Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Sangue di Giuda. L’epopea di un senza nome

Di Geraldine Meyer

“L’altra sera s’hanno arrubbato ‘o televisore”. Con quella che sembra una cosa da niente inizia la storia di Giuda. Un anziano solo, che vive a Merulana, un paese del sud uguale a altri paesi del sud. Non ha nome, non ha denti, a condividere con lui una casa che casa non sembra neanche più, il fantasma del padre e un gatto, Ammonio, vecchiarello e mal messo che non trattiene più la pipì.

Sangue di Giuda, esordio nel romanzo di Graziano Gala, non è solo un libro dal bell’azzardo narrativo. È anche un bell’azzardo linguistico, scritto com’è in un dialetto a metà tra il pugliese e il campano che, non solo si comprende benissimo ma costruisce attorno al testo, e al personaggio principale, una cornice di ritmo e autenticità che non avrebbe avuto altrimenti. Si sorride e si piange leggendo queste pagine e questa storia in cui il furto di un televisore da il via a una discesa negli inferi dell’abbandono, della violenza e di quella arroganza nauseabonda con cui si traveste il nulla che si pensa potere.

Giuda non ricorda più nemmeno il suo nome, da quanto il padre, manesco e volgare, lo chiama così mentre lo picchia. E l’abbandono è sia del nome che manca sia della madre che, quella volta, non lo ha difeso. Comincia tutto da lì. Una storia di incuria umana in cui Giuda si dibatte tra una figlia che lo ignora, un paese che lo deride e ne fa la vittima predestinata e una moglie, amatissima, che lui non sa neanche che fine abbia fatto. Fino a quando ritrovare il suo nome sarà ritrovare lei. Ma a che prezzo? A che condizione.

Giuda racconta a noi la storia raccontandola a un commissario che ne raccoglie la denuncia del furto del televisore, con poco interesse, lasciando l’anziano nella perenne posizione del marginale. Ma sarà proprio da quel margine e per quel margine che Giuda può farci arrivare parole che non si dimenticano. Perché se il margine sembra rinchiudere è anche ciò che consente di dire.

E allora la sua storia è quella di tutto un ambiente malato e melmoso, ipocrita e violento, in cui la politica è lo sporco gioco dei favori paesani, in cui la diversità non è accettata in pubblico ma frequentata con il favore delle tenebre. E sarà proprio il furto di un vecchio e malfunzionante televisore a diventare il pretesto per portare Giuda, e noi con lui, in quel mondo di disperati, violenti e persi, che facevano parte della sua infanzia e che, cinquant’anni dopo, sono ancora lì, uguali a sempre. Più uguali di sempre.

Non vi è dubbio che la scelta del dialetto doni a Sangue di Giuda un vero e proprio sapore epico, l’aura di un racconto tragico per quanto venato da sprazzi di ironia. Giuda paga un prezzo altissimo ma che gli consentirà di ritrovare più che la sua dignità quella di tutta la sua vita. E la ritroverà proprio nel racconto di essa. Sangue di Giuda è un libro che lacera perché il protagonista non troverà la redenzione che arriva nella falsità delle favole ma “solo” un modo per ricominciare però attraverso, presumibilmente, un nuovo dolore. Ecco la lacerazione. Come se la sua vita fosse una ferita perenne.

Anche per questo l’espediente di trovare in un televisore rubato il deus ex machina da cui tutto parte sembra acquistare un significato ancora più pressante. Come se l’unica voce, per quanto stantia, proveniente dall’esterno della testa di Giuda, fosse un’altra ferita che aveva bisogno di non rimarginarsi per poter diventare voce. Ecco a cosa servono le storie. Ecco perché questo Sangue di Giuda è davvero un libro che andrebbe letto con un senso di gratitudine.

Sangue di Giuda Book Cover Sangue di Giuda
Graziano Gala
Narrativa
minimum fax
2021
171 p., brossura