Studia pianoforte, clarinetto, composizione sperimentale e ingegneria elettronica senza terminare mai nulla. Mal sopporta gli aggettivi indefiniti e la sensazione armonica di dominante. Privo di capacità di networking, possiede al momento un numero di arti nella media. Ex grasso, ossessionato da alimentazione e forma fisica, suona cartoni animati per anni in giro per l'Italia e insegna fisica a via Panisperna (voglio dire). Consegue la Scomunica nel 2008. Gli amici più intimi lo chiamano Vilipendio.

Il peggior amico dell’uomo

Di Vincenzo Lombardozzi

Stavo al pc a giocare a Spider, quando nella stanza si levò un sospiro. Era il bastardo.

Non c’era da sbagliarsi. Coi suoi sospiri voleva dire: ‘Che inizi a fare un’altra partita, se quando sbagli fai Annulla?’ Lo Spider di XP almeno faceva annullare solo fino all’ultimo cambio di carte, e qualche volta potevi perdere. Con Windows 7 torni indietro fino all’inizio e si vince sempre. Giusto un piccolo contatore di mosse a segnalare l’imbroglio.

Il bastardo aveva ragione, ho una percentuale di vittorie del 100%. Ma se i programmatori hanno lasciato la possibilità di annullare, perché mai non dovrei servirmene? Perché ‘non vale’? Ma che vuol dire ‘non vale’, se nessuno ti controlla? Dovresti controllarti tu? E se sgarri che succede? Sette anni di guai? Piange Gesù? Ti esce il sangue?

Lo ignoravo e ricominciavo. Ma l’intonaco riverberava dei suoi sospiri, e quando la coda dell’eco pareva smorzarsi, ecco che ce n’era uno nuovo a scodinzolare.

Sospirava e basta, sapeva che con proteste più esplicite avrebbe ottenuto punizioni. Solo sospiri, isolati e irregolari, gocce da un rubinetto che non fa addormentare. Il primo sospiro potrebbe essere casuale, gli altri preludono a una lunga catena. Vediamo quale catena si spezza per prima, la sua o la mia. Quale ha gli anelli più fragili.

Ignorare è peggio. Si manifestano segni nuovi.

Sono segni di piccola taglia. La pelle invecchia più in fretta. I peli del naso e delle orecchie crescono più veloce. Gli occhi perdono più gradi del solito. Le sopracciglia diventano lunghe, divergono e si ispessiscono, come quelle dei vecchi che giocano a carte nei bar senza annullare mai.

Quell’animale lurido ti segue dappresso e non molla mai. L’hai svezzato quando era inetto. L’hai cresciuto, corretto, addestrato. L’hai nutrito, e con le forze che ne ha tratto ora s’impone.

Per lui giocare a Spider non è uno spasso. Lo so anch’io che si vince sempre e si perde tempo.  Ma è tanto meglio andare a pisciare sulle cose, annusarne altre, ringhiare contro i suoi simili e cercare di riprodursi in modi imbarazzarti? Le sue terapie costano una fortuna dallo specialista. Mangia solo pappe altezzose e costosissime, e se vai al risparmio ecco i sensi di colpa. I suoi svaghi, periodici e inderogabili. Pretese assurde per un non autonomo come lui.

Metti un aperitivo al bar. Siedi all’aperto, a un tavolo di amici. Ti godi il clima mite e la lista degli aperitivi. Chiaramente hai dovuto portare anche lui. Lo sciogli, e per la felicità si mette a saltellare dappertutto.

Quando vieni da una giornata di lavoro, e quell’aperitivo è il primo momento in cui provi a rilassarti, niente è più molesto di quella carogna sguinzagliata. Sei lì che sorseggi il tuo drink, facendolo durare il più possibile per legittimare l’occupazione del tavolo presso il gestore del bar. Disprezzi in pace i tuoi vicini, che come te non propongono argomenti di conversazione ma guardano la gente che passa e poi si arrendono al proprio smartphone. Come puoi impegnarti nelle tue faccende, coi suoi latrati eccitati in sottofondo? Qualcuno prova a ignorarlo. Altri gli tirano qualcosa lontano nella speranza di guadagnare qualche secondo. Ma lui torna sempre. E se maneggi roba vagamente commestibile, nella migliore delle ipotesi starà lì a guardarti sbavandoti sui jeans. Nella più probabile, abbaierà finché non lo farai partecipare alla tua mensa.

Ma basta divagare. Sono a un punto morto, ho completato un solo seme e  non resta che un cambio di carte. Farei prima a ricominciare, ‘CTRL+Z’ fino all’inizio. Ma se ricomincio io ricomincia pure lui. Stacco gli occhi dallo schermo. Considero la sua faccia inespressiva legata al guard-rail, dalla mia macchina che riparte.

“Ok bastardo”, faccio staccando indice e mignolo dai tasti M (‘Suggerisci mossa’) e D (‘Dai carte’). “Andiamo al parco a leggere un libro”. La sua eccitazione è palpabile ma composta. Sa bene che al minimo errore la sua passeggiata va a puttane.

Preparo guinzagli, museruola e medagliette, pastoie con cui condurlo in contesti urbani. Mi comporto bene io, ci tengo alle convenzioni sociali. La responsabilità per i danni causati dal suo comportamento ricade su di te. E comunque devi raccoglierne le stronzate, e avere con te strumenti idonei alla raccolta delle stesse.

Entriamo in macchina. Parte la traccia che ascoltavo l’ultima volta. Shaker song, dei Manhattan Transfer. Pare gradirla. Sostiene che gli provochi piacevoli orripilazioni. Difficile dire se sia vero, ma in effetti dà i brividi anche a me. Tranne il finale, dove sgomitano assoli pacchiani e forsennati. Quando invece non siamo soli, se faccio partire la musica protesta, come volesse concentrarsi sulla conversazione. Anche qui non ha torto. Se si ascolta musica bisogna ascoltare la musica. O almeno parlarne. Sennò si tace, o si spegne per parlare comodi.

Arriviamo al parco. Scelgo una panchina e mi ci siedo, sciolgo il bastardo e apro il libro. Ci sono altri bastardi, coi loro accompagnatori. Non sempre educati, né i primi né i secondi. I secondi basta osservarli, finché un dettaglio te ne sveli lo spessore. Può essere la suoneria techno di un cellulare, lasciata suonare un tempo non funzionale da un signore che la Techno neanche sospetta che sia. Oppure un richiamo non lanciato al momento opportuno, o fatto con poca convinzione. Io continuo a comportarmi bene, badando che il mio non disturbi nessuno.

A questo punto tu, che hai fatto altre scelte, potresti chiedermi: ma chi te lo fa fare?

È vero. Ci sono lati negativi, quelli che ho detto e non solo. Però ce ne sono anche altri.

Ad esempio, hai un rapporto semplificato con un essere che puoi controllare quasi completamente. Può fare tutti i capricci che vuole, ma l’ultima parola spetta a te. In quali altre relazioni assapori un potere così totale?

In cambio devi solo rinunciare alle tue libertà personali. Perché, ti credi libero, tu? Ognuno decide i gradi di libertà entro cui muoversi. E poi, non ti senti mai solo.

Detta così sembra una scelta saggia. Eppure da valutare c’è altro. Ti racconto un fatto.

Un vantaggio della situazione, lo saprai anche tu, è che in queste situazioni agresti è facile rimorchiare. Il bastardo va a caccia di prede con cui accoppiarsi. Le prede potenziali sono incuriosite dal bastardo, e si tirano appresso le loro accompagnatrici. Non sempre graziose o interessanti, ma ogni tanto sì. Si inizia a parlare, ci si siede, si commentano le loro evoluzioni. Si concordano accoppiamenti. Non solo i loro.

Mi alzo dalla panchina, stavolta in compagnia.

Ci mettiamo d’accordo per un aperitivo.

Si vuotano i bicchieri. “Io stasera non ho impegni. E tu?”

“Nulla a cui non possa rinunciare”.

Sogghigno pensando ‘C’è riuscito, quel botolo, a farmi passare la voglia di premere CTRL+Z’.

Devi sapere che, con un bastardo merdifero appresso, difficile che ti facciano entrare al ristorante. Gli altri avventori tengono alle buone maniere. È un altro vantaggio: sono invitato a cena direttamente a casa. Il bastardo si sdebita della mia dedizione, facendomi saltare tappe.

Lei cucina bene, ma io penso ad altro. E poi lo faccio. Seduti sul divano, le sfioro una guancia e le do un bacio. Presto perdiamo i vestiti.

Sembra eccitata, questo eccita anche me. Da quel bacio scendo più in basso, ne do altri in posti nuovi, le vado sopra, le sto dentro. Inizio a darmi da fare.

Ma qualcosa mi distrae. È quel’aborto pulcioso. Non gli basta la preda sua. Mi percepisce distolto, e rivuole attenzioni. Lo sento abbaiarmi nella testa.

L’altra bastarda è più educata. Resta tranquilla e al posto suo. Si vede che è abituata a lasciare in pace la padrona, quando è opportuno. Alla fine come addestratore non ero granché.

Inizio a sudare. Molto. Le gocce si staccano, rischiano di finire in faccia alla mia partner. Provo a deviarle, un po’ ci riesco. Poi mi arrendo.

“Hai dei fazzoletti?”

“Prendi un asciugamano dall’armadio”.

Mi stacco, e finisce tutto.

Rimorchiare in questo modo si può, se a letto sai lasciarti andare. Ma come si fa? Quella sporca bestia ansima anche lei, vuole giocare, essere della partita. Mica puoi alzarti e prenderlo a calci. Rovineresti l’atmosfera.

Prima di allevare il tuo, pensaci bene. Da piccoli sono carini. Curiosi, sempre allegri. Poi una volta cresciuti li spereresti in grado di badare a se stessi. E invece no. Lontano da te si sente perso. Gli abbandoni sono proibiti, pena il biasimo sociale e apparizioni nei telegiornali. E poi, come potresti separartene? Mica è possibile. Al limite potresti sedarlo. Anche per sempre.

Perché, contrariamente a quanto credi, il peggior amico dell’uomo è il cervello.

Non il cane.

L’immagine di copertina è A friend in need, 1903, C.M. Coolidge