Alessandra Camaiani, avvocato in Firenze, nasce a Ponticino, un piccolo paese in provincia di Arezzo. Scrive per mestiere, scrive per diletto e anche un po' per riflettere su se stessa. Ha a cuore i diritti civili e sociali, per cui lotta insieme a Generazioni Future Rodotá.

I pascoli, i campi, il mare.

Fu così che una mattina, ella si svegliò persuasa di volerlo allontanare. Mise in pratica le tecniche più raffinate, acquisite nel corso dei suoi lunghi anni di solitudine. Ormai divenuta una professionista del dolore, l’iniziativa non le costò alcuna fatica. Fu sufficiente mostrarsi nelle proprie fragilità, esasperandole al fine ricercato: sapeva che, come tutti, di fronte alla vulnerabilità e all’insicurezza di una donna, nascosta sotto quella scorza robusta, anche lui sarebbe fuggito all’istante. Soprattutto lui, così giovane e altrettanto titubante su di sé e intorno al mondo. Nei giorni seguenti le fu difficile persino respirare. La spavalderia di essere riuscita subito nell’intento e di avere imparato a usare l’anima delle persone, compresa la propria, come attrezzo di vita, l’appagò giusto un’ora. Non appena si mise a confronto con la propria freddezza, perse inesorabilmente. Era pentita. Soffriva delle bugie dette, e se ne interrogava: perché? Perché aveva voluto scalciare lontano quel pizzicore insolito che da un po’ di tempo l’aveva fatta tornare a celebrare la vita?

La poesia era stata annientata negli anni precedenti, la sensibilità aveva lasciato il posto a un tetro presagio permanente; il “chi va là” era sempre sull’uscio e i suoi nervi sempre tesi.

Da quando lui era arrivato, invece, una leggera aria fresca aveva avvolto le sue guance, tirando quegli zigomi duri, fino a scioglierli. Complici la sua gioventù e la sua determinazione, in casa era tornata la musica. Si cantava, la sera venivano imbandite tavole felici e da qualche parte, tra le stanze, non mancavano mai dei fiori profumati. La primavera era alle porte e l’inverno era riuscito a cancellarlo col suo fischiettio insopportabile, eppure tanto amabile. Troppo, era davvero troppo. Comprese presto queste motivazioni. Era grande abbastanza da riflettere alla svelta: crescendo, il tempo a disposizione per ciascuno diminuisce e dunque il ragionamento corre più veloce, e netto. Già, il ragionamento.. l’immancabile pezzo di ogni cosa. Tutto esiste solo se ponderato, poiché tutto è spirito. Quella dannata filosofia l’aveva condotta molte volte all’errore, ma lei non ne sapeva fare a meno. Sicché, decise di non dirgli nulla e di lasciare che lui la credesse una poco di buono. Era meglio così, che lui pensasse di avere sbagliato intuizione sul suo conto, piuttosto che mettersi al rischio di altri passi scricchiolanti sul suo cuore. A che sarebbe servito parlargli delle domande e delle risposte che stavolta si era saputa dare? Un dialogo aperto. Certo, ci pensava e immaginava il tempo passare, facendolo correre veloce insieme al ritmo del cuore, eccitato all’idea di tornare a casa, aprire la porta e saperlo lì. L’avrebbe cercato, chiedendogli in dono un po’ del suo tempo. Con coraggio, gli avrebbe parlato e come corrente di fiume avrebbe esondato, travolgendo la stanza lui e le loro anime. Ma perché? Travolgere ed esser travolti senza alcun mare laggiù, dove posare lo sguardo. Aprirsi avrebbe significato esporsi. Quante volte l’aveva fatto, sempre convinta di dovere assecondare i sentimenti come in una sorta di scaramanzia perdente! Apriti e ti feriranno. Rivelati e ti faranno del male. Glielo avrebbe voluto dire così: fammi male, giovane pastore. A libro aperto, fai pascolare la tua cattiveria su questo lido scosceso e inerme. L’idea del dolore stavolta coprì il sentimento e la paura immobilizzò perfino la sua impulsiva passione. Era matta, ragionevolmente matta; era cresciuta, triste e identica a tutti.

In copertina Separazione, di Edward Munch. Foto da ilchaos.com