Sono nata nel 1997 e, da allora, ho vissuto. Ho vissuto con gli occhi pieni di meraviglia, perdendomi nei versi delle poesie, tra le righe di un romanzo. Ho vissuto con l’ossessione per la donna con il volto verde nel quadro “Au moulin Rouge” di Lautrec. Ho vissuto per incontrare nuove culture e conoscere le loro lingue. Ho vissuto, spesso stando in silenzio, per ascoltare e osservare meglio gli altri. Ho vissuto…

Giacomo Leopardi tra sogno e disincanto

Ciò che resta delle giovanili illusioni.

Cosa resta delle illusioni giovanili quando vanno scontrandosi con la realtà?

Alla ricerca del vero come Giacomo Leopardi, tenteremo di rispondere a questa domanda partendo dall’analisi dei concetti fondamentali dell’ultima strofa de “Il sabato nel villaggio”.

Garzoncello scherzoso, cotesta età fiorita è come un giorno d’allegrezza pieno,

giorno chiaro, sereno, che precorre alla festa di tua vita. –

Giacomo Leopardi si rivolge direttamente ai giovani, incoraggiandoli a continuare a sognare, prima di diventare consapevoli della realtà che li circonda. Il fanciullo però, tutto questo non lo sa.

E’ una creatura che conserva la sua innocenza e che vive le sue giornate giovanili in proiezione del traguardo ambito.

Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo’; ma la tua festa ch’anco tardi a venir non ti sia grave.-

Ad attendere il giovane sognatore ci sarà però una natura crudele, una natura che nell’immaginario leopardiano è rappresentata da una statua di fattezze femminili .

Più il fanciullo tenta di sfuggirle – come l’islandese delle operette morali nel celebre “Dialogo della Natura e di un Islandese”  – più la natura si manifesta nella sua grandezza.

Il sabato altro non è che metafora di attesa e di illusione, poiché arriva prima  del “dì di festa”, quella domenica che rappresenta la chiusura del cerchio, il sogno che giunge a destinazione e, al termine della giornata, l’uomo non può far altro che scontrarsi con il dolore e il disincanto.

La gioventù stessa, l’ “età fiorita” è  transitoria quanto la bellezza e il profumo dei fiori, prima di cedere spazio al gelido e grigio inverno.

C’è un fiore giallo, però, che il suo profumo e il suo splendore non lo perde mai: la ginestra. Durante il periodo napoletano Leopardi le dedicò un’intera poesia, affascinato come era dalla fierezza e dal coraggio con cui era riuscita a mettere le radici alle pendici del Vesuvio.

Per quanto la Natura possa essere spietata, l’uomo ha tanto da imparare da lei.

La ginestra accetta il suo destino senza perdere mai il suo incanto.  Così dovrebbe agire anche l’uomo, comportarsi come un vecchio saggio e prendere consapevolezza del suo passaggio in questo mondo, senza tuttavia dimenticare i sentimenti e l’amore per la vita.

Visione spesso definita come pessimista o, addirittura, nichilista da alcuni contemporanei e posteri. Leopardi, però, non si è mai definito tale. Egli pur essendo consapevole della crudeltà della Natura e della transitorietà dell’uomo, riesce ad accettare la sua condizione senza essere mai del tutto rassegnato.

Era un attento osservatore, così attento da riuscire a vedere l’Infinito attraverso una siepe, così attento da dipingere in versi la realtà della vita come il pittore Courbet.

Cosa resta quindi?

Resta l’attaccamento alla vita, la bellezza della natura che non si arrende alle intemperie, la meraviglia del provare amore. Resta la forza e la positività che può nascere dal dolore più profondo, proprio come i fiori che nascono dal male nella raccolta di poesie “I Fiori del Male” di Baudelaire.

Ma soprattutto restano i legami dell’anima, come la profonda amicizia tra Giacomo Leopardi e il poeta napoletano Antonio Ranieri .  Un famoso detto narra che qualsiasi fardello è meno pesante se trasportato da due persone e lo stesso vale per la condizione inflitta al genere umano: Leopardi insegna che insieme si è più forti, che se gli uomini si unissero  in una “social catena” , allora sarebbe più facile andare incontro al proprio destino.

Dopo aver a lungo parlato di illusioni, disillusioni, Natura, sembra quasi di aver assunto la voce e le sembianze di Giacomo Leopardi, perché posando gli occhi sui suoi versi immortali, lo senti più vicino, più “umano”. Leggere Giacomo Leopardi significa sognare e soffrire allo stesso tempo, significa scavare nel profondo del proprio essere e ritrovare la bellezza perduta, ricongiungersi ad una risposta che da sempre abbiamo avuto dentro. Leggere Leopardi significa trovare la forza di raggiungere un traguardo, perché se ce l’ha fatta lui, malato e prigioniero dell’oppressione del padre, perché non tu che leggi questo articolo?

Leggere Leopardi significa essere trasportati nel mare dell’Infinito e scoprire che tutte le barriere create dall’uomo sono vane. I limiti non esistono, non per la mente. Viaggia, sogna, crea, ama, ma soprattutto, non perdere mai il sorriso, perché “chi ha coraggio di ridere è padrone del mondo”.