Luca Morettini Paracucchi, nato il 24 febbraio 1988. Lucchese da tutta la vita, Viterbese da qualche tempo. Ho una passione molto forte per ciò che riguarda il cinema, la letteratura, la musica, il mondo dei fumetti e dell'arte in generale. Tra le mie passioni hanno un posto di rilievo il mondo del punk e certi aspetti della cultura cosidetta nerd. Scrivo da quando avevo otto anni, recentemente ho ripreso dopo un periodo di stop. Spero sia la volta buona

Lonely boy

Di Luca Morettini

Ho appena finito di scrivere il pezzo sulla biografia di John Lydon e nella testa mi bazzica l’idea di scrivere quello sul concerto dei Generation Sex, senza sapere se è una buona idea e verrà accettato. L’uomo che sta alla chitarra si chiama Steve Jones e mi rendo conto che una recensione alla sua autobiografia non l’ho ancora fatta. E allora mi ci butto perché questa è una giornata che trasuda punk rock anni’70 e mi sembra giusto assecondare completamente il fato.

Pubblicata nel 2017, in Italia è stata stampata soltanto l’anno scorso, in concomitanza con l’uscita della serie tv “Pistol” diretta da Danny Boyle che ha usato proprio l’autobiografia di Steve Jones per tracciare la fulminea ed assurda storia dei Sex Pistols.

Nonostante sia il regista del mio film preferito (quel “Trainspotting” che un’anima punk ce l’aveva sotto vestiti di mille sfumature diverse), non ho ancora avuto il coraggio di avvicinarmi ai sei episodi della serie tv. I Sex Pistols sono una delle band più importanti della mia vita, la cui influenza mi ha aiutato ad essere la persona che in questo momento scrive queste righe. Probabilmente è molto forte il timore di una delusione o, perché no, di un’incazzatura se ciò che vedessi non mi piace. D’altronde, per il discutibilissimo film “Sid e Nancy” di Alex Cox l’effetto fu proprio quello.

Per prepararmi però un giorno a schiacciare il tasto play del telecomando mi è sembrato opportuno leggere prima la biografia intitolata “Lonely Boy” perché in fondo si parla di un prodotto televisivo che attinge ad una fonte nata da uno dei suoi protagonisti, quindi uno sguardo univoco, ma soprattutto uno sguardo che fino ad allora non era mai stato totalmente prodigo d’informazioni e considerazioni personali.

Steve Jones mi è sempre parso uno molto schietto e con pochi fronzoli e la conferma arriva dalla lettura dell’autobiografia, piena di avvenimenti e molto tirata, compatta, schietta al limite dell’insolenza e della trivialità, carica di episodi dolorosi, imbarazzanti e/o grevi in cui però traspaiono una sincerità e una totale trasparenza nel raccontarli, quasi una sorta di confessione dove, in certi punti, non è previsto il perdono.

Ciò che risalta però, nel momento in cui arriva a raccontare la storia dei Sex Pistols (che occupa l’intera parte centrale, là dove le altre due coprono anni e anni di vita, a dimostrazione di quanto fu folle quella vicenda tale da spenderci parole su parole) è proprio questo suo modo di raccontare. La storia dei Sex Pistols è composta in gran parte da caos e in altra parte da mito, storie assurde, colpi di testa. Jones quest’aura mitica la distrugge fino a ridimensionarla e quello che ne fa uscire è il ritratto di una band che inizia come tutte le altre e che non è riuscita a rimanere “normale” e si è bruciata troppo in fretta, forse perché non era destino che rimanesse in piedi troppo a lungo. Manda letteralmente affanculo il pogo, la logica del non saper suonare bene, qualsiasi altro luogo comune che abbia a che fare con il punk. Steve Jones è stato (ed è) un chitarrista rock che stava imparando a suonare. Tutto il resto deriva dall’unione della personalità che stavano rispettivamente, alla voce, alla batteria e al basso accanto a lui e che hanno generato un bel po’ di casino nel momento giusto.

Là dove la lettura è un piacere, l’idea che questa unica voce stia alla base della già citata serie televisiva un po’ fa sorgere un dubbio. Il ruolo di Jones assume una centralità mai percepita in altre versioni del racconto e le figure di Glen Matlock e Johnny Rotten ne escono un po’ ridimensionate, più laterali che centrali.

Ma in fondo, a conti fatti, è giusto che sia andata così e poco importa se Rotten, nel 2021, ha impedito a tutti costi la realizzazione del progetto della serie e si è visto sconfitto da Jones e Paul Cook in una causa che gli hanno intentato. Perché in fondo anche tutte queste ultime vicende fanno parte del carrozzone d’eventi di una band che normale non avrebbe mai potuto essere. E quindi ben venga anche la biografia di Steve Jones. Se non altro, è un libro bello, sincero e coinvolgente. E dannatamente rock’n’roll, come lui ha voluto.

Lonely boy. La storia dei Sex Pistol Book Cover Lonely boy. La storia dei Sex Pistol
Steve Jones
Musica
Magazzini Salani
2022
288 p., brossura