Intriso da sempre di musica, avendo trascorso l’infanzia (ahimè, inutilmente!) al fianco del padre che accompagnava al piano la madre cantante, al pari d’un novello Ambroise Bierce, lo scrittore topografo della Guerra di secessione americana, come archeologo ha rilevato (tacheometro, “dritta quella dannata stadia!” e logaritmi vari) mezza Africa Orientale, il Medio Oriente e il Centro America. Tra una stagione concertistica e l’altra organizzata come impresario (essendo sempre stato cacciato dai cori in cui cercava ostinatamente d’intrufolarsi), infine è approdato alla traduzione letteraria dei classici anglo-americani... sembrerebbe con risultati migliori che come baritono. Pare. Quello che invece è sicuro è che è davvero Il Cappellaio Matto.

La Stravaganza e la Follia, una spiegazione…

Il Cappellaio Matto ha intitolato le sue rubriche  la Stravaganza e la Follia, il che forse merita qualche parola di spiegazione editoriale.

La Stravaganza non può che far pensare, ovviamente, a Vivaldi, che nella prefazione dell’op. 3 – la sua prima collezione di concerti edita a stampa ad Amsterdam nel 1711, cui aveva attribuito il titolo di L’Estro Armonico – ne preannunciava un’altra, costituita questa volta soltanto da concerti a quattro parti (più il violino principale e il basso continuo), che avrebbe fatto pubblicare quanto prima, così lui stesso annunciava.

L’opera fu anch’essa pubblicata ad Amsterdam non si sa precisamente quando, ma certamente prima del 1715, dal momento che in quell’anno essa veniva pubblicizzata in un trafiletto di giornale fatto pubblicare dall’agente londinese del suo editore di Amsterdam, Estienne Roger.

Si tratta di una raccolta di dodici concerti caratterizzati da una marcata unità stilistica, e da una caratteristica cui Vivaldi fa allusione nel loro titolo collettivo: per l’appunto la Stravaganza. E com’è da interpretare questo termine così particolare?

Ma proprio nel suo stretto significato etimologico, e cioè quanto «divaga, esce fuori dai limiti, o da determinati limiti, dal comune, dalla consuetudine, dal normale» come ci spiega la Treccani. E, nello specifico, ciò che divaga, che devia, dai sentieri più battuti dal punto di vista musicale.

A Venezia (e più generalmente in Italia) esisteva fra i conoscitori di musica il culto del ‘bizzarro’, del deliberatamente strano. Questo tratto ricorre con maggiore frequenza nella musica vocale profana, dove la presenza di un testo letterario può fornire giustificazioni esterne per effetti ricercati, ma informa di sé anche la musica strumentale.

La ‘stravaganza’ di Vivaldi consiste perciò nel ricorrere a modulazioni estranee, nonché a intervalli melodici insoliti. La divagazione, quindi, l’insolito, tra le stelle polari delle “divagazioni” del Cappellaio Matto come, per esempio, Joyce e la Musica.

Olivier Brault

In rete non mancano le registrazioni integrali dell’intera opera 4 di Vivaldi. Ci permettiamo di segnalarne una, e cioè quella de L’Arte dell’Arco con Federico Guglielmo come violino solo e concertmaster (cliccare QUI), ma raccomandiamo anche di ascoltare e vedere la sessione di registrazione dell’Allegro del concerto n. 9 in fa magg. RV 284, presso il Monasterio di San Giovanni Evangelista a Parma, filmata da Yohan Khatir, esecutori Europa Galante e Fabio Biondi come violino solo e concertmaster (cliccare QUI).

Quanto alla “Follia”… Quello della “follia” è un tema musicale tra i più antichi della musica europea. Si tratta di un’antica danza di origine portoghese, dal portamento maestoso e nobile. Musicalmente si componeva di due periodi di otto misure, noti con il nome di Farinelli’s Ground (il ground era una forma di variazione su basso “ostinato” usata dai virginalisti inglesi). La Follia divenne dunque una forma musicale del tipo variazione, come la Ciaccona e la Passacaglia.

Frescobaldi, prima, poi Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti scrissero variazioni sulla Follia, l’uno per violino (nell’opera quinta) gli altri due per cembalo. Ma anche Johann Sebastian Bach diede posto alla Follia nella BauernKantate (1742). Insomma, non si contano i compositori che si misurarono con questo che rimane uno fra i temi musicali anonimi più diffusi in Europa, e tra loro anche Vivaldi.

Antonio Vivaldi

Per cui, partendo dal tema dato, la possibilità di variazioni è praticamente infinita. Da qui i nomi delle nostre rubriche: la divagazione indisciplinata nel suo rigore (ci proviamo) e le variazioni sul tema ispirate da una follia con metodo, almeno speriamo.

Anche sulla Follia non mancano le registrazioni in rete, come quella dell’Accademia degli Astrusi (cliccare QUI), o quella de Il Giardino Armonico, che permette di seguire l’esecuzione sulla partitura (cliccare QUI).

Ma anche per la Follia raccomandiamo di ascoltare di vedere la performance della Apollo’s Fire – The Cleveland Baroque Orchestra, con Olivier Brault come primo violino solo e Johanna Novom come secondo violino solo. Garantito: davvero il “fuoco d’Apollo” (cliccare

QUI).