Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

Questo è uno di quei “pezzi unici”, realizzato il quale gli artisti ma pure il Padreterno, hanno buttato via lo stampo. Erik Purkisher (in arte LUX INTERIOR) e sua moglie, compagna di una vita e d’arte Ivy Rosharch (POISON IVY = Edera velenosa) si incontrano da giovanissimi e non si lasceranno mai, fino alla morte di lui per un infarto, il 4 febbraio 2009 (sono già otto anni che non è più con noi). E come si incontrano? Lui le dà un passaggio in auto (nella biografia del gruppo dice: “Appena la vidi ebbi un’erezione incontenibile!”) e scoprono subito di avere una serie di passioni in comune: il rock ed il rockabilly Anni Cinquanta, i sexy movies ed il porno, i film dell’orrore, “i classici” di quel settore in bianco e nero, con Lon Chaney Jr. (L’uomo Lupo), Bela Lugosi (Dracula), Boris Karloff (il mostro di Frankenstein), Vincent Price (n° 1 assoluto del settore), Peter Lorre (M-Il mostro di Dussendorf) e via ad andare, le auto sportive decappottabili di quegli anni, insomma un armamentario quantomeno inconsueto. Morto Erik, il gruppo scomparirà dalle scene: impensabile un altro frontman come lui per quella musica. Il gruppo si caratterizzerà da sempre, almeno nei primi splendidi albums, per l’assenza del basso. Voce, 2 chitarre (una è di Ivy) e batteria. A tal proposito, serve trovare al più presto un altro chitarrista ed un batterista. Le scelte cadono sul tenebroso tossico ma rudemente efficace Bryan Gregory, che di droga in overdose morirà il 10 gennaio 2001 dopo aver abbandonato la band subito dopo questo disco, fisicamente dall’aspetto davvero lugubre, con una lunga frezza-mesh liscia bianca a cadergli davanti al viso scavato ed sul batterista Nick Knox, percussionista imperturbabile, un po’ come Charlie Watts degli Stones, che non fa una piega, anche nei momenti più belluini e scatenati sui palchi di mezzo mondo. Tutti e quattro amano vestire di nero e così sono ritratti sull’indimenticabile copertina. Se a questo si aggiunge che il produttore è il grande Alex Chilton (già cantante della celeberrima The Letter coi Box Tops nel 1967, n° 1 di Billboard nei singoli), il capolavoro è assicurato ed in effetti, l’album è da urlo! “Le canzoni che il Signore ci ha insegnato” si riferiscono a quelle di Lucifero, l’angelo del male. E la musica, da subito ribattezzata Voodobilly, cioè rockabilly virato in nero, non delude, anzi esalta alla grande. In questo magistrale album i Cramps reinventano sia il linguaggio che gli archetipi della musica rock. Psichobilly, garage e rockabilly degli Anni Sessanta girato in black, attraverso un suono che riesuma i cadaveri tumulati e ne frantuma le ossa, con la sua propensione per gli anfratti più scuri e polverosi di tale suono. La batteria diviene a questo punto una sorta di battito rituale, rintocchi ripetuti che danno l’avvio ai numerosi capolavori qui contenuti. “TV Set”, “Garbage Man “, cantati quasi durante un orgasmo sessuale, “I was a teenage wherewolf”, rappresentazione della vita straziante di un lupo mannaro, attraverso i rumori mefistofelici della chitarra dell’ineffabile Gregory, il cantato da invasato appena uscito da una casa di cura di Lux Interior, che strilla, va sui bassi, mugola, canta arrotando i denti come una belva infernale, mentre la sua rossa compagna Poison Ivy tiene botta alla grandissima. Suona sporco, metallico, talora “grasso”, questo disco, ma è un’autentica forza della natura. Quello che viene rappresentato è il lugubre immaginario di B-movies dell’orrore, quale punto fermo. “Zombie Dance” pare una passeggiata accanto ad un deforme affetto da tic spastici, “Fever” la ripresa, a modo loro, di un classico senza tempo, incastrati tra la piattaforma ed il ponte levatoio che sta alzandosi di un maniero scurissimo. La loro indistruttibile voglia di destrutturare il rock dei Cinquanta è del tutto anti calligrafica. I Cramps del punk sono fratelli di sangue ma non esecutori. La musica se la scelgono e la suonano loro e basta. Hanno, però, la stessa energia cavernicola di quella musica e di quell’approccio. Non sono interessati a qualsivoglia tipo di revival. Maltrattano tutto e tutti ed è giusto così. Loro possono permetterselo: assolutamente unici. Un altro pezzo in quei, aumentati, miei 20 dischi preferiti di bands di sempre. Capolavoro. Buon ascolto (ma con la massima attenzione da parte vostra).

Songs the Lord Taught Us Book Cover Songs the Lord Taught Us
The Cramps
Rock
1980