Nata a Milano nel 1966, dopo studi di filologia classica all'Università degli Studi di Pavia comincia a lavorare in libreria. Fa la libraia per 26 anni. Ha collaborato con case editrici quali Astoria, come lettrice dall'inglese e dal francese e per Giunti per cui ha scritto una guida on line sulle città europee. Ha collaborato con articoli e recensioni al blog SulRomanzo e al blog di approfondimento culturale Zona di Disagio. Suoi articoli sono apparsi sul sito della società di formazione Palestra della Scrittura. Ha curato blog di carattere economico e, per anni, ha lavorato come web content writer. E' autrice di due libri: Guida sentimentale alla Tuscia viterbese, una serie di brevi reportage di narrazione dei territori e Mors tua vita mea, un libro di racconti pubblicato da I Quaderni del Bardo Edizioni. Un suo racconto è pubblicato all'interno del libro Milanesi per sempre, Edizioni della Sera. Dirige la rivista L'Ottavo

Un amore di gioventù che si interrompe per un tragico evento. Il ritrovamento di un quadro misterioso. Un pittore che dipingeva quadri che sembrano essere messaggi con l’aldilà. Un uomo che, alla soglia dei cinquant’anni si ritrova nel disorientamento che il dubbio porta con sé. Con questi elementi fa i conti Giorgio Nisini con il suo La lottatrice di sumo. Un libro che, con queste premesse, avrebbe potuto facilmente cadere nel banale. Invece si mantiene in equilibrio tra la scrittura da romanzo e la portata molto più vasta delle sue pagine. Il riassunto che se ne legge sulla copertina è, per ovvi motivi di spazio, vero solo in parte. Perché questo testo è qualcosa di molto diverso. Oserei dire che si tratta del sempre difficile, tormentato, straziante e indicibile rapporto dell’uomo con la morte, con la necessità di trovare un significato a ciò che accade, a quelli che ci piace interpretare come segni.
Giovanni Cadorna, protagonista del libro, è uno scienziato che, a pochi giorni dal suo cinquantesimo compleanno, si troverà a vivere qualcosa che metterà in dubbio molte delle sue convinzioni e di quella razionalità di cui è sempre stata fatta la sua vita. Il ritrovamento di un quadro lo condurrà a rifare i conti con un amore di trent’anni prima e interrotto tragicamente per la morte della ragazza. Ma questo è solo il contenitore narrativo al cui interno sono molti gli elementi che si possono trovare e sui cui, non sarà difficile per i lettori attenti, rintracciare citazioni filosofiche oltre che paure molto umane.
Non staremo a raccontarvi la trama, per altro ben sostenuta da una tecnica di scrittura che ci regala un romanzo in cui ben calibrate anticipazioni riescono a creare tensione senza svelare troppo. In un gioco di “non completamente detto” a cui si alternano spiazzanti agnizioni, non di personaggi ma di situazioni, rapporti, pensieri, intuizioni. Un topos narrativo che Nisini sembra maneggiare piuttosto bene.
Non vi racconteremo la trama perché, forse, non è nemmeno l’elemento principale del libro. Qui, a catturare l’attenzione, è qualcosa che, più o meno, coinvolge ciascuno di noi, nella sua fragilità di essere umano: il rapporto con il “mai più” e l’incapacità di accettarlo fino in fondo. Anche quando ci sembra di averlo fatto e il tempo ha posato sul dolore e l’incomprensione una coperta che smussa gli spigoli di quel dolore ma ne lascia intravedere la sagoma. E allora qualcosa resta. A interrogarci, a illuderci forse, a trovare risposte prima ancora che domande. E questo libro, non sappiamo quanto volutamente, sembra suggerirci che, in fondo, ad essere importanti sono i significanti più che i significati. Perché in quello che viviamo e nel modo in cui cerchiamo di dargli un senso c’è ciò che riguarda noi. Anche se ci piace spesso pensare che sia un segno mandato da qualcuno.
Cosa del resto umanissima. Il bisogno non solo che un legame non si spezzi ma anche un bisogno di trovare una collocazione a tutto. Anche al tempo. Con i suoi impossibili (da parte nostra) gestione e controllo. Emblematico, in tal senso, l’enorme calendario che il protagonista tiene per segnare i suoi impegni per i mesi successivi e l’improvviso disfarsene ad un certo punto della storia.
Non è un caso che il protagonista sia un uomo di scienza che, tra le altre cose, ha avuto un enorme successo proprio con un libro che nega la possibilità di comunicare con l’aldilà. Ma il fatto che sia un uomo di scienza serve solo, per la struttura del romanzo, a rendere più evidente il contrasto tra razionalità e “sensitività” e, nello stesso tempo, l’impossibilità di mantenere confini netti tra l’una e l’altra. Infondo uno degli aspetti più interessanti di questo libro non è tanto il voler capire se la comunicazione con l’aldilà (qualunque cosa significhi) sia o meno possibile ma cosa facciamo per confrontarci con questa domanda. Che sia una negazione assoluta o una granitica fede o un traballante dubbio, ciò che è interessante è come l’affrontiamo.
Che poi è il modo con cui affrontiamo ogni cosa incomprensibile, cercando di controllarla proprio cercando di spiegarcela. Ed è in questo travaglio, in bilico tra ossessione e fragilità, che seguiamo le vicende del protagonista, tra spostamenti geografici e spostamenti temporali, tra coincidenze che, forse tali non sono, e segni che sono tali solo se noi li consideriamo tali.
Il libro ha il ritmo e l’andamento stesso dell’animo del protagonista che si dibatte tra certezze, dubbi, crisi esistenziali, un matrimonio finito e una figlia amatissima con cui il rapporto ha quelle ruvidezze, quelle lontananza ma anche quell’amore esclusivo di un padre innamorato della figlia. Un libro che è il percorso di un cinquantenne, età in cui si comincia a fare i conti con molte cose, con tanti strumenti a disposizione ma anche con l’impreparazione ad affrontare quella che Nisini, in modo poetico e lucidissimo insieme, definisce “l’adolescenza della vecchiaia”. Che poi, in un certo senso, è una frase che potrebbe funzionare benissimo da chiave di lettura di tutto il libro.
Vi sono brani davvero molto belli in questo testo e brani struggenti e freddi come una lama di coltello; basti soffermarsi sulla scena in cui l’autore ci descrive la disperata fissità e immobilità in cui la madre di Margherita (l’amore di gioventù del protagonista) ha mantenuto la stanza della figlia per trenta lunghissimi anni. O come le ultime pagine in cui Giovanni Cadorna riesce a ricordarsi il giorno del funerale della sua amata.
Da leggere, stando pronti a vivere qualche piccolo o grande turbamento.

La lottatrice di sumo Book Cover La lottatrice di sumo
Giorgio Nisini
Fazi Editore
2015
316