Piero Dal Bon è poeta, saggista, critico letterario. Tra le sue pubblicazioni, volumi anche collettanei su Volponi, Pirandello, Papini, Pavese, Ungaretti, Primo Levi e testi di Moresco di cui ha fatto traduzioni e scritto prefazioni e postfazioni

Scompagine

Di Piero Dal Bon

B. fa i ricatti, quando si gigioneggia sotto la coltre del canguro. Forse la disdetta è questo cielo fermo, senza nuvole brade o escamotage da delinquere. Forse lo stagno è un bruco del diluvio. O un accento di ibisco. Il goffo è una parentesi celeste, mentre l’indugio della quisquila ritorna sul poggio del canguro. L’oltraggio a scarafaggio sul plettro è musica di foca. Sarebbe da invidiare una sorte a minuscola stratosfera. In realtà di principio la stage è negletto nel nome del direttore a capofila di treno. Zacchete e zompete- melodia di cortigiano. Nel fieri del nume- nome o nume e nomeklature. Vaghi segni dell’ostrica (vaghe stelle delle ossa- a ghingheri di status (o quo?). Incide la palla da Wimbledon un suo revival: era la smorfia, era la pausa, era un crinale di mostarda- leggere è sospesa cautela- a nutella di aprosdoketa. Mille male molto meglio- fratello immite ma nel.
Questo diffidere a buono di rammollo, questo ottemperale sfregio che attusa le coccarde dell’infiore- questo mietere bevande a struscio di incollo- senza infidere del cruento a crotone o a scipione di infissi- è un protudere d’infanti inganni a celirina e crocchetta- senza i fatui disdori del mitragliato amore- a scaltra di lenitudine. Lena l’allocchio di un fosso- nel fiumiciattolo scoltre la cabeza dell’ostile scorno- la disadorna è lecita di smagro: pullulio il getto di un crimen dissolto alla questura del mallo tolto- micro e fimo- rambo e dito- ite a meninge tolta- ammanco di un dente nel suffisso. Stallo a controstagnazione- lime riformistiche- inclusioni ad acerbo disdoro- capi d’inchino prolalanti- e nicchie di sotterfugio- lo strame dell’olio è capofiggere di struzzi- nel rio uno starnazzo di capelveneri di fiochi. L’azzardo è un crocchio di crocevia a pelle di perdita: quindi il nesso saliva e salta. Delazione ab maiore- quale strallo adempie la frazione del secondino? Si scappella l’inchino a mestizia di lampione: l’aggrappo è un inclito merlo- che sfarfuglia clemenze di monti e monete- figliare fonemi a scompenso di artificio. E contabilità. mare mosso, lagunare insanie- mitradica delizia. Trifulgere ad agonia di lamelle- ironia a favella linguica. La renditio istoriata è favo vergine di favole.
Assetto a capovolgimento nueronale- sotto le ciglia un nonnulla di fecale smalto: dai bidoni sbucano i tagli a cesura cinese. Quindi il golfo riscende sulla cimice dello spergiuro- colla e basalto, qualche tranello a silenzio di enigma- biglia e piglia- sfarzo a sfolgorio di assenze- mitridate e pulci a scaltra abilità di scorno- roride nequizie delle rancide braciole a lesso di tigrotti- smercia sotto il cruscotto quale lira al collo- dispaccio a dolo di desolazione- smacco di foglia esule et atterrato- non fa una grinza il legname dell’abuso.

In copertina Piero Dal Bon con il poeta Francesco Giusti