Laura Vargiu è nata a Iglesias, nel sud della Sardegna. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari con una tesi in Storia e istituzioni del mondo musulmano, è presente con poesie e racconti in diverse raccolte antologiche nazionali. Vincitrice del Premio Letterario “La Mole” di Torino nel 2013 e autrice di alcune pubblicazioni di poesia e prosa, tra cui “Il cane Comunista e altri racconti” (L'ArgoLibro Editore), fa parte della redazione della rivista di poesia e critica letteraria “Nuova Euterpe” e della giuria di alcuni concorsi letterari.

L’importanza di seguire il proprio daimon: intervista all’editore Alessandra Prospero

Nell’attuale panorama culturale del nostro Paese, nonostante le difficoltà da sempre legate al settore, esistono tante storie di impegno, passione e coraggio che meritano di essere raccontate. Storie esemplari e lontane dai riflettori che illuminano solitamente salotti e circuiti letterari, per così dire, blasonati, ma non per questo prive di importanza. Quella della poetessa Alessandra Prospero è una di queste piccole grandi storie che testimoniano il notevole e vivace fermento quotidiano esistente nelle “periferie”, se così possono essere chiamate tutte quelle realtà locali dove adoperarsi a favore della cultura non è mai cosa semplice.

Nata a L’Aquila quarantaquattro anni fa, Alessandra vive e lavora nella propria città natale. La sua attività abbraccia nel contempo la poesia, sua prima e sempre vivissima passione, il giornalismo e l’editoria. Un curriculum ricco e variegato, il suo, al quale non mancano gli studi classici e nemmeno una laurea in Scienze dell’Investigazione, conseguita presso l’Ateneo aquilano, nonché anni di esperienza come recensionista ed editor. Come giornalista, invece, ha lavorato per una importante testata locale, Il Capoluogo, sulle cui pagine cura oltretutto, fin dall’inizio della quarantena dei mesi scorsi, una rubrica poetica molto interessante, e collabora con Radio L’Aquila occupandosi settimanalmente di libri. E proprio dell’amore per la lettura, come lei stessa afferma, ha fatto la sua professione: nel 2018 ha fondato la casa editrice Daimon Edizioni che, seppur ancora giovane, oltre ad avere un catalogo di grande qualità, partecipa attivamente a manifestazioni e fiere dell’editoria a livello nazionale.

Premiata nell’ambito di numerosi concorsi letterari, Alessandra Prospero ha all’attivo quattro pubblicazioni personali, di cui l’ultima reca il marchio editoriale della Daimon. Ma, riguardo al suo impegno sul fronte della poesia, c’è anche altro da raccontare. Dunque, conosciamola meglio…

Alessandra Prospero

Alessandra, iniziamo dal suo libro, “Nel giardino di Hermes”, uscito poco prima dell’inizio della quarantena. La raccolta prende il titolo da una bellissima lirica, a suo tempo vincitrice di un importante premio letterario. La sua è una scrittura particolarmente suggestiva, densa di significati profondi che si nascondono abilmente tra versi e parole che, nel caso specifico di questa pubblicazione, rimandano alla sfera dei sentimenti e degli affetti. Ci può parlare di questo suo giardino di Hermes, anzitutto luogo simbolico e dell’anima?

Questa poesia vinse la prima edizione del Premio Milano International, nel 2017, sezione poesia inedita. Il giardino di Hermes, come scrivo anche nella prefazione al libro, è per me un luogo dell’anima. È infatti nei giardini odorosi che coltiviamo dentro di noi e occultiamo al mondo che spesso si celano le nostre chiavi di lettura più profonde, i nostri segreti, i nostri trascorsi, le nostre ambizioni e quei legami affettivi che, anche se ormai anacronistici, abbiamo interiorizzato come una delle nostre più innate peculiarità. Questo luogo dell’anima include dunque anche presenze che non ci sono più, quantomeno apparentemente. Del resto, Hermes-Mercurio è il dio della soglia (tra regni), dei confini e degli scambi: li regola e li governa.

Oltre che poetessa, lei è anche giornalista e, da qualche anno, addirittura editore. Come e quando nasce il progetto della Daimon Edizioni e quanto tempo è stato necessario per riuscire a realizzarlo? A chi ancora non conoscesse la sua casa editrice spieghi il significato del nome e del logo scelti.

Il progetto della Daimon Edizioni nasce come risposta a una chiamata, del mio daimon appunto, quindi come obbedienza a una vocazione. Il daimon a cui mi riferisco è quello che teorizzò James Hillman, delineandolo non solo come demone creatore ma come missione, riprendendo il mito platonico di Er. Ognuno viene al mondo con una vocazione, anche se al momento della nascita dimentica di avere un compagno che lo accompagnerà per tutta la vita. Eppure il daimon ci accompagna, ci guida e insiste pervicacemente portandoci su alcuni percorsi invece che su altri. Non a caso il logo della casa editrice è la ghianda con la quale Hillman si raffigurava il talento personale di ognuno, la sua inclinazione, la sua vocazione. La Daimon Edizioni è nata da due anni: i sacrifici sono molti perché il settore editoriale ha molti ostacoli sia interni sia esterni, non ultima la convinzione di aspiranti autori e/o editori o sedicenti tali di poter rimpiazzare la competenza, il know how e il fattore umano con l’improvvisazione e con l’autopubblicazione indiscriminata.

Quali sono le maggiori difficoltà a cui chi opera nella piccola e media editoria deve fare fronte? Nel caso di una donna, anche sulla base della sua esperienza personale, pensa che si corra il rischio di incontrare ostacoli aggiuntivi?

Gli ostacoli sono numerosi, primo fra tutti la filiera editoriale. Lo scambio e la distribuzione dei libri sono ancora troppo legati a dinamiche di potere e/o di favore. Ci vorrebbe Hermes anche qui… Per quanto riguarda il resto, io sono una persona molto diretta: essere una donna purtroppo porta comunque a ulteriori barriere da superare. Sulle locandine accanto al mio nome io faccio scrivere “editore” perché, quando io lavoro o presenzio agli eventi, a nessuno deve importare a quale genere io appartenga ma solo come svolgo il mio ruolo. La cosa più importante non è la parità tra i generi ma tra le persone, concetto ancora troppo lontano forse.

Quali, invece, i problemi che la Daimon ha dovuto affrontare nei mesi scorsi a causa dell’epidemia, quando, con la quarantena, presentazioni ed eventi letterari vari sono stati all’improvviso cancellati e rinviati a data da destinarsi?

Nei mesi scorsi ho dovuto annullare a malincuore due mesi di eventi già fissati; del resto l’interesse prioritario era quello sanitario, per tutti. Indubbiamente ci sono state delle perdite ma parallelamente c’è stato un incremento di attività a livello virtuale, fiere comprese. Con i miei autori abbiamo partecipato a Italia Book Festival, Abruzzo Book Festival, Bukitaly e tanti altri episodici interventi in diretta sui social. Tutto ciò ci ha aiutato ad andare avanti e a fare anche di più. Lo scorso 27 giugno abbiamo potuto ricominciare con la prima presentazione in presenza, quella del libro “Il ginepro e l’oleandro” di Vittoria Cecilia Di Biase, rigorosamente a numero chiuso, su prenotazione e secondo tutte le attuali disposizioni in materia anticovid (termoscanner, distanziamento, mascherine e gel igienizzante): è stato davvero emozionante.

So che lei è molto impegnata nella sua veste di editore e cerca di far conoscere il suo marchio editoriale anche al di fuori dell’Aquila e dell’Abruzzo in generale. Come organizza la sua attività e come riesce a conciliarla non solo con gli impegni in redazione, ma anche con quelli familiari?

            Con mio grande rammarico, ho ridotto molto la presenza in redazione per dedicarmi a tempo pieno alla mia attività di editore: gli autori hanno voglia e bisogno di essere seguiti ed è giusto così. Del resto i compiti, le scadenze e le cose da fare sono quantificabili nell’ordine dei milioni, per cui già così 24 ore sono poche… Lo stesso discorso non vale per gli affetti familiari, i quali però, spesso e volentieri, mi seguono e mi supportano.

Ho già avuto occasione di leggere diversi libri pubblicati dalla Daimon, incluso il suo di cui abbiamo parlato all’inizio, e, appunto da lettrice, non ho potuto fare a meno di notare per ogni singolo testo, al di là del talento di ciascun autore, una grande cura editoriale da cui traspare l’infinita passione per il lavoro che lei svolge e per la cultura in generale. Presumo che la scelta dei materiali sia molto selettiva. Quanti titoli riesce a pubblicare in un anno?

            Finora sono sulla non altissima media di 10 titoli all’anno. Mi piace lavorare così: voglio seguire l’autore dall’arrivo in casa Daimon, con i suoi sogni e le sue titubanze, fino alla classica e immancabile cena post prima presentazione, momento conviviale in cui la tensione si scioglie e si brinda al buon risultato. Tra questi due momenti c’è un percorso certosino di selezione, labor limae, revisione e indirizzamento finale. Io sono sempre molto presente perché ogni libro che viene pubblicato è come un figlio.

Rifarebbe oggi la stessa scelta, quella cioè di mettere in piedi una casa editrice? Che cosa si sente di consigliare a un giovane interessato a percorrere la medesima strada?

            Io personalmente la rifarei mille volte, perché è il mio daimon! Per quanto riguarda gli altri posso solo consigliare a ognuno di seguire parimenti il proprio daimon e la regola aurea dell’alterum non laedere, che mi sembra la base di tutto.

In poche parole, croci e delizie del suo lavoro. 

            Molte persone hanno un’errata percezione del sentimento di sé ma anche dell’educazione. Mi capita di ricevere mail che in tono non propriamente garbato chiedono informazioni sulla casa editrice, sul suo modus operandi, su un ipotetico contratto di pubblicazione, senza neanche inviare una sinossi, nulla. Se invece inviano un file per la valutazione pretendono che i tempi della stessa siano più che celeri. Sovente ricevo file sgrammaticati, pieni di refusi e – la cosa più grave – noiosissimi. Poesie vecchie (non antiche), proprio vecchie, che non hanno più nulla da dire, stantìe. Trame trite e ritrite, titoli sentiti già un milione di volte, e personalità scriventi che hanno un ego che può fare ombra all’equatore. Non ci siamo. In primis ci vuole educazione quando ci si presenta o ci si propone a un editore: se risultate maleducati o antipatici all’editore che vi deve pubblicare, figuriamoci come risulterete al pubblico che vi dovrà leggere… Educazione, umiltà e nessuna ruffianeria: la captatio benevolentiae non funziona se non sapete scrivere. Di contro, per gli autori che valgono, sono disposta a intraprendere un percorso lavorativo e umano soddisfacente e a lungo termine. Non pubblico mai il libro di un autore con cui non prenderei neanche un caffè: mi piace lavorare con persone perbene e non scontate.

Al di là della Daimon Edizioni, lei è molto attiva anche con la Compagnia dei Poeti dell’Aquila, alla quale ha dato vita nel 2016 insieme al poeta Valter Marcone. Ci racconti qualcosa di questo che io reputo un bellissimo e preziosissimo impegno a favore della poesia anzitutto nella vostra città.

            La Compagnia dei Poeti è un gruppo di lavoro nato qualche anno fa come progetto di inclusione poetica. Ora è rimasto in piedi come progetto di qualificazione poetica che è cosa ben diversa dall’inclusione: non tutto, ahimè, è poesia. La poesia va praticata sì, ma a buoni livelli. Noi organizziamo reading, letture, eventi anche a tema e in costume come “Miti e muse”, la rivisitazione poetica degli dei greci ad opera del nostro gruppo. Abbiamo divulgato la poesia, con tanto di sperimentazione, in diversi consessi e in diversi festival e ogni anno declamiamo versi in occasione della Perdonanza celestiniana dell’Aquila, manifestazione conosciuta in tutto il mondo. Poesia, sperimentazione e cultura: questo è la Compagnia dei Poeti dell’Aquila.

Uno degli eventi organizzati dalla Compagnia dei Poeti dell’Aquila

A suo parere, che ruolo svolge la poesia in un mondo come quello attuale e quale futuro l’attende? Essa, come sostiene qualcuno, salverà davvero il mondo?

            Il mondo attuale ha più che mai bisogno di poesia: viviamo in una annoiata e ignorante società del conflitto, mala tempora currunt… La Poesia potrebbe salvare il mondo se essa fosse al servizio di individui mossi da interessi alti e non da gretti personalismi che sempre più spesso riscontro in giro, purtroppo. Eppure spero e spererò sempre che l’amore per il Bello e per la Vita (la vita è atto poietico per eccellenza) vinca su tutto.

Perché non concludere questa nostra chiacchierata con uno dei “fiori” sbocciati nel suo giardino di Hermes? Quali versi vuole regalarci?

Chiuderei a questo punto l’intervista – per cui vi ringrazio di cuore – con i versi dedicati al più prezioso dei fiori sbocciati nel mio giardino: mio figlio Sebastiano. Gli dedicai anni fa questa poesia, “Tu sorridi”.

Dolce,
tra le nervature del freddo

schivo un amoroso artiglio
e bevo, bevo dalle tue melodiose ciglia
che ignorano cime tempestose
di cronache algide
imperterrite e immutabili.
Di faraglioni lontani, 
di rimembranze insolite
di palpitanti tentennamenti di zucchero
di albe odorose e di assoli dolenti
invece mi parli adagiandomi 
sulla morbida rete
del trapezista.
E sogni, sogni, sogni
di infrangibili giostre di cristallo 

e cavalli di miele con piume di brezza
dopo una bruma ventennale.
E tu, nettare, sorridi…

            Ringraziamo Alessandra Prospero per questi suoi versi e l’intervista che ci ha gentilmente concesso, augurando a lei e alla Daimon Edizioni un futuro ricco di tanti nuovi successi.

È possibile visionare il catalogo della casa editrice sul sito web www.daimonedizioni.com .