Fabio Orrico vive e lavora a Rimini dove è nato nel 1974. Ha pubblicato le plaquettes L'angolo (2000) e 20 poesie sullo spaesamento (2002), le raccolte di poesie Strategia di contenimento (Giulio Perrone Editore, 2005) e Della violenza (Fara editore, 2017). Insieme a Germano Tarricone ha scritto il thriller Giostra di sangue (Echos edizioni, 2015) e il noir Estate nera (Golem editore, 2017). Per Eroscultura è uscito nel 2016 il romanzo Il bunker in formato ebook. Scrive di cinema sul blog zonadidisagio.wordpress.com e di letteratura su scrittinediti.wordpress.com.

CAMILLE LAURENS: LA PICCOLA BALLERINA DI DEGAS

Di Fabio Orrico

La piccola ballerina di Degas di Camille Laurens è un’indagine, un libro-inchiesta su un’opera d’arte il cui titolo, a differenza di quello del libro, insiste sui particolari anagrafici del soggetto ritratto. Piccola ballerina di quattordici anni si chiama infatti la statuina (un metro scarso di altezza) modellata in cera da Edgar Degas ed esposta al Salone degli indipendenti del 1881 (esposizione indetta, tra l’altro, in aperto contrasto con gli ambienti più accademici). Un’opera che ha un destino peculiare, forse considerata minore dallo stesso artista e quindi mai più mostrata, salvo poi in seguito essere recuperata da una critica che ne scoprirà i motivi di fascino e innovazione. Interessante è anche la reazione del pubblico al momento della prima esposizione. La fisionomia della ballerina viene letta secondo criteri quasi lombrosiani o, a voler essere ancora più malpensanti, secondo logiche viziate da un atavico odio di classe. “Brutta”, “racchia”, “viziosa”, “prostituta”, gli aggettivi elargiti dagli spettatori alla statua sembrano appuntarsi sulle caratteristiche fisiche della modella slittando dal mero giudizio estetico a quello morale, fino a lambire i territori che si vorrebbero privatissimi della sessualità. Ecco, quindi, che il critico Paul Mantz sintetizza l’atteggiamento della piccola ballerina rintracciando in lei “Una bestiale sfrontatezza”.

Possibile che una piccola statua possa scatenare una tale rissa? Degas, il pittore delle ballerine e della boheme, ha sempre ridimensionato l’allure romantica che circonda la figura femminile riportandola a una dimensione molto terrena, smussandone anche il fascino laddove necessario alla sua progettualità. Camille Laurens sfonda la quarta parete dell’arte degasiana fino a raggiungerne la scaturigine e quindi la modella che ha posato per l’artista. Chi era quella ragazzina così discriminata, anche nel momento in cui abbandona le spoglie terrene per diventare qualcosa di cristallizzato e durevole, come un’opera d’arte? Sì, perché la modella di Degas ha un nome, Marie Van Goethem, e una biografia tragicamente comune nella romantica e scintillante Parigi fin de siècle. Le bambine nate da famiglie indigenti spesso venivano letteralmente vendute dalle proprie madri all’Opera, iconico teatro cittadino, nel quale erano sottoposte alla stessa inflessibile disciplina riservata alle étoile e quindi utilizzate come figuranti nei balletti. Non si pensi a una carriera prestigiosa. Le più fortunate (tra queste Louise-Josephine, sorella minore di Marie) potevano diventare maestre di ballo, per tutte le altre si apriva la strada della prostituzione: ragazzine di dieci, undici anni, restavano a disposizione degli spettatori facoltosi cui era concesso di avere rapporti sessuali con loro all’interno del teatro stesso. Il soprannome di queste bambine-carne da cannone era petite rats, topolini. Un piccolo esercito che dal teatro si trasferiva direttamente sulla strada, nei salotti borghesi e negli atelier dei pittori seguendo una filiera consolidata e avvolta da un certo romanticismo. Sotto le ceneri del folklore bohemien però c’è lo squallore di una realtà in cui sfruttamento e differenze di classe segnano più di un destino.

Camille Laurens dà conto dell’ossessione che l’ha sempre legata alla Piccola ballerina di quattordici anni. La sua ricerca è minuziosa. Parte dai libri di arte e si conclude sui registri di Stato civile della capitale francese. Marie è nata nel 1865, orfana di padre, una sorella più grande e una più piccola, una madre che per disperazione e calcolo diventa la sua maitresse. È un destino fatto, appunto, di lavoro durissimo e malpagato, criminalità di piccolo cabotaggio e, con ogni probabilità, di prostituzione (non certamente d’alto bordo). In tutto questo si inserisce anche il rapporto con Degas, di cui Laurens ci offre un ritratto vivido e appassionante. Solitario, misantropo, anaffettivo, terrorizzato dal femminile del quale peraltro è cantore sublime e antiretorico, Degas ci viene raccontato come un uomo dedito esclusivamente alla sua arte. In alcune pagine bellissime Laurens si domanda cosa deve aver pensato Marie durante le lunghe e noiose ore di posa, che tipo di interazione ha avuto con il Maestro.

In questo libro colmo di sdegno e autentica pietas Laurens diventa una sorta di medium per evocare il fantasma di Marie, piccola comparsa del Teatro e della Storia, macinata insieme a tante altre coetanee da una società ferocemente classista. La sua è una ricerca che parte da pochissimi e parziali riscontri concreti ma capace di allargarsi fino a descrivere un mondo e un periodo storico, demistificandone miti e leggende e comunque restituendolo a chi legge pieno di una malia oscura. Secondo il metodo di Degas, a Marie viene negato ogni fascino: la postura della statua è rigorosa, lei ha poco seno, il viso è imperfetto, gli occhi incavati eppure lo sguardo vola alto, ignora chi la guarda e si spinge verso il cielo. Morti ed eterni, così Laurens vede pittore e modella, e chiude la sua inchiesta citando un’altra piccola scultura di Degas per cui Marie ha posato, La scolara. Anche qui lo sguardo della ragazza punta verso l’alto ma la figura è in movimento, sta camminando, forse verso un destino diverso.

La piccola ballerina di Degas Book Cover La piccola ballerina di Degas
Piccola Biblioteca di Ulisse
Camille Laurens. Trad. di Gabriella Bosco
Letteratura
EDT
2021
152 p., brossura