Classe 1989, vive a Solofra (Av). Ha studiato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Salerno. Ama la compagnia di un buon libro, viaggiare per imparare, vagabondare per mostre e musei. Sostiene il Teatro di qualità, quello che pone degli interrogativi e contribuisce a formare la coscienza individuale e sociale, riuscendo ad emozionare e stupire allo stesso tempo.

Dal palco della rassegna Lustri Cultura in dies: la tragedia sofoclea di Antigone nella rilettura di Anna Rotunno

Il 24 novembre scorso ha preso il via la quarta edizione di Lustri Cultura in dies, la ricca rassegna organizzata dal Comune di Solofra (Av) edall’Accademia di Teatro “Città di Solofra” con Hypokritès Teatro Studio, sotto la direzione artistica di Enzo Marangelo.  Lustri Cultura in dies consolida di anno in anno la sua proposta culturale, offrendo una programmazione di spessore, attenta alle dinamiche contemporanee della società sotto i suoi molteplici aspetti … una manifestazione che è riuscita ad imporsi gradualmente in un circuito intellettuale di grande rilevanza non solo a livello regionale, ospitando importanti compagnie teatrali nazionali e internazionali, artisti, musicisti, scienziati, poeti e scrittori. Per questa quarta edizione sono previste tre sezioni: Retorica ovvero la forza della parola oggi e nel mondo antico; Seminari per una  ricerca delle possibilità di crescita che l’arte teatrale può riservare a chiunque lesi avvicini o vi ritorni attraverso le poetiche di Lecoq, Kantor e Artaud; Teatro con il suggerimento di lavori artistici che riconducono al vero, che mettono al centro dell’essere umano la sua verità interiore.

Nel Salone Maggiore di Palazzo Orsini di Solofra, nell’ambito della sezione Teatro, sabato 15 dicembre, è andato in scena lo spettacolo La parabola di Antigone prodotto da Casa del Contemporaneo per la regia di Andrea Carraro; un lavoro artistico basato sul testo di Anna Rotunno che, sapientemente, è riuscita a rievocare in maniera inedita il dramma di Antigone prima di darsi la morte nella caverna dove il re Creonte l’ha rinchiusa per aver disobbedito all’editto di lasciare insepolto il cadavere di suo fratello Polinice che,schierandosi col nemico, ha tradito la patria. È Paola Senatore a dare voce e corpo ad una intensa Antigone: è calamitica nel monologo in cui, con l’ausilio di una lavagna scrive e tratteggia l’origine del suo destino, racconta l’incesto su cui si fonda la sua famiglia tra colpa e vergogna … che colpa poteva imputare a se stessa mia madre per aver generato dal seme di suo figlio? Come se la natura sapesse distinguere un figlio da un padre! Lancia sguardi folli, colmi di ira, a tratti pregni di lacrime e nonostante le parvenze fragili, ha una forte presenza scenica tanto che, con l’arrivo dei pur valenti Andrea Palladino e Rocco Giannattasio si avverte un calo di soggiogamento dello spettatore, sgretolandosi il tentativo di salvataggio della giovane donna da parte di Emone e il messaggio di speranza di cui si fa portatore il messo, un altro mondo possibile.  Antigone assume fino in fondo tutte le conseguenze della propria decisione, non si risparmia, non calcola, non indugia,non indietreggia sulla propria verità. E poi perché salvarmi? A quale vita andrei incontro? Non siamo esseri che possono limitarsi a sopravvivere. Supera ogni concezione utilitaristica dell’esistenza e sacrificando la sua vita spezza il tabù della morte: la vita in sé, privata della sua dignità umana, non è vita che vale la pena di essere vissuta. Creonte si aggrappa alla vita e la ama attraverso il potere, Eteocle e Polinice l’hanno amata attraverso la guerra, Ismene vuole amarla attraverso i figli che verranno ed io …  io la amo attraverso il pensiero.

Scenograficamente lo spettacolo è di una essenzialità quasi amatoriale tanto che lo si apprezzerebbe anche ad occhi chiusi lasciandosi trasportare dal flusso narrativo ed emotivo del racconto dell’eroina tebana, costruito su di un’incalzante e profonda partitura di parole. 

La foto di copertina è di Maria Emilia De Maio