Nasce ad Arezzo, ma il suo fare inquieto lo porta ad animare la sua vita, partecipando attivamente alla formazione di gruppi Teatrali. Fin da subito inizia a scrivere Poesie, testi brevi e succulenti, niente intellettualismi, solo parole che arrivano dritte al cuore e scuotono cervelli addormentati, quelle sue liriche lo portano a collaborare per dieci anni in un gruppo punk di matrice Clash/ana. Con questo gruppo De Corto, un omaggio al grande navigatore, disegnato da Ugo Pratt, va in giro in lungo e in largo negli anni 80/90, in concomitanza, creava programmi e li conduci nelle radio locali di zona, e partecipava a Reading di poesia dove lo chiamavano insieme all’amico che fu Atro Vitelli, cantante degli Skiantos, una volta era conoscente anche di Marcello Fois, ma poi si è sfumata nel tempo l’amicizia; chi sa se prima o poi questa amicizia si riallaccerà in maniera sincera e più forte di prima. Negli ultimi anni, si dedica solo ed esclusivamente alla scrittura e solo dopo varie prove arrivato a riscrivere il suo primo romanzo.

L’incrocio

Di Stefano Cesari

Il fascino indiscusso degli incroci è qualcosa di seducente. Ogni giorno guardavo il semaforo che dondolava come una ballerina al centro delle strade che si incrociavano, quando lui aveva il disco rosso acceso mi fermavo. Osservando cosa succedeva, vedevo Piero alla mia destra che con mano ferma si teneva ad un palo e quando mancava la corrente, si lancia alla gestione del traffico. Era un uomo perfetto per quel ruolo, il suo capo tondo senza capelli gli permetteva di essere visto da molto lontano e con grande acrobazia e gesti che potevano ricordare benissimo un equilibrista; riusciva a far passare chi aveva la precedenza, Piero con la sua altezza incuteva anche una sorta di timore, ma quando c’erano dei bimbi che dovevano passare, era molto attento, perché i mezzi vi si fermassero; addirittura si lanciava contro e intimava di fermarsi a chi era alla guida per dare la precedenza ai piccoli pedoni, ma il guidatore incredulo lo guardava e lo mandano a quel paese, perché come tutti sappiamo, uomo al volante pericolo costante.

L’ingegnere Piero quando tutto funziona alla perfezione; ed era un caso raro, – per il problema della corrente elettrica che non era sempre presente -, si incantava ad osservare il semaforo che cambiava di colore, si mormorava che in quel semaforo, vi ritrovasse il volto della sua amata che lo aveva rifiutato, ma io credo più che altro che lui guardasse quell’alternanza di luci, perché lo rassicuravano come quelle dell’albero di Natale.

Nel quartiere c’era una serie di personaggi veramente bizzarri, e come al solito essi venivano bullizzati. La goliardia di alcuni personaggi rasentava la maleducazione e di fatti assistevo a lotte verbali e a sottolineature stronze che avrei avuto voglia di spaccargli il muso, ma aimè il furbone di turno era contornato da una serie di cretini che ridevano alle sue battute.

Questa parte di città era in uno stato di abbandono, perché per lo più vi abitavano, operai e gente poco sensibile alle diversità altrui; erano per assurdo più intelligenti i ratti e le muffe che vivevano nei bassi fondi del quartiere, almeno loro facevano il suo percorso per sopravvivere e non disturbavano di sicuro il prossimo.

Oltrepassato il semaforo mi dirigevo spesso verso la Palestra; era un posto dove la Polizia raramente ci metteva piede e dove poteva succedere di tutto. Ci giravo spesso con la mia salta fossi, essendo un posto dove si poteva fare anche salti, sgommate e prove di equilibrismo con la bicicletta. La comunicazione in questo posto passava attraverso un vocabolario colorito ed infarcito di bestemmie a più non posso, esse non erano un intercalare, il contrario erano le parole di lingua Italiana ad essere usate come mezzo di comunicazione semplice e spontaneo.  

La Palestra era il contorno del Palazzetto dello Sport; di fatti vi erano un campo da basket, uno da Pallamano e un grande campo da calcio in terra battuta. Non essendoci nessun controllo e nessun genitore che veniva a sorvegliare cosa poteva succedere; il gruppo che abitava quel posto era condito da una serie di personaggi esplosivi, sembravano veramente il gruppo TNT, non vi era di certo quella finezza di personaggi assurdi e divertenti che Alan Ford aveva inventato, ma se estrapolati dalla loro rozzezza essi si potevano avvicinare a ciò, senza nessun problema. Quando tutti quei ragazzi non giocavano al pallone, perché altro sport non sapevano fare, si dilettavano culturalmente sfogliando giornali porno, oppure con riviste che parlavano di motori e di fatti chi più chi meno aveva un motorino super truccato per poter dimostrare di essere il re indiscusso della strada.

Io in effetti ci incastravo poco, ma era molto divertente andare a fare due salti con la mia salta fossi, però quando giocavano al pallone; ed io ero una schiappa in questo gioco, ed erano pari come numero di giocatori, assistevo alla partita da fuori campo, però dopo poco mi annoiavo, perché nessuno di loro era un fuori classe e allora riprendevo la via di casa, me ne tornavo nella mia caverna, che con l’aiuto di mio zio avevo scoperto il Punk e il Rock roll; e di fatti in camera avevo ad altezza orecchio un impianto stereo piazzato sul cassettone di camera, era mia abitudine aprire la finestra ed affacciarmi, tutto quello che vedevo cambiava in modo magico la mia prospettiva di vita.

L’immagine di copertina è Incrocio, di Dino Marigo. Foto presa da riflessionline.it