Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Lo abbiamo conosciuto, in Italia, lo scorso anno con Nelle terre di nessuno, straordinario libro di racconti voluto di Luca Briasco e splendidamente tradotto da Roberto Serrai. Ora lo ritroviamo con Country Dark, questa volta un romanzo. Stiamo parlando di Chris Offutt, scrittore americano, nato nel Kentucky, di cui Minimum fax pubblicherà tutte le opere.
Chi ha amato l’America marginale con i suoi uomini semplici, dolenti e sperduti nelle terre di nessuno, troverà e ritroverà qui, la stessa geografia, anche umana, che disegna e canta la sfilacciata realtà del sogno americano. Siamo sempre nel Kentucky e, questa volta, a trascinarci letteralmente tra le pagine, Tucker, giovane uomo, poco più che un ragazzo, di ritorno nella sua terra, reduce da una delle più crudeli guerre americane, quella di Corea. Crudeli e dimenticate come “dimenticato”, appunto, dal sogno americano, è questo ragazzo che, a piedi o su treni merci, rientra, on the road, a casa. Undici medaglie nello zaino, undici medaglie che nessuno vedrà mai, non serviranno a Tucker per parare i colpi di una vita che per lui sarà, in un certo senso, sempre una guerra.

Diviso in quattro capitoli che sono quattro anni diversi, 1954, 1964, 1965, 1971, questo libro sorretto da una scrittura scarna quanto scrocchiante come le foglie di un sottobosco, ci fa incontrare un personaggio che dalla guerra ha conservato un perenne stato di allerta, un rigore incrollabile, la consapevolezza mai sfuocata di volere solo ciò che gli spetta. Niente di più ma neanche niente di meno. Non si commisera Tucker, mai, neanche davanti ad un destino che ha voluto per lui e la sua amatissima moglie, enormi problemi fisici e mentali per alcuni dei loro figli. Tucker è duro e tenero come i boschi e la natura del suo Kentucky, semplice e inevitabile come il buio del cielo e la luce delle stelle, come gli animali che si uccidono tra loro solo per fame e difesa. E Tucker sarà disposto a riprendere le armi proprio per difendere la sua famiglia, per difenderla da quel sistema che dovrebbe proteggerla e che, invece, gli porta via i figli.

Tucker è talmente “pulito” e di cristallo da essere al di là da ogni tentazione di rivolgergli un giudizio morale. Lui non attacca, ma se attaccato si difende. Né più né meno. Simile agli alberi, simile a quella natura che, come nei racconti di Nelle terre di nessuno, è inscindibilmente legata alla vita degli uomini. Dice Offutt, in una bella intervista fattagli da Luca Briasco, parlando del Kentucky: “Quelle colline coperte di boschi hanno fatto di me ciò che sono. […] per me i boschi e la terra sono importanti quanto le persone che li abitano. […] per effetto del suo isolamento geografico, la cultura del Kentucky orientale conserva molti elementi che risalgono a tempi più antichi – lo spirito di iniziativa, l’indipendenza, l’amore per la terra e una grande lealtà verso la famiglia, il rispetto per gli anziani e un grande senso di libertà personale.”

Tucker è figlio di questa terra, figlio di una cultura che non è quella dominante. È la cultura per cui si può fare il contrabbandiere non perché si voglia trasgredire la legge ma, semplicemente, perché quello è un modo come un altro per portare a casa i soldi per mantenere la propria famiglia. Del resto che differenza c’è, sembra volere invitare a chiederci questo giovane uomo, tra il porsi al di fuori della legge trasportando alcol di contrabbandando e l’agire per la legge che può portare via dei figli ai propri genitori?
Questo Country Dark, che già dalla copertina, con un fucile che tiene chiuse due porte di legno, ci dice tutto, è un romanzo che racconta una storia senza sovrastrutture, come senza sovrastrutture sono la scrittura e i personaggi. Che si muovono, con la “crudele” ma ineluttabile legge di natura. Tutti tranne Marvin, l’uomo dei servizi sociali, metafora di una legge altra, che non guarda le stelle, non sa riconoscere le tracce degli animali e non sa neanche fare domande: “Ci sono altri modi per ottenere risposte – disse Hattie – lasci che glielo spieghi. Faccia domande dirette, sì o no, e non otterrà nulla. La gente da queste parti non ragiona in questo modo. Una domanda diretta gli farà pensare che esistono risposte corrette e altre che non lo sono. Non diranno niente, perché avranno paura di sbagliare.”

Ogni cosa poi, per Tucker e per gli altri personaggi del libro, troverà forse il proprio posto. Bello o brutto, giusto o sbagliato, proprio come un albero colpito da un fulmine si trasformerà in altro, come un serpente diventa cibo arrostito sul fuoco per chi non ha altro da mangiare, come un uomo disposto ad andare in prigione per mantenere fede alla parola data. Country Dark non è l’America più oscura ma, anzi, quella più brillante e luminosa. Un libro prezioso come preziose sono le lacrime che restano incastrate tra alcune sue pagine

Country Dark Book Cover Country Dark
Chris Offutt
Narrativa americana
minimum fax
2018
235