Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

La Sheffield del periodo 1980 – 1983 era degnamente rappresentata da 3 bands, con 3 stili caratteristici e difficilmente replicabili: Cabaret Voltaire (sul cui Mix – Up torneremo), Comsat Angels e questi Clock Dva, la sveglia deviata, di Adolph (Adi) Newton, uomo che suonava bene il piano, ma le cui caratteristiche erano di essere un grande suonatore di tromba, dotato di una voce che definire “carta vetrata” è poco.
Venuto a mancare, per prematura dipartita, il bassista Turner, Newton fu costretto a rifondare i Clock Dva e nessuno si sarebbe aspettato che avrebbe tirato fuori un capolavoro, irripetibile per loro e per molti altri colleghi e non solo di quel periodo. John Valentine Carruthers, che avrebbe suonato brevemente pure coi Siouxsie & Banshees, scomparendo velocemente dalle scene, alle chitarre, Paul Browse ai sassofoni, Nick Sanderson (poi nella parte finale della carriera dei Gun Club) alla batteria, Dean Dennis (al basso con e senza tasti), il produttore del disco Hugh Jones alle tastiere aggiuntive e lui, il leader maximo, Adi Newton a voce, tromba e pianoforte. Già “Thirst” ( = sete ), nel 1981, era stato un piccolo capolavoro sorprendente tanto quanto dissonante ma “Advantage” è il lascito definitivo della band inglese.
Si pensi ai romanzi di Raymond Chandler con Philip Marlowe interpretato da quella roccia immutabile nell’espressione di Robert Mitchum, si pensi a quei treni sgangherati del primo dopoguerra dove potevi incontrare di tutto, dal Demonio ad una vamp bellissima, si pensi a personaggi cupi e notturni, chiusi nei loro cappotti pesanti stretti con la cinta, si pensi a quelle valigie di cuoio marrone, legate pure con lo spago, collocate sopra le reticelle che svettano in capo ai viaggiatori, si pensi alla pioggia che bagnava le strade illuminate da neon spettrali, con un buio minaccioso ed incombente tutto attorno, si pensi alla Sheffield, cuore nero d’Inghilterra, coi suoi tetti spioventi anneriti dalla caligine ed il suo ripetuto ed alienante ciclo di vita degli esseri viventi che la abitavano. Questo lo scenario di questa musica. I rumori secchi e spietati, metallici delle industrie siderurgiche del posto, che la incoronavano capitale dell’acciaio e centro della rivoluzione industriale in terra di Albione, con l’alienazione di chi lavorava in quei complessi anneriti, spietati covando in sé un anelito di rabbia e ribellione pazzesche. Una musica notturna, metropolitana, ma pure, in un certo qual modo, elitaria. Gli arrangiamenti dei fiati sono virili ed aggressivi, il lavoro della sezione ritmica compulsivo e stordente, il suono elettronico, che occhieggia qua e là, è una frustata che rinvigorirebbe un cadavere. I colori formano quel caleidoscopio di impressioni e sensazioni, che non ti lascia neppure al termine dell’ascolto del disco. Una metropoli sporca, fredda, piovosa, dove, negli scantinati, si annidano topi famelici e lugubri individui capaci di qualsiasi nefandezza e di violenze inaudite. I film noir sono l’altra grande fonte di ispirazione, come detto, di questo straordinario disco. Anime perse si aggirano tutt’intorno, le cui lacrime si mischiano a questa pioggia che non smette mai e che crea una ferita sanguinante, che non si cicatrizza. E detectives dentro i loro impermeabili sdruciti e lisi, fradici di pioggia, forieri di incontri al buio su treni e non, trascinati dalla graffiante e cavernosa voce del leader in un mondo fatto di esalazioni mefitiche e crimini indescrivibili. Spero di aver descritto adeguatamente quello che vi aspetta nell’ambito dell’ascolto di un film, più che di un disco. Il senso di minaccia incombente generato dalla musica è l’altro ingrediente di un disco devastante. Camere dissestate di alberghetti da evitare accuratamente per sfuggire a stupri di individui vomitevoli e lascivi, con stretti ascensori “per l’inferno “, unico scampolo di una luce arancione che occhieggia e ti invita ad entrare per condurti verso chissà quale eternità. E, poi, vogliamo parlare dello spirito futuristico (che oggi non c’è più, soffocato da tutti questi attrezzi elettronici) che animava l’opera? Una botta incredibile! A Sheffield si suonava, all’epoca, nei garages della città. A Sheffield quello che i Throbbing Gristle facevano a Londra, ma qui con maggiore musicalità e pure sensualità (ascoltate la voce femminile nella SUPREMA “ Eternity in Paris “). Il nome del gruppo sta ad indicare ( Sveglia Deviata ) l’aspetto surrealmente meccanico del tempo, inarrestabile e privo di misericordia. E veniamo al disco. Questa band fa paura nella sua spietata lucidità.
“Tortured Heroin “ parla del tentativo di sfuggire ad uno stupro da parte di una donna, incolpevole, ma capitata nel contesto ambientale sbagliato. Rimbomba in modo catacombale, agghiacciante e cupissima fettina di una torta indigesta e di acuta sofferenza. Zombie sono quelli che si aggirano negli scantinati di “ Beautiful Losers “ (Magnifici perdenti ), anime in pena, vergate da un destino segnato, ed assistiamo ad autentici rumori della savana sì, intendo dire , sorte di barriti di elefanti, ricreati attraverso i fiati di Browse. Fino ad arrivare alla dance elettronica di “ Resistance “ , allora singolo di lancio del disco, brano che cattura fin da subito. Esperienza di sensi in subbuglio, fino alle frustate “gommose “ di “ Eternity in Paris “, che sboccia nella voce unica costituita dalla miscela di sax e tromba del leader, fantastici, e, nel finale, quella voce piena di eros femminile, quel piano che rimbalza e non si dimentica, quella tromba che, nel convulso finale, spegne ogni speranza di farla franca: MOSTRUOSA! Pure a pensarla, prima di eseguirla musicalmente.
Melodrammi delle grotte vengono sciorinati in “ The secret Life of the Big Black Suit “, caratterizzata da una confusione orgiastica di nastri, ma sempre fredda e razionale. Ed ancora, gli incontri che non vorresti e ti aspetteresti mai in “ Dark Encounter “, strutturata sull’asse fiatistico più torbido ed esalazioni mortifere. Sono 7 minuti e passa da far accapponare la pelle. I Clock Dva paiono, alla luce di questo disco, degli assassini seriali, determinati a disossare un suono che è proiettato verso un futuro livido. “ Break down “ è dotata di un riff fiautistico che entra subito in circolo, “ Noises in Limbo “ pare guidata da demoni e da non umani, infine “ Poem “ è la chiusura di ghiaccio di un album superlativo, già POST INDUSTRIAL e non ci si crederebbe, nel 1983. Faticherete a trovarlo, forse in long playing, perché in cd non è mai stato pubblicato ed è introvabile, ma ne vale assolutamente la pena. Giacche di pelle nere, capelli impomatati. ciuffo all’indietro, moto d’epoca, questo era Adi Newton nel 1983. Con una voce che nessun altro mai….. Cercatelo su you tube. CAPOLAVORO INUSITATO. CINQUE STELLE E LODE.

Advantage Book Cover Advantage
Clock Dva
Post industrial
1983