Sono una sconosciuta che dipinge e racconta. Laureata alla Accademia di Belle Arti a Bologna con una tesi su Klimt e scelto restauro. Nata tra Bologna e Ferrara dove vivo, quattro mostre personali con dipinti di animali i soggetti preferiti, cinque restauri importanti, arrotondo lavorando di sera in un pub. Disegno le facce dei clienti e scrivo in racconti le loro vite, racconti pubblicati in VersoDove, rivista letteraria bolognese. Ferraraitalia quotidiano online

Altri racconti dal pub

Di Stefania Bergamini

La signora “Manhattan”

Arriva ogni sabato alle 23, ordina al banco e sceglie il tavolo piccolo in fondo alla sala, quello vicino alla tenda verde, dove c’è poca confusione, io lo tengo sempre vuoto, anche se non prenota, tanto lei arriva, dico a chi lo punta: “no, no, quello è prenotato”. La signora Manhattan si siede, apre la borsa prende il rossetto, se lo passa sulle labbra con la punta delle dita, aggiusta la gonna e liscia le calze, sempre nere, molto velate, non ha mai un gesto veloce, affannato, ma grazioso, lento, quasi timido, quando arriva il drink ringrazia sorridendo, beve un sorso e tiene il bicchiere tra le mani, un altro sorso e accarezza i bordi con un dito e ancora un sorso, poi una lunga pausa a guardare fuori, come se fissare la strada fosse l’ultimo sguardo della sua vita. Non aspetta nessuno, non arriva mai nessuno, se si avvicinano a corteggiarla rifiuta con un gesto duro della mano. Non le ho mai visto un cellulare, se ne sta lì nei suoi pensieri, forse in quell’ora stabilita, ossessiva nella puntualità rivive un appuntamento mancato oppure aspetta chi non sa che lei è lì, tenace, bellissima. Chissà che storia hai signora “Manhattan”, una vita là fuori che ti opprime, un marito che non ti guarda, quella vita che forse vuoi diversa. Non la vedo da due settimane, lei così puntuale, penso alla signora “Doppio origano” strabiliante nei suoi capelli rossi, fantastica e sorridente, poi non la vedevo più e qualcuno mi prende un braccio e sussurra si è impiccata alle tende del suo bagno, proprio così, alle tende del suo bagno, Ti aspetto sabato signora “Manhattan”, tranquillizzami, arriva, il tuo tavolo è sempre lì.. È tornata e ci siamo abbracciate. Strano orario per la signora Manhattan. Stasera è qui a inizio serata, sempre bella nei pantaloni blu e camicia bianca, i capelli arrotolati nel nodo morbido sulla nuca, occhiali sfiziosi con montature colorate. Siede a banco – Ste, non volevo rinunciare al mio drink e al mio posto preferito, sto andando in aeroporto parto per Vienna vado a sposarmi – sul serio!! Che bella cosa!! – sì l’ho conosciuto tre mesi fa in vacanza, non ci siamo più lasciati – che meraviglia!! Una storia romantica – sì Ride – lui ha dieci anni meno di me ma non importa ci amiamo e io sono piccola – ride – e che sono dieci anni dai! Sei bellissima, fichissima!! Ride ancora e mi mostra la foto sul cellulare di un bell’uomo sui 35 anni, capelli biondi e occhiali, un Ron Howard con lo sguardo di Harry Potter. – che carino! Lei mi guarda e sorride, guarda la foto e sorride Un sorriso quasi commovente. Passa il dito sulla faccia stralunata nella foto – mi lascio tutto alle spalle, un matrimonio fallito, il mio ex mi perseguita, abbiamo una figlia che abita in Germania, chiudo il mio appartamento e me ne vado, mi porto Dolly la mia canina. Sorride, finisce il Manhattan, mi abbraccia – ciao se tornerò sarà solo per te e per il tuo meraviglioso drink. – ti aspetto Buona fortuna signora Manhattan, che la tua vita futura sia esattamente come te l’aspetti, e spero non ti serviranno più quegli occhiali sfiziosi a nascondere certi lividi che gentilmente giustificavi e io fingevo di crederti. Buon viaggio cara e baci, vola dentro al tuo film.


Una sera che avevo dimenticato

Il fatto è che a volte capitano cose che non ti aspetti, così senza motivo e in serate nemmeno tanto particolari, giusto per tornare ai famosi “momenti” di Roth. Il fatto è che poi stai lì e ci pensi su all’infinito. Ieri sera un signore e la figlia down, tramezzini e bibite, ridono, gesticolano, giocano con quadratini colorati, quando se ne vanno la ragazza si ferma, mi guarda, mi prende la mano la stringe poi mi avvolge, un attimo, in un abbraccio potente con tutti i suoi muscoli, tutta la sua forza, con affetto di sconosciuta a sconosciuta e piano mi dice: “cara, cara,” mi accarezza i capelli e io di reazione ricambio l’abbraccio sento il calore, un profumo di shampo alla vaniglia poi suo padre sorridendo la prende per mano, vieni Emma, salutano con un “ciao a tutti” escono e lei si gira a sorridermi. Un po’ come la faccenda di Calvino e delle sue città invisibili “l’inferno è qui, in mezzo a noi, ce lo costruiamo giorno per giorno, il segreto è scegliere nell’inferno ciò che non è inferno, dargli spazio e farlo durare.” Ecco, per dire, io un abbraccio così lo vorrei tutte le sere.

L’immagine di copertina è I nottambuli, di Edward Hopper