Nato a Como, di origine salentina, Alessandro Vergari vive da diversi anni a Bari dopo essersi laureato in Filosofia all'Università Statale di Milano, con una tesi sul rapporto tra guerra e giustizia. Una geografia complicata? Forse. Alessandro scrive recensioni e articoli su diversi blog. Cinema, letteratura, musica e cucina (in qualità di consumatore finale) le sue principali passioni. Ama il sole e il mare. Sulla politica attualmente non si pronuncia. "Ho dato abbastanza", queste le sue dichiarazioni in materia.

A Francesco Postorino, giovane filosofo italiano, dobbiamo la ripresa di un autore, Benedetto Croce, e di un tema, il rapporto tra lo specifico storicismo crociano ed il pensiero liberalsocialista nelle sue varie forme. Una proposta felicemente inattuale nell’asfittico contesto del nostro dibattito pubblico e politico. Croce e l’ansia di un’altra città è un libro pubblicato dalla casa editrice Mimesis, con la prefazione di Raimondo Cubeddu.
Il volume si compone di tre sezioni, distinte ma collegate da un filo analitico e narrativo. Nella prima parte, Postorino esamina il crocianismo nella sua essenza teorica, sospesa tra due concezioni di libertà, filosofica versus religiosa, mai pienamente conciliate e all’origine di aporie; nella seconda affronta lo spinoso nodo filosofico dello “pseudoconcetto”, alla base della divaricazione etico-politica tra il massimo esponente, insieme a Giovanni Gentile, del neoidealismo italiano da una parte e gli “azionisti” dall’altra; nella terza sezione, Postorino si addentra in un serrato confronto fra Croce e alcune figure di prima grandezza della nostra cultura, filosofi iscritti nell’alveo del socialismo liberale, del personalismo o prosecutori originali dell’attualismo gentiliano: Guido Calogero, Guido De Ruggiero, Norberto Bobbio e Aldo Capitini.
Postorino muove da una domanda, relativa alla posizione del male, o più propriamente del negativo, all’interno del sistema crociano. Dalla risposta a tale domanda deriva una tesi, centrale nell’economia del libro, che è utile anticipare. L’indirizzo speculativo di Benedetto Croce, in virtù del movimento irresistibile dello Spirito concretamente incarnato nelle opere umane (sintesi a priori), risolve al positivo ogni fenomeno sociale, compresi gli squilibri economici e le tensioni tra le classi. Un caposaldo teorico rigido, un presupposto fatale per le ambizioni del (suo) Partito Liberale, ricostituito nel secondo dopoguerra. Ai liberali è sottratto l’impegno concreto verso quei ceti e strati di popolazione offesi dal Fascismo, regime che Croce, notoriamente, avversò. L’impaccio nella prassi, interpretato da alcuni come una diserzione dai campi del normativo a favore di un provvidenzialismo storico insoddisfacente, compresa la tendenza a svalutare i contenuti programmatici di stampo sociale, prima e durante il Ventennio accelera il consolidarsi di posizioni divergenti dal dettato crociano. Sono proposte caratterizzate da una maggiore ansia riformista e desiderose di azione. Fioriscono polemiche, distinguo, (ri)scoperte, contaminazioni, precisazioni dottrinali, il tutto negli argini del vasto campo del liberalismo e del socialismo democratico italiano della prima metà del Novecento. Ripristinata la democrazia, azionisti, socialisti e comunisti dimostrano un vigore sconosciuto ai paludati liberali.
La dialettica di Croce può solo illuminare la scena di quattro protagonisti: il bello, il vero, l’utile, il bene. Le componenti ‘negative’ non usufruiscono di un diritto di cittadinanza entro il suo nucleo sistematico. Il negativo, al pari del sentimento religioso, deve essere vinto e subito. Il bello contrasta il brutto e lo vince, anche se la lotta non si capisce bene dove possa avvenire”. E ancora, poco più avanti: “Il modello schematico dell’autore corrobora l’a priori. La religione e la filosofia si connettono in un senso opposto alle intenzioni professate da Croce. L’identità dell’immanente cede il luogo all’identità astratta di un Sollen, che non si può estirpare. Lo storicismo diviene il bisogno di assolutizzare il concetto puro della storia: la scrittura preordinata di una verità che ignora colpevolmente l’ospite indesiderato (il negativo)”.
In Croce tutto è storia. Nella filosofia sistematica dei distinti (estetica, logica, economia, morale), la libertà come necessità, alias il momento religioso, si piega al giogo dell’immanenza, ad una libertà come determinazione, di volta in volta declinata in differenti modi, sempre però riconducibili alla tetrade originaria: 1- espressione artistica perfettamente compiuta, 2- concetto filosofico intrecciato sinteticamente con le particolarità della storia, o ancora 3- utile, funzionale allo svolgimento del reale, o infine 4- volontà individuale che vuole l’universale. Secondo Postorino, il Sollen, l’atto di fede originario, sempre in circolo nel Sistema, pulsa sotto la superficie dei giudizi e delle creazioni umane, determinandone la verità. Ad esempio, una tela o una scultura, nell’ottica crociana, sono giudicate belle e non brutte perché la libertà dello Spirito ha già vinto la battaglia contro l’oscurità, nell’istante stesso in cui l’opera è realizzata. Lo sforzo, i tentennamenti, le prove scartate, i dubbi dell’artista non sono rilevanti né su un piano storico né a livello di biografia individuale. Il brutto è fuori dall’Estetica e quindi dalla Storia, il negativo è sempre espulso dalla Realtà. L’artista è solo “uno strumento necessario che determina risultati storici”. Trascendentale, Sollen, o Dovere che dir si voglia, costringono Croce a condividere “un’esaltazione kantiana della sintesi a priori”, che deruba le opere del loro senso più profondo, in quanto, nodo rilevante, l’esito formale di un processo (l’atto) accade nelle forme di una libertà trionfante sul negativo (il male) e dunque solo a quel punto qualcosa è (quando lo Spirito storico ha già vinto), mentre prima non vi è nulla di essenziale (ovvero concettuale, vero, libero).
Il pensiero di Croce, afferma Postorino, è un’autosintesi originaria. Laddove le realizzazioni storiche, siano esse di natura estetica, politica, morale o puramente filosofica, non trionfano sul negativo, restano al di qua della sintesi e, letteralmente, non sono. Nella sfera etica, l’uomo è libero solo quando vuole l’Intero. La Realtà è l’Universale e l’individuo è reale in quanto è insieme universale. Gli individui sono operai che lavorano per il Tutto e lo possono fare solo in un modo: raccogliendo in sé “il farsi delle opere contenute nelle altre forme”. Quali sono gli effetti, sul singolo, di questa prescrizione crociana, in cui “la storia e lo spirito si identificano in materia simmetrica”? Quasi di alienazione e straniamento, suggerisce Postorino, un risultato sorprendente se si pensa allo status di Croce, filosofo par excellence del liberalismo: “questo divenire non è la storia che sentiamo scorrere nelle nostre vene e che si consolida come scena spettacolare davanti ai nostri occhi. La sua sintesi a priori è la sintesi degli opposti. Essa anticipa le continue vittorie della ‘storia ideale eterna’, con i suoi quattro valori, a scapito della storia concreta, la storia dell’oggi, una situazione che accade sul serio, e che non sempre risulta bella, buona o vera, non sempre è intimamente spirituale”. Se il male non è nella storia, dove altro potrebbe essere?
Ogni fatto politico, secondo una disposizione filosofica storicistica, trova la sua ragion d’essere, la sua concretezza, nella convergenza tra Universale e particolare (accadimento reale). Non sarebbero accettabili, poiché assorbiti nella categoria dello pseudoconcetto, giudizi di valore improntati all’equità, al bisogno di democrazia o ad istanze egualitarie, nell’impostazione crociana semplici finzioni fuori dalla Storia, “sostegno pragmatico alle opere dello spirito”. Emblematico il confronto tra il filosofo di Pescasseroli e l’Illuminismo: “la Coscienza raggiunge un livello più maturo soltanto quando scopre che il senso normativo, intenzionato a racchiudere i suoi pur nobili richiami, non può trionfare sull’imperativo del reale, e così si rende conto che non può piegarsi al vangelo dei giacobini. La Coscienza diviene ‘etica’ quando irrompe la verità di un ‘universale concreto’ che non ammette il dislivello tra il Sein e quel Sollen enfatizzato dal pensiero illuminista”. Così, un asse cardinale del pensiero progressista come l’eguaglianza decade, in Croce, a banale servitù del concetto di giustizia. In altre parole, innalzare il valore dell’egualitarismo o principi come la liberazione delle masse o l’emancipazione del proletariato al rango di necessità ideali costituirebbe un cedimento della ragione “a quel comodo irreale che accetta la sua estraneità dal vitale o dalle articolazioni dello spirito”, un errore dovuto ad arroganza ideologica o all’incapacità di cogliere il vero accadere nel tessuto sintetico della storia.
Postorino ci mette di fronte a snodi concettuali dirimenti, che devono pesare sulle nostre coscienze, anche oggi, se vogliamo avere ancora parte attiva nelle vicende politiche, nazionali e internazionali, come cittadini e persone dotate di raziocinio. Appare quasi superfluo sottolineare che la divinizzazione della storia apre la strada al pericolo del giustificazionismo. È siffatta impostazione, trasformata in base metapolitica di organizzazione, ad inchiodare il Partito Liberale alla mera funzione metodologica di difesa delle libertà generali, coincidente con un’afasia di contenuti travestita da “laico pragmatismo”, e ad un immobilismo programmatico presto tramutatosi in conservatorismo. Non è difficile ricavare altri exempla dalle tristi vicende attuali. È un tempo, il nostro, di false libertà e di debolezze diffuse. Davanti a una politica soggetta all’idolatria dell’esistente (è così e non può essere altrimenti; è il potere; è la logica della forza; lo vuole il popolo; la gente ha sempre ragione, ecc.), dovremmo riconoscere le fonti della vitalità del pensiero e scansare le sabbie mobili del fatalismo.
L’imprevedibilità del Reale, la venerazione dell’accadimento (per Croce l’opera del Tutto), sono infatti oggetto di confutazione da parte delle menti teoriche del Partito d’Azione e da parte dei principali interpreti del pensiero liberalsocialista, padri della patria e pilastri dell’architettura costituzionale italiana. Per Piero Calamandrei, che rifiuta l’atteggiamento puro o metodologico di Croce, “il rigido impegno della morale, rimanendo a contatto con la cultura politica e con il senso storico da valutare, assume un prezioso significato pedagogico”. I diritti negativi di libertà, che nel liberalismo classico, di matrice anglosassone, proclamano la necessità di svincolare l’individuo da impedimenti superiori, lesivi della libertà individuale, per Calamandrei non possono che essere bilanciati dai diritti positivi, recanti con sé un progressivo soddisfacimento dei bisogni economici e una graduale conquista di prerogative sociali, precedentemente appannaggio di ristrette élites. Piero Gobetti, altra figura anomala nel nostro panorama intellettuale, si distingue da Croce per il suo “dover essere migliorista”, incapace di accettare l’esistente così com’è e per il voler razionalizzare la realtà mediante il conflitto storico.
Postorino, nell’ultima sezione, accompagna il lettore in una selva di confronti. Dall’Io postulato da Calogero, aperto ad un dialogo con il Tu e con il Lui, condizione trascendentale di un qualunque logos, l’autore passa al post-attualismo di De Ruggiero, segnato da una dialettica che “non vuole rinunciare allo svolgimento dinamico dell’ideale idoneo a spiritualizzare il fatto storico” e in costante evoluzione lungo la linea di un illuminismo romantico. Poi, per chiudere, Pastorino sposta il focus della disamina su due grandi protagonisti della cultura del Novecento, Bobbio, “convinto democratico e critico socialista perché attribuisce una portata elastica al nucleo normativo del liberalismo”, e Capitini, portatore di un messaggio utopico, nonviolento e di un vagheggiato liberalsocialismo “delle aggiunte”, imbevuto di “persuasione esistenzialistica”.
In estrema sintesi, il limite di Croce, timoroso di qualunque trascendenza combaciante con istanze livellatrici, democratiche, gradualiste, sta nel non aver concesso una possibilità di integrazione o di miglioramento alla Libertà, alla Storia, e di aver abolito così la tensione tra ideale e reale, tra Sollen e Sein, salvo poi reintrodurre, surrettiziamente, un nuovo concetto di Utile, equiparato al Vitale, anticipatore di contenuti, nell’ultimo scorcio del suo percorso intellettuale. Azionisti, socialisti, personalisti, esistenzialisti, da angolature diverse e tra loro contrastanti, cercano di riattivare, sotto il Fascismo e all’alba della Liberazione, il discorso politico, di innervarlo di stimoli nuovi, di forzare i bastioni di una filosofia idealistica chiusa in se stessa, di provocare sommovimenti tramite concreti interventi tra le fila della società, evitando di occultare dietro paraventi speculativi le frizioni tra il finito e il sovrasensibile, tra le storie e la Storia, tra il singolo e lo Stato, spostando l’accento sui diritti insopprimibili (giusnaturalismo, razionalismo) o storicamente determinati (realismo, marxismo) della persona, anziché esaltare le opere sotto il dettato di un frigido provvidenzialismo travolto dagli eventi.
Nonostante i limiti ben evidenziati, Francesco Postorino non sminuisce l’apporto complessivo di Benedetto Croce alla filosofia italiana ed il suo impatto, rilevantissimo, sulla cultura del Novecento. Il giovane autore ne mette in luce tutta la ricchezza d’analisi e la potenza dialettica, scrutando nelle contraddizioni. È importante ricordare, in un quadro europeo e internazionale, la lungimiranza crociana nel distinguere il momento economico da quello filosofico, il che significa, in altri termini, il voler separare, nettamente, il liberalismo politico dal liberismo tout court: una lezione dimenticata, con esiti drammatici per i destini della sinistra, dai sedicenti liberal di marca blairiana e da molti mediocri imitatori di casa nostra.
Alessandro Vergari
(Francesco Postorino, Croce e l’ansia di un’altra città, Mimesis, 2017)

Croce e l'ansia di un'altra città Book Cover Croce e l'ansia di un'altra città
Fancesco Postorino
Filosofia
Mimesis
2017
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