Vive a Reggio Calabria. Dopo anni passati fuori per lavoro, è ritornato nella sua città. Blogger, appassionato di fotografia, musica e cinema. Presidente dell'associazione culturale Fahrenheit 451. Vincitore del concorso fotografico “Calabria-back to the beauty” (Calabria Contatto). Ama la letteratura, con una predilezione per gli scrittori di fine Ottocento e Novecento. E’redattore del magazine Suddiario e collabora con Relics-Controsuoni (rivista musicale). Si pone come obiettivo quello di condividere la valorizzazione del territorio e del mondo visto con gli occhi della gente del Sud.

Explosions in the sky – The Wilderness

Il sound degli Explosions in the sky è una vera esplosione di suoni, un post rock cosmico, caratterizzato da tempi lenti, silenzi, arpeggi di chitarra appena accennati, e poi la tempesta sonora che si abbatte come una cascata elettrica.

Gli Explosion in the sky (Foto da wikipedia)

Il genere che suona la band di Austin non è di semplice assimilazione, il loro è un sound al quale ci si deve avvicinare in modo totalizzante, senza preconcetti lasciandosi magicamente trasportare, cercando di catturare le immagini che la vostra mente elaborerà.

Nati verso la metà dei novanta, assimilabili più agli irlandesi God is an Astronaut, non hanno la forza dirompente dei Mogwai, sono più calmi e soffici nel loro tratteggiare un muro del suono caratterizzato da lunghe ed epiche cavalcate sonore. Il nuovo album – The Wilderness – si discosta in parte dai precedenti lavori in quanto viene accentuata la presenza di tappeti elettronici, come nei primi due brani del disco (Wilderness; The Ecstatics).

Il brano migliore risulta essere Disintegration Anxiety, proprio perché viene  condensata in 5 minuti l’essenza della musica degli Explosions, fatta di quiete ed esplosioni improvvise. Emblematico l’arpeggio silenzioso dell’incipit, cui fa seguito un martellante riff di chitarre abrasive. Mutevole e sognante è anche Infinite orbit, pezzo notturno che ci trasmette un landscape sonoro che ci fa fare pace con noi stessi.

Il quartetto texano ha abbandonato temporaneamente le lunghe suite, per un un suono più snello, meno dilatato, ma il focus rimane pur sempre post-rock, caratterizzato dal sali/scendi tipico del genere.
Empatici e cerebrali.