si accorsero nettamente che le pile ispirative erano scariche e senza dar luogo a riformazioni onanistiche ed inutili. Una storia di vero artigianato musicale di inestimabile valore, con la capacità di intersecare in modo incredibile voci e strumenti, corroborati da autentici funambolismi ai rispettivi strumenti di lavoro, fossero essi la voce piuttosto che il vibrafono, il violino o i fiati. Il loro capolavoro più alto è “Acquiring the taste”, chiariamolo subito, assieme al secondo dei due dischi del 1972, “Octopus”, con la splendida copertina colorata di Roger Dean (illustratore notissimo degli Yes), ma questo loro album d’esordio svela un mondo completamente nuovo anche in tempi di grande estro e fantasia come quelli iniziali del progressive. La filosofia di Rabelais (il Gigante Gentile, come Pantagruel e, poi, il “nuovo” Panurge su “Octopus”) e di Camus sui miscelava con tratti di musica folk risalente all’Anno Mille in Inghilterra, al rock duro (protagonista quasi sempre Gary Green) ed alla ricerca di vocalismi spericolati, che non li abbandonò mai. Derek e Kerry erano le voci principali: uno tonante, l’altro delicatissimo, quasi un “trovatore” nel rock. Un disco immortale che ha fatto storia, nonostante in patria non fossero considerati ma da noi, in Italia, erano amatissimi fin dagli esordi del presente 33 giri. E vendevano pure notevolmente. Ma si sa, i “ragazzi” di allora avevano un’altra cultura, tenevano dietro all’alternativa vera, erano capaci di ascoltare stando attenti, qualche volta, più per disciplina che per convinzione. Inutile starsi a soffermare su cose che il sottoscritto, in quasi 50 anni, ha completamente metabolizzato, passaggi ritmici e finezze tecniche senza pari. Erano allora inarrivabili. Ma come non soffermarsi, un attimo, sulle prelibatezze della “Giant” iniziale, con quell’organo indicibile e quella meravigliosa progressione che parte sottovoce dal basso. Oppure “Funny Ways”, un brano che i Beatles non riuscirono mai a scrivere, con quel violino dolcissimo, oppure “Alucard” (Dracula rovesciata), con quei fiati infernali, strumentale da brividi. Od ancora il “tiro demodè” di “Isn’t it quiet and cold?”, cantata magistralmente da Minnear, col suo vibrafono “di vetro” ed il violino meraviglioso di Ray? Insomma, tutto bellissimo. Per chiudere, una nota appassionata su “Nothing at all”, ballata d’altri tempi con quell’arpeggio di acustica e la capacità di “creare il vento” con gli strumenti. Una favola che vorremmo qualcuno sapesse ancora raccontarci. Ma sappiamo che non sarà più così. Capolavoro di estro, arte ed esecuzione, questo disco col Gigante Gentile che li tiene, tutti e sei, nelle palme delle sue enormi mani! Grandissimi.

Gentle Giant Book Cover Gentle Giant
Gentle Giant
Progressive rock
1970