Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Concludiamo l’esame dei tre capolavori partoriti nella New York del 1977. Dopo “Cabretta” dei Mink DeVille e “Marquee Moon” dei Television, eccoci sull’album d’esordio dei Talking Heads, “77”. Prima due considerazioni indispensabili:
1) Nessun gruppo ha mai fatto meglio dei Talking Heads coi suoi primi quattro dischi (nel caso delle Teste Parlanti, tutti capolavori diversissimi tra loro), anche se la critica ortodossa dà il massimo dei voti al solo pur splendido “Remain in light”, ma le cose non stanno così!
2) In questo disco d’esordio non era ancora presente Brian Eno che avrebbe ben caratterizzato i 3 dischi seguenti, eppure l’album in questione, considerato da “8” è, in realtà, anch’esso un piccolo capolavoro, perché fortemente innovativo come linguaggio musicale su tutto quello che si faceva in quegli anni ed il particolare non può essere fatto passare sotto silenzio.
Disegnatori industriali lo scozzese David Byrne, chitarra e voce, leader del gruppo e la coppia di coniugi Tina Weimouth (basso e voce) e Chris Frantz (batteria). A loro si aggiunse Jerry Harrison (tastiere, chitarra e voce) ex- Modern Lovers di Jonathan Richman. La sensibilità esplosiva è quella degli studenti universitari .11 songs durata 39 minuti. Secchi ed essenziali. “Uh – O, loves come to town” mette subito i puntini sulle i. Voce nevrastenica (Byrne), suono saltellante, liquido e scoppiettant, basso esuberante e tastiere psichedeliche. E’ graziosa, solare, piace al primo impatto tantissimo. “New feeling” è costruita sulle 2 chitarre. Il cantato di Byrne all’epoca era una novità assoluta e fuorviante per i soliti noti che diconsi, a torto, critici musicali. La cosa magnifica di questo album è che ha mantenuto intatta la sua freschezza dopo ben 40 anni, oggi! Tessuto sonoro coloratissimo e variegato ed estremamente lucido. Bella. “Tentative decisions” parte più statica rispetto alle due che l’hanno preceduta, ma è solo un’impressione. Coretto da alpini ubriachi, fuori assetto col resto, ma devastante… e tantissime variazioni sonore . PARTICOLARE. ” Happy Day” è splendida. Cantata quasi singhiozzando, dopo un’apertura celestiale fatta di suoni splendidi. Il refrain non si scorda, Byrne canta quasi in sospensione, benissim . Organo e basso decisivi per la sostanza. “Who is it?” pare un bozzetto, un cartone animato quanto ad inventiva inesauribile. Si va avanti a scatti e sussulti, ma sempre lucidissimi, Pare uno scherzo, ma è irresistibile. “No compassion”, una delle mie preferite, è una delle architravi dell’intero disco. La progressione è forte e nitida. “Compassion is a virtue, but I don’t have time” (La compassione è una virtù, ma io non ho tempo, che bello!) Cambi di tempo continui ed inattesi, con il basso della Weimouth strepitoso. Poi, verso la fine, ripresa con l’eco del tema principale. Capolavoro! “The book I read” vede la Weimouth lavorare di archetto sul suo basso con effetti particolarissimi sulla struttura e l’andamento del pezzo. Organo, cantato nevrastenico, batteria secca: MUSICA INTELLIGENTE DENTRO AL FRULLATORE.
Freschezza incomparabile di tutto. “Don’t worry about government” in ascensione perenne, nella voce e nella musica, sospesa su un trave all’altezza dell’ultimo piano dell’Empire State Building, Che bellezza. Cambiamenti in continuazione Sono davvero UNICI. “First week/last week carefree”, con tanto di naccherette, cantato onirico, riporta alle canzoni degli anni ’50 e ’60, con ritmo saltellante e cantato “da micione”. Pure i fiati fanno parte della tenzone… “Psycho Killer” E’ IL MANIFESTO DEL DISCO. Byrne compone e canta con passo deciso e nervosissimo “Psycho killer quest-ce que cest?”, canta Byrne, facendolo seguire da “fa fa fa / fa fa fa/ fa fa / fa” che ha fatto epoca dal vivo. Pure in francese questi Talking Heads straordinari… Grande Mela in estasi per loro. “Pulled up” più rilassata e leggera per quanto lo può essere un brano delle teste parlanti: Lavoro stretto e parossistico delle chitarre. basso “parlante, batteria perfetta. Che dire? Eno non c’era ancora: restò paralizzato da una loro esibizione in concerto, poi la critica verserà oceani di inchiostro sui 3 capolavori successivi da lui prodotti e supervisionati e suonati e cantati, MA GIA’ QUI I TALKING HEADS AVEVANO TIRATO FUORI, DA SOLI, IL LORO 1° CAPOLAVORO. Ripeto: NESSUNO COME LORO MAI COI PRIMI QUATTRO DISCHI DELLA DISCOGRAFIA. La musica più intelligente dell’America: chiedete al nostro regista Paolo Sorrentino. VIVA.

77 Book Cover 77
Talking Heads
Rock
1977