Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Musica e veleno tra gli Appalachi

Di Geraldine Meyer

Un musicista deforme che vive solitario tra gli Appalachi del West Virginia, una giovane donna che ha un progetto fotografico che vuole dare luce e volto a uomini e donne mutilati e sfregiati, un disastro ambientale, tanta musica. Cosa tiene insieme tutto ciò? Lo fa, e anche bene, Jordan Farmer con il suo Un diluvio di veleno, da poco mandato in libreria dall’editore Jimenez.

Protagonista Hollis Bragg, figlio di un ambiguo e ipocrita predicatore, deforme e solitario musicista, costretto (forse più da sé stesso che dagli altri) a mantenersi facendo il ghostwriter per una band la cui leader è stata il grande amore della sua vita. Mentre i componenti del gruppo hanno lasciato la miseria e lo squallore, Hollis continua a vivere nella rude ruralità che ancora conserva i resti carbonizzati della chiesa del suo defunto padre. Hollis è ossessionato dal suo aspetto fisico, da quella deformità che ne fa un personaggio lucido e confuso al contempo, tenero e respingente, di sublime dolcezza e di grottesca corporeità. Ma è ossessionato, ancor più, dalla musica, sua unica capacità espressiva e unico legame/separazione con il mondo e da Angela.

E, specularmente, mentre Hollis si contorce, nella mente e nel fisico, tra i dolori provocatigli dalla sua spina dorsale storta, anche la natura si contorce ma per una spaventosa fuga di sostante tossiche che un’azienda del luogo scarica nelle acque della cittadina. Questo evento sarà ciò che scatena tutto e che troverà la strada per farsi filo rosso di tutta la storia. Sarà proprio a partire da li che Hollis verrà stanato nel suo rifugio e nella sua solitudine, che sarà costretto ad assistere a un omicidio, e ancor più a fare i conti con il suo passato e il suo stesso corpo.

Un diluvio di veleno è un romanzo molto americano e non solo per l’ambientazione e la nazionalità del suo autore. Romanzo molto americano significa che va al di là della facile tentazione di definirlo “romanzo americano”. Definizione certo pertinente ma che rischia di incasellarlo. Invece molto americano è qualcosa che ha a che fare con una geografia che diventa una seconda pelle. Una sorta di inevitabilità di luoghi. Questa storia non avrebbe potuto essere ambientata altrove. Farmer costruisce un romanzo in cui la cultura e l’umanità degli Appalachi sono, nella loro complessità, il vero protagonista e Hollis è il lato antropomorfo (deforme) di una deforme natura. Natura e Hollis diventano, in queste pagine, quasi le due facce della stessa medaglia. Entrambi hanno su di loro, seppure per motivi diversi, la violenza del profitto e quella dello sguardo che diventa giudizio. Entrambi, in fondo, vittime di un gioco di potere, di una dinamica economica e umana che trasforma il territorio e il corpo umano in una cartina su cui piantare bandierine per esercitare un controllo.

Ma Hollis ha però un nucleo molto forte, indeformabile, inattaccabile che è la musica. Anche se essa stessa non sarà completamente immune dal denaro. Sarà questo ciò su cui Hollis dovrà riflettere. E lo farà ( glielo fa fare il suo inventore letterario) con estrema onestà intellettuale, consapevole che una deformità fisica non rende necessariamente un uomo migliore, innocente o giusto. Di innocente e giusta c’è solo la natura. Questo ci dice Hollis con la sua storia, con i suoi tormenti, le sue paure e la sua lucida consapevolezza.

Un libro politico, e non solo per la denuncia ai disastri ambientali ma, e forse ancor più, politico nel senso che insiste sul modo in cui ci si relaziona all’altro e agli altri, a sé stessi e al corpo (nostro e altrui). Perché, al netto di tutto, è con il corpo che ci muoviamo nel mondo. C’è questo aspetto molto fisico tra queste pagine, aspetto che è ciò che permette di suonare, di vivere, di essere creature concrete e, proprio per questo, di avere bisogno di essere riconosciuti. Chissà che il rispetto anche per l’ambiente non passi attraverso questo riconoscimento. Gran libro che si regge anche su una bella scrittura, sobria, dolente e viva, suadente ma anche roca come la voce di un narratore che fuma

Un diluvio di veleno Book Cover Un diluvio di veleno
Jordan Farmer. Trad. di Gianluca Testani
Narrativa americana
Jimenez
2021
266 p., brossura