(Viterbo, 1977), laureato in Conservazione dei beni culturali, con specializzazione in Gestione e valorizzazione della documentazione scritta e multimediale, si occupa di Storia dei movimenti antifascisti e resistenziali. Ha curato la consulenza storica per pubblicazioni, spettacoli teatrali, documentari audiovisivi e mostre, e scritto su diversi periodici specializzati. Ha pubblicato Faremo a fassela, Gli Arditi del popolo e l’avvento del fascismo nella città di Viterbo e nell’Alto Lazio, 1921-1925 (Sette Città, 2011), e La Battaglia di Cable street, La Disfatta delle camicie nere inglesi e la nascita dell’Antifascismo militante europeo (Red star press, 2017). Nel 2021, per l'editore Sette Città è uscito Da leggere e sentire

Nicola Erba, La Banda Dovunque, La Storia di Ugo Ciappina e dei primi gangster di Milano

Di Silvio Antonini

Per la terza volta nel corso della sua militanza culturale, Nicola Erba torna a vestire i panni dell’autore, ora con un saggio tutto suo. Erba è infatti noto per la condirezione della Milieu, una delle esperienze più originali riguardo il panorama editoriale italiano, in grado di portare i lettori, ormai da anni, a viaggiare tra Milano, Roma, Londra, Belfast, Dublino e altrove, alla scoperta di vite irregolari, più o meno devianti, più o meno azzardate, più o meno spregiudicate ma tutte immancabilmente intrise di vitalità ed umanità.

Si torna qui alla base, a Milano, per affrontare una realtà banditesca sorta nello smarrimento del Secondo dopoguerra. Una realtà poco nota alle cronache nazionali e di cui non sono rimaste che flebili tracce nella narrativa e nella storiografia nazionali. Questo, principalmente, perché la banda in esame non venne macchiata  da quegli elementi di scalpore e clamore che immortalano le imprese criminali, cioè fatti di sangue ed omicidi. La recrudescenza in questo senso si sarebbe avuta nei decenni successivi: era appena finita la guerra e si avvertiva magari la necessità d’una pausa di riflessione circa le violenze.

Eppure, lo spaccato umano e politico – sociale qui analizzato è tutt’altro che trascurabile, anzi: procedendo con la lettura ci si rende man mano conto di essere dinanzi alla descrizione d’uno snodo fondamentale per meglio cogliere quel passaggio dalla prima alla seconda metà del nostro Novecento. Si attraversa una galleria di personaggi, anche diametralmente opposti per condizione e sorte, comunque destinati a segnare la storia successiva del Paese ed il cui incrocio nelle circostanze qui narrate non può non sorprendere.

Siamo a Milano, la Città della Liberazione, negli anni che alla Liberazione fanno seguito, prima che il monocolore Dc portasse alla normalizzazione e al congelamento, almeno momentaneamente, dei conflitti. C’è innanzitutto la fame, la voglia di lasciarsi alle spalle miseria e privazioni, e c’è un’umanità che, volente o nolente, per ragioni sociali o politiche, non trova spazio negli assetti civili che si andavano consolidando con la Ricostruzione. Si va dai criminali comuni ai combattenti partigiani in congedo, sino a, in alcuni casi, ex repubblichini, più o meno consapevoli, allo sbando, politico quanto psicologico, dopo la sconfitta. Tutti giovani e giovanissimi, con tanta energia da mettere a disposizione anche, eventualmente, nell’illecito. C’è, infine, in termini di costume e di stile di vita, l’irrompere della filosofia esistenzialista che affascina i giovani, con l’ascolto del jazz e i prodromi di quella che, a boom economico consumato, si sarebbe chiamata controcultura.     

È questo l’ambiente che fa da retroterra alla banda in oggetto, sorta attorno alla figura d’un giovanissimo, idealista quanto irrequieto, partigiano: Ugo Ciappina, che trova sodali tra i suoi compagni di lotta e nella realtà popolare che anima le sezioni di un Pci su cui si va abbattendo la scure dell’anticomunismo. Le cronache milanesi dapprima denominano i banditi secondo i colpi e le zone di attività, poi gli inquirenti parlano della banda Dovunque, perché essa non agiva soltanto a Milano ma, grazie agli spostamenti in macchina, commetteva furti e rapine anche altrove, al Sud e all’estero. La vittima più celebre di queste sortite è Eduardo De Filippo, derubato della sua Lancia Aprilia nera. Rapine e furti, dunque, cui aggiungere ricettazioni e falsificazioni, non senza quella, certo rudimentale, dose di coscienza di classe espressa dai banditi, che, inquisiti, hanno anche dichiarato di voler finanziare il Pci con i bottini.

La personalità più in risalto nel racconto è quella di un personaggio a dir poco misterioso, certo Calust Megherian, comunista armeno, commerciante, chiamato Il Professore, che faceva, o intendeva fare, da tramite con il Partito. Poi troviamo Giangiacomo Feltrinelli, all’epoca militante Pci con quella tendenza alla sovversione che avrebbe dimostrato in seguito, sino al tragico epilogo, e, infine, un Licio Gelli probabilmente ancora incerto su dove collocarsi per i propri tornaconti.    

La banda Dovunque si trova dianzi ad apparati di polizia e magistratura formatisi nella loro quasi interezza, com’è noto ed ovvio, durante il Regime fascista e che, per inerzia, sino al pensionamento, avrebbero perlopiù continuato ad applicare alla realtà convinzioni intrise di decennali, secolari, pregiudizi e ristrettezze mentali. È il caso di Giovanni De Matteo, il pm del processo, figura centrale in questa faccenda, la cui requisitoria sarebbe stata pubblicata in un volume uscito nel 1977 ed intitolato, appunto, Questa povera società.

Non diverso è l’atteggiamento della stampa locale, per quanto locale possa essere la cronaca di Milano, che segue le vicissitudini della banda, ponendo ovviamente l’accento sull’orientamento politico dei suoi componenti.

Il Pci, scongiurando ogni possibile strumentazione da parte avversa, aveva subito provveduto all’espulsione dei banditi incriminati. Ricordiamo che la banda ha agito tra il 1948 ed il 1949, praticamente in contemporanea con i delitti della Volante rossa, una realtà attiva proprio nel Milanese e sorta anch’essa in seno al Partito e alle strutture ad esso contigue. Un partito che in quei frangenti ribadiva inequivocabilmente il suo ruolo di forza politica di responsabilità nazionale, che opera nelle istituzioni in nome della democrazia progressiva. 

Per restituire questa storia, l’Autore ha consultato tutta la biografia possibile sull’argomento, i periodici dell’epoca, dei quali alcuni articoli sono riprodotti fotograficamente in appendice, le carte dell’Archivio di Stato di Milano, segnatamente per la Corte d’assise, e le testimonianze orali raccolte negli anni passati.

La Banda Dovunque Book Cover La Banda Dovunque
Nicola Erba
Saggistica
Milieu
2023
188 p., brossura