Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Cinquant’anni. 50 anni dall’uscita di questo leggendario album dei Doors di Jim Morrison e Ray Manzarek. Il loro esordio che avrebbe riscritto parecchie delle coordinate della musica rock, non solo a stelle e strisce. 11 brani per 44 minuti e 31 secondi. “Break on through” con ritmi spezzati, il loro primo 45 giri in ordine di uscita, la voce dello “sciamano” Jim Morrison, inconfondibile e potentissima, così come l’organo psichedelico e lisergico dell’altro leader, Ray Manzarek. Brano ossessivo, sicuramente ispirato dalle sostanze stupefacenti. “Soul kitchen” è sottolineata da voce ed organo fino alla “sterzata”, splendida, evidenziata dalla voce arrochita e rabbiosa di Jim e dalla “battuta” caratteristica di Manzarek all’organo. Si segnala pure il notevole lavoro di Robbie Krieger alla chitarra. Uno dei classici del disco. “The Crystal Ship” è una capolavoro da brividi! Voce profonda di Morrison, dilatazione progressiva della canzone sulle note liturgiche dell’organo. Bella pure la parentesi, breve, pianistica ed il levarsi alto della rabbiosa voce del leader, nel finale. “Twentieth century Fox”, dedicato alla casa cinematografica “del leone”, è un pezzo solenne e spezzato. Il riff battente nel quale Jim ripete all’infinito il nome della casa cinematografica è bello così come l’amplificarsi delle contorsioni chitarristiche e dell’organo. Ottima. “Alabama song (Whiskey bar)” è cabaret di Kurt Weil e Brecht, interpretato in modo drammatico da Morrison, con cadenze saltellanti e spleen quasi satanico. “Light my fire” è come la “Starway to heaven” dei Led Zeppelin: Immortale. Qui è più estesa rispetto alla versione del singolo (il secondo dal disco) al n°1 in assoluto in Usa nell’estate del 1967, vero e proprio inno generazionale e d’amore. Il riff “circolare” impresso all’andatura dall’organo indimenticabile di Manzarek e la voce sensualissima di Morrison ne hanno fatto un brano leggendario! Poco da aggiungere. Perfetta pure nel lungo “solo” dell’organo e nell’intervento altrettanto esteso della chitarra di Krieger. Ricordo che i Doors erano privi del bassista che veniva sostituito dai pedali della pedaliera dell’organo di Manzarek sui bassi. “Back door man”, riadattamento di un pezzo di Willoie Dixon, è un blues “animalesco” ben riletto. “I looked at you” è un’altra bella canzone, tipica del quartetto di Los Angeles. Bravi sia Manzarek che Densmore (alla batteria). “End of the night” è un altro dei capolavori del disco. Ballata pallida, “lunare”, costruita su echi e riverberi, che fanno rabbrividire e con la voce di Morrison fantastica. Bellissima! “Take it as it comes” è un altro capolavoro “alto”, con la voce del cantante e l’organo di Manzarek strepitosi. La lunga ed ipnotica “The end”, “This the end, my only friend, the end”, come cantava Jim, canzone sulla morte, fa venire la pelle d’oca ancora oggi. Chiusura sepolcrale e disperata di un capolavoro inestimabile. THE DOORS = Le porte che aumentano la percezione sensoriale

The Doors Book Cover The Doors
The Doors
Rock
1967