Studia pianoforte, clarinetto, composizione sperimentale e ingegneria elettronica senza terminare mai nulla. Mal sopporta gli aggettivi indefiniti e la sensazione armonica di dominante. Privo di capacità di networking, possiede al momento un numero di arti nella media. Ex grasso, ossessionato da alimentazione e forma fisica, suona cartoni animati per anni in giro per l'Italia e insegna fisica a via Panisperna (voglio dire). Consegue la Scomunica nel 2008. Gli amici più intimi lo chiamano Vilipendio.

Selfie-control

Di Vincenzo Lombardozzi

Tutto cominciò quando un’ordinanza governativa proibì i Selfie. In un attimo fu la guerra.

D’altronde che fare? La gente non lavorava più. I pedoni sui marciapiedi sbattevano l’uno addosso all’altro. Incidenti a ogni incrocio.

Le duck face, kissy face, chicken-ass face di ragazzine acerbe e ventenni coi baffi a manubrio suscitavano indignazione, e generavano invidie negli insicuri della condivisibilità del proprio aspetto. I genitori si preoccupavano. Le professoresse avevano la didattica bloccata.

I selfie nascevano dall’ansia di affermazione, in un’epoca in cui esprimere sé stessi era impossibile. Nelle espressioni buffe c’era la ricerca di conferme e rassicurazioni, ma anche un “Pappappero”, un “Io sono qui e tu no” in vacanza, a una festa, ai tropici, quando i colleghi d’inverno lavoravano. Non si autoritraevano solo fisici abbronzati e palestrati: nessuno si faceva scoraggiare da un rotolo di ciccia. Si vedesse pure il braccio cadente a reggere il cellulare, l’importante era esserci.

La pellicola centellinava gli scatti, ora le digitali intasavano i Megabyte. L’autoscatto esisteva fin dal primo dagherrotipo; adesso si catturava ogni istante, anche il più insulso.

Le prime Società di Morigeratezza sorsero nella primavera del 2019 in ogni comune provvisto di fibra ottica. Alcuni movimenti si costituirono in organizzazioni nazionali, influenzando coi loro voti la politica. Da tempo del Selfie si faceva un uso eccessivo, con conseguenze sociali devastanti. Il Selfie era responsabile del 25% della miseria, del 37% delle masturbazioni, del 45,8% della nascita di bambini deformi, del 25% delle malattie mentali, del 19,5% dei divorzi e del 50% dei crimini commessi nel Paese.

All’inizio del XXI secolo s’insinuò la percezione che i selfie portassero a negligenza sul lavoro, assenteismo, a spendere i soldi solo in smartphone e non in altri beni generati dal sistema produttivo. Fra i nomi eccellenti che si dichiararono favorevoli alla proibizione totale ricordiamo S. Laurel, O. Hardy, S. Riina, L. Bobbitt e Platinette, che finanziarono la Morigeratezza versando quantità di denaro enormi.

Con tali fondi a disposizione le associazioni ottennero grande visibilità. Il loro apporto fu determinante per l’approvazione dell’emendamento “Selfie-control” del 2020, che prevedeva la “proibizione di ogni produzione e utilizzo, anche moderato, di qualsiasi ripresa statica e dinamica di sé”. La Senatrice V. Luxuria, prima firmataria della legge, dichiarò all’entrata in vigore: “I profili umili presto apparterranno al passato. I server resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno eretti, tutte le donne e i bambini sorrideranno gli uni agli altri, e non gli uni degli altri. Le porte dell’inferno sono chiuse per sempre”. Gli smartphone furono dotati di sensori di inclinazione, e app obbligatorie che in caso di infrazione cancellavano il sistema operativo.

La sera del 15 gennaio il provvedimento entrò in vigore. Gli ultimi scatti si riversarono in rete a miliardi. Già alle 00.45 del 16 gennaio bande armate assaltarono treni, rapinandoli dei telefonini di vecchia generazione destinati alle discariche differenziali. Si inaugurò una lunga era di mercato nero e contrabbandi. Le conseguenze della proibizione, logiche a pensarci prima, furono la comparsa di dispositivi adulterati, dalle emissioni nocive in quanto non soggetti a controlli. I prezzi salirono alle stelle, gonfiati da trafficanti coalizzati in cartelli. La polizia veniva corrotta sistematicamente.

L’ordinanza non sortì effetti. I selfie erano uploadati su server di nazioni neutrali irrintracciabili. Gli IP dinamici facevano perdere il sonno alle Polizie Telematiche. Il provvedimento, che sulle prime si limitava a punire trafficanti e faccendieri, si estese agli utenti civili. Fu promulgato lo “0-bit Act”. Ragazzini e ragazzine in tenera età, casalinghe disperate e incensurati pater familias si ritrovarono incriminati, e finirono in carcere. Nelle province gli amichetti di una vita erano separati dalle madri, che ammonivano i figlioletti a non giocare più con i coetanei dalle inclinazioni criminali, cui non restavano che i margini della società e un nuovo mondo di frequentazioni illecite.

Frequentazioni che infatti prosperavano. Lo stato di New York dichiarò guerra alla Libera Repubblica di Frosinone, crocevia degl’ingegneri elettronici disoccupati del Mezzogiorno d’Italia. Protetta dai colli che circondano la valle del Sacco, gli abitanti resistettero ai tentativi di assedio. Fu istituito il Passaporto Cangiante, in pratica vecchie cornici elettroniche abilitate dagli hacker ciociari all’autoscatto, cui doveva prestarsi il richiedente del permesso di transito e circolazione.

Iniziarono i primi bombardamenti a tappeto di una violenta guerra asimmetrica. La popolazione civile rispondeva con atti di guerriglia. Il costo in vite umane era insopportabile. L’opinione pubblica fu scossa dalla fucilazione di un infante di 3 mesi, colpevole di essersi appoggiato al bordo del cellulare lasciato in giro da un genitore irresponsabile, azionando su di sé la fotocamera. “Il massacro degl’innocentie”, intitolarono i mass-media.

La verità è che chi non rinunciava ai selfie, nonostante il proibizionismo poteva tranquillamente averne ancora. Sorgevano club esclusivi a ogni angolo, un nome amico e la giusta parola d’ordine aprivano porte segrete. Il selfie-addicted vedeva schiudersi un mondo proibito di gangster e pupe discinte disposte ad accoglierlo purché non lesinasse sulle mance. Gli Ava-bar, li chiamavano. I cittadini spendevano per i propri loschi affari molto più tempo di prima.

Il consumo di una droga profondamente radicata nella società, improvvisamente proibito dalla legge, aumentò l’interesse per i selfie. Prodotti e distribuiti per canali clandestini, i selfie trasformavano gli ava-bar in catacombe contemporanee in cui gli adepti ricevevano la loro iniziazione criminale.

Il Governo capì presto l’errore. La rinuncia alla tassazione dei selfie faceva perdere miliardi all’anno. Vennero istituite nuove tasse, che colpivano i contribuenti più ricchi.

I grossi finanziatori del proibizionismo aprirono gli occhi. Essi avevano sostenuto la crociata anti-selfie per il timore delle perdite di tempo sul posto di lavoro; Ora dovevano ammettere di aver fallito. Fra i primi a farsi indietro H. Lecter, L. Barbareschi e F. Indovino. La moglie di quest’ultimo in un’occasione pubblica ebbe a dire “Non vogliamo che i nostri ragazzi crescano nell’atmosfera degli Ava-bar. Prima del proibizionismo i miei figli non accedevano ai selfie, ora ne trovano ovunque”.

Venne applaudita da tutti i parlamentari. Molti di loro, avendo raggiunto la carica con l’appoggio delle Società di Morigeratezza, non osavano parlare contro la proibizione. Abbracciarono così il fronte antiproibizionista colossi quali la Nestlé, la G. Rana e la Monsanto.

Martedì 5 dicembre 2033 alle 17.27 (ora di Frosinone), si sancì la fine dell’Emendamento “Selfie-control” e dello “0-bit Act”. Milioni di civili poterono ritrarsi in orge di selfie collettivi tassati regolarmente, facendo impennare le entrate del Governo. Con il rifiorire dell’industria dei selfie venne prodotto un milione di posti di lavoro.

Tredici anni di lotte fratricide. Migliaia di affiliati a bande criminali legate al mercato nero del selfie, che da un giorno all’altro videro un business di miliardi andare in fumo. Ciononostante grazie al “Selfie-control” si radicarono nel tessuto urbano, perfezionando l’arte della corruzione di funzionari e dell’infiltrazione mafiosa, per poi investire i capitali acquisiti attraverso estorsione in azioni legali e società offshore, evolvendosi in un feroce darwinismo criminale.

Sono soli, i soggetti dei selfie. Anche i loro oggetti sono soli. Lasciamo che le solitudini si parlino tra loro. Tacendosi così, semplicemente.