Diploma maturità classica – Laurea in Giurisprudenza in 3 sessioni e mezza – Pratica legale – Pallavolista di successo – Manager bancario e finanziario – Critico musicale dal 1977 – 6 mesi esperienza radio settore rock inglese ed americano – Studi continuativi di criminologia ed antropologia criminale – Lettore instancabile – Amante della letteratura noir e “gialla “ – Spietato con gli insignificanti. Fabio è venuto a mancare nel maggio del 2017. Ma noi abbiamo in archivio molte sue recensioni inedite che abbiamo deciso di pubblicare perché sono davvero parte della storia della critica musicale italiana

I più bravi di sempre. Il combo più rivoluzionario dell’avanguardia del jazz prima, del jazz rock multietnico poi. ENORMI.
La facciata registrata in studio più “alta” di sempre, 4 composizioni inarrivabili per chiunque, una voglia di sperimentare mai più raggiunta da alcuno, nemmeno da loro stessi che di capolavori ne consegnarono alle stampe SETTE di seguito fino al 1977 .
“I sing the body electric” (Io canto il corpo elettrico) è il disco dei dischi. Joseph Eric Zawinul, più semplicemente Joe Zawinul, austriaco di Kircvach, tastierista fantastico, autore delle più belle composizioni del periodo elettrico di Miles Davis e successivamente sperimentatore eccelso dei modelli più complessi di Moog, è pure organista, pianista elettrico ed acustico, si incontra col sassofonista di colore Wayne Shorter, il più grande al sax dopo lo scomparso John Coltrane, sia al tenore che al soprano e forma i Weather Report (Bollettino Metereologico) nel 1971. Entrambi hanno suonato nei capolavori della svolta elettrica di Davis, come “In a silent ways” e “Bitches brew”. Zawinul è scomparso per un cancro a Vienna l’11 settembre 2007 e pare impossibile siano passati DIECI ANNI dalla sua scomparsa, dalla scomparsa del mio tastierista preferito di sempre del mio gruppo preferito di sempre, i Weather Report! Qui siamo nell’AVANGUARDIA e nel jazz più sperimentale. La formazione, oltre ai due fondatori, assieme dal 1971 fino al 1986, comprendeva il funambolico contrabbassista cecoslovacco Miroslav Vitous, una delle poche leggende viventi del contrabbasso, Eric Gravatt alla batteria e Dom Um Romao, brasiliano, alle percussioni (anch’egli scomparso il 27 luglio del 2005 ad ottant’anni). Il punto più alto del quintetto, nonostante l’avvento dell’inventore del basso elettrico senza tasti, il leggendario Jaco Pastorius, successivamente, nel 1976. Le quattro composizioni sono così suddivise: la prima e la quarta sono di Zawinul, la seconda di Shorter e la terza di Vitous. “Unknown soldier”-“Il milite ignoto” (ci vollero più di due mesi per completarla) è la rappresentazione concreta degli orrori della guerra. Mi ci volle più di un anno per “penetrare” bene questi suoni e farli diventare una melodia, per quanto difficile, nella mia testa. Ero uno studente universitario affamato di “cose oltre” e loro mi diedero pane per i miei denti affilatissimi, ancora oggi. Il brano si apre col coro lugubre a bocca chiusa, senza parole, delle madri dei giovani morti in guerra. Raggelante. Zawinul disse: “Quando alfine uscimmo dalla sala di registrazione, eravamo tutti consapevoli di avere creato una pagina immortale!”. Il contrabbasso di Vitous rimbomba, la batteria di Gravatt è solo sui piatti, mentre Shorter al sax soprano intona il “de profundis”. Poi il piano fatato di Zawinul ed il contrabbasso davvero incredibile di Vitous entrano in amplesso col soprano del grande nero di Newark, stato di New York, ed i brividi ti sconquassano le membra, come allora, più di allora. Difficile rendere con le parole quello cui si assiste come suoni. Arrivano la “marcia militaristica”, ” le sirene dei bombardamenti” (Synth di Joe), i “proiettili pianistici” e poi “un jazz della Madonna”! Serve “cultura” per capire questo gigante sonoro. Il sax di Shorter è devastante, qui al tenore. Sette minuti e cinquantasette secondi che tornano sul bisbigliare delle donne senza parole. DOLORE.
La catarsi è affidata al piano di Joe ed al soprano di Wayne. Attoniti oggi esattamente come allora, ci inchiniamo deferenti. Ma quelli che vanno in giro ancora oggi, dopo 45 anni (!) spacciandosi per musicisti? “The moors”, come detto è di Shorter, si apre sul suono cristallino della chitarra a 12 corde di Ralph Towner, già leader degli Oregon, poi, parte una progressione galoppante ed apparentemente indistinta, ma non è così, perché Shorter ti artiglia il cuore con note che lacerano la pelle quanto a commozione. Il contrabbasso, sempre al centro, con una “batteria zoppa”, dal ritmo saltellante, come un cane a tre zampe, La chitarra continua a sezionare note, mentre l’ascesa del sax prosegue, sui sibili liquidi del synth di Zawinul, Provate a dire di non avere la pelle d’oca, qui! Tutto è perfetto e commovente fino alle ossa. Si sfuma sul sibilo del sintetizzatore. Enorme /i. “Crystal”, di Vitous, arriva dalla terza dimensione su echi e vento di Zawinul. Così come la sua improvvisa battuta di organo ed il sax soprano di Wayne. Incredibile il lavoro di tessitura “scalare” di Joe al Fender Rhodes. Poi, sax ed organo in copula. E Miroslav che slabbra le corde del proprio contrabbasso, mentre sale una nebbiolina porpora che ci avvolge in un sogno che non si delinea bene. Il sax è fondamentale, protagonista, Shorter suona qui, forse, come non aveva mai suonato prima, infine, un minimo di orecchiabilità (qualcuno direbbe, finalmente!), con percussioni, basso e piano elettrico assieme al soprano. Ombre ci accompagnano nel finale. Bellissima . “Second Sunday in August”, di Zawinul, si apre sulle note liquide e festose dell’organo. Contrabbasso palpitante e rombante. Sax soprano ancora al proscenio. Il tempo spezzato di Joe non si dimentica. La melodia è stupefacente e Shorter e Joe grandissimi. L’intreccio crea una melodia astrale, personalissima, sospesa, ma pure concreta. Si starebbe ad ascoltarli per sempre, quel contrabbasso, quell’organo, quel sax. In una parola: sfondati tutti i limiti possibili. La seconda parte del disco comprende una porzione di un concerto registrato a Tokyo il 13 gennaio del 1972, che avrebbe fatto parte, per intero, del doppio “Live in Tokyo”, altro pezzo da novanta nella loro discografia, di cui in studio e dal vivo ho tutto. Il Medley: “Vertical Invader”, “T.H.” e “Dr. Honoris Causa”, di più di dieci minuti è un torrente di lava eccezionale. Il pubblico giapponese ha gli occhi fuori dalle orbite. “Surucucù” e “Directions” completano da par loro questo n° 1 dei capolavori di ogni epoca . Chi non la vede così, non riesce a capire questa musica è e resterà nano per il resto dei suoi giorni. Voglio che questa mia recensione divenga quella definitiva per un album che ha segnato nel profondo la mia vita. Chiudo con le parole di Clive Davis, allora capo della Columbia-CBS e poi dell’Arista.”
There are two kinds of musicians, who creates and who imitate, Weather Report creates!”. La traduzione è semplice. NELL’ETERNITA’.

I sing the body electric Book Cover I sing the body electric
Weather Report
Jazz fusion
1972