Vivo in Calabria, ho appena varcato la soglia dei 50 anni e lavoro come copywriter e creativo pubblicitario. Narrano le cronache che all'esame di quinta elementare mi presentai al tavolo degli insegnanti con una striscia di fumetti da me disegnata e sceneggiata come "tesina" di introduzione, provocando nel corpo docente sentimenti tra il visibilio e il disprezzo più profondo. Da allora non ho mai smesso di scrivere, alternandomi tra sceneggiature pubblicitarie e racconti di vario genere. Alcuni di questi ultimi hanno partecipato a vari concorsi letterari in giro per l'Italia, venendo in seguito pubblicati su collane online e addirittura su raccolte di libri di vera carta, dissipando i miei dubbi sulla loro reale esistenza. Da qualche anno raccolgo i miei racconti in un blog nel quale compaio come autore sotto pseudonimo. Molti dei miei racconti sono ispirati a storie vere, dalle quali scortico via il superfluo per fare venire alla luce lo scorrere della vita. O almeno ci provo.

L’ultimo spettacolo di Mago Stella

Di Gennaro Lento

Sei pronto? Fammi un segno quando sei pronto.

Devo restare concentrato e per non perdere il filo sarò costretto a usare il mio vecchio metronomo meccanico da aspirante pianista. Da quando ho scoperto che il ticchettio delle sue oscillazioni è l’unica cosa che riesce a mantenermi lucido, me lo porto dappertutto, anche in bagno. Probabilmente agisce come fattore ipnotico, non lo so. Dovrei chiedere al professor Castellini. Vabbè, chissenefrega.

Sei pronto? Okay.

Moderato o Andante? Moderato va bene.

Via.

Mi chiamo Piercosimo Stella, ho 56 anni e sei mesi fa mi hanno diagnosticato il morbo di Pick, una malattia cerebrale degenerativa molto simile al morbo di Alzheimer, che in breve tempo mi porterà alla perdita di tutte le mie capacità cognitive e di espressione, fino alla morte. Allo stadio attuale la malattia mi costringe ad alternare momenti di normale lucidità a scoppi d’ira immotivati e violenti durante i quali ho bisogno di assistenza. I medici mi hanno spiegato che è davvero raro che il morbo di Pick colpisca individui al di sotto dei sessantacinque anni e che quindi posso ritenermi un caso singolare nel panorama sanitario mondiale. Mi capirete se vi confesso che non condivido in alcun modo il loro peloso entusiasmo scientifico. Anche la denominazione poi, sembra una presa in giro. Pick. Sembra il nome di un cartone animato. Le avventure di Pick. Che diamine, dovrebbero sceglierli meglio i nomi delle malattie, con maggiore serietà. Comunque, prima che le cellule del mio cervello marciscano del tutto e che i ricordi comincino a mescolarsi tra loro in una poltiglia fangosa, voglio raccontarvi la mia vita, almeno quella parte che riguarda anche voi, che ne siate consapevoli oppure no.

Perche io, negli ultimi trent’anni, mi sono occupato della vostra vita pubblica in maniera pressoché sistematica. Io ero quello che tecnicamente, e in accezione dispregiativa, è definito portaborse. Anzi, io ero il portaborse. Il migliore in circolazione, almeno fino a sei mesi fa. Per diventarlo ho lavorato duramente come voi nemmeno potete immaginare ed ho ingoiato tanta di quella merda che adesso non ne distinguo più il sapore. Ma ce l’ho fatta, sono arrivato in cima e non mi sono più mosso, nonostante tutti i politici e i governi che in tutto questo tempo mi sono passati davanti. Perché loro sono passati, mentre io sono rimasto.

Come ho fatto?

Semplice, seguendo l’unica regola che conta davvero in questo campo.

Calpestare.

Senza pietà e senza rimorsi. Schiacciando chiunque abbia cercato di mettersi di traverso sulla mia strada, stringendo le amicizie giuste al momento giusto e tradendole al momento giusto. Solo così si può resistere saldi sulla cresta dell’onda per tre decenni. Una vita. Non ci sono altri segreti, fidatevi di uno che ha sguazzato dentro questa melma per troppo tempo.

Nella mia carriera di portaborse ho fatto di tutto, tranne che portare le borse. Ho picchiato, rubato, minacciato, tradito, ingannato. Stuprato. Ammazzare non ho mai ammazzato nessuno, ma solo perché non si è mai presentata seriamente l’occasione, altrimenti sarei stato pronto. Tutti i politici di un certo livello sapevano che fino a che erano saldamente ancorati alla loro poltrona, l’uomo giusto per loro era Piercosimo Stella, io, l’unico capace di guardargli le spalle, l’unico in grado di risolvergli quei problemi che altri ritenevano insormontabili. Avevano bisogno di recapitare un messaggio in codice agli avversari politici senza compromettersi in prima persona? Eccomi. Desideravano godere della compagnia di una bella ragazza che si comportasse nel modo giusto e sapesse sparire senza creare fastidi? Pronto. I loro nasini avevano bisogno impellente di aspirare sostanze chimiche? Et voilà, Mago Stella a disposizione. Per tutto il periodo che seguivo il mio uomo diventavo la sua ombra fedele, il suo maggiordomo pronto e discreto, disponibile venticinque ore su ventiquattro. Diventavo il suo Mister Hyde. Appena cadeva in disgrazia lo abbandonavo al suo destino, sordo a ogni richiamo, comando o lusinga. Alcuni hanno anche provato a minacciarmi, giurandomi vendette feroci. A me bastava guardarli negli occhi e subito capivano. Quando possiedi la chiave dei segreti di un uomo, possiedi la sua anima. Tutti alla fine abbassavano il capo, sconfitti dallo stesso sistema che li aveva portati in cima alla piramide. Solo il più forte sopravvive. E cioè io. Almeno fino a sei mesi fa.

Tutti mi conoscevano e facevano a gara per mettermi sotto contratto, perché sapevano di avere a che fare con un professionista. Gente di ogni estrazione politica ha fatto carte false pur di poter contare sui miei cosiddetti servizi. Io non ne ho mai fatto una questione politica oppure, ancora più ridicolo, idealistica. Credetemi, quelli che arrivano fino ai piani alti gli ideali non sanno più cosa siano, se pure mai ne abbiano avuto una qualche coscienza. Sono così attenti a salvaguardare la loro posizione che dimenticano il motivo per il quale la occupano. Per tutto il tempo non fanno altro che sgomitare, sbuffare, sputare, truffare. Tramare. Imparano subito a difendere il loro potere e appena mettono piede nelle stanze che contano sono già pronti a sbranarsi tra di loro. Per certi versi sono più mafiosi dei mafiosi stessi, tranne che per il senso dell’onore.

Quanti politici ho seguito? Tanti. Troppi.

Qualche anno fa ne ho gestito uno di sinistra, uno famoso. Il nome non ha importanza, tanto è tutto scritto nelle carte che ho consegnato alla redazione del giornale. Un tipo impeccabile, tutto giacca, cravatta e moralità. Giovane, anche. Sembrava dovesse spaccare il mondo, l’espressione più sincera e schietta di un vento di rinnovamento politico-culturale che spirava qualche tempo fa nei palazzi romani. Era l’incarnazione perfetta di quello che una volta si definiva uomo tutto d’un pezzo, il tipo di persona dal quale fino a quel momento mi ero sempre tenuto alla larga. Invece fu lui a contattarmi ed io accettai subito, curioso di osservare da vicino un fenomeno del genere. L’impatto non fu dei migliori, l’onorevole pretendeva che gli uomini del suo entourage, compreso me, si comportassero e si vestissero in maniera impeccabile. Un tizio della scorta si prese un cazziatone memorabile quando venne beccato a tirare cocaina nei bagni di Montecitorio. Non riuscivo a credere ai miei occhi, non poteva essere così ingenuo, non a quei livelli. E non capivo perché avesse scelto proprio il sottoscritto a fargli da assistente personale. Dopo tre giorni di quella manfrina stavo seriamente pensando di mollarlo quando mi si avvicinò per chiedermi sottovoce se c’era la possibilità di rilassarsi un attimo senza curiosi intorno, magari con la compagnia di qualche ragazza giovane. Gli brillarono gli occhi di febbre quando pronunciò la parola giovane. Non mi ci volle molto a capire quale fosse la sua croce e da quel giorno non si fermò più. Per farla breve, in pochi mesi si rese protagonista di una serie di nefandezze da record, come se fino a quel momento la sua vera personalità fosse rimasta compressa e, una volta arrivato nel posto giusto, avesse finalmente fatto saltare il tappo che la conteneva. Si circondò di una corte di miracoli che ve la raccomando, tra faccendieri dei più malfamati e troie sempre più giovani, in mezzo a festini sempre più sfrenati e incontrollabili. In poco tempo si alienò l’appoggio del suo partito, passando a indipendente di centro e finendo tra le fila della destra di governo, prima di terminare la sua breve e folgorante carriera in una clinica svizzera specializzata nel recupero di questo tipo di rottame.

Un altro aveva il vizio di portarsi in albergo i trans raccolti per strada, senza preoccuparsi chi fossero e da dove venissero. Se ne fregava pure che lo vedessero quelli della scorta. Una notte mi chiamò in lacrime da un albergo della cintura romana, uno di quelli che utilizzavamo di solito per i festini privati, gestito da gente che sa farsi i cazzi propri, naturalmente dietro adeguato compenso. Arrivai che erano le tre di notte e lo trovai in un lago di sangue e merda. I due travestiti brasiliani, un paio di cristoni che mi avrebbero messo paura di giorno, figuriamoci di notte, ci erano andati pesante e mi toccò di portarlo in una certa clinica per fargli ricucire le ferite e medicarlo come si deve, il tutto nella massima discrezione. Due giorni dopo era in televisione a pontificare sulla necessità di mantenere saldo l’istituto della famiglia di fronte agli assalti del vizio e delle tendenze sessuali contro natura. Nonostante ne abbia viste di ogni colore, vi confesso che questa è rimasta una delle cose che mi hanno fatto più schifo. Il fatto che celebrasse quella messa in televisione, dico. È una di quelle faccende che ti fanno riflettere, sul bene e sul male e altre cazzate del genere. Di fronte a questi fatti ti fai l’idea che sia tutto un gran casino, senza capo né coda e che la cosa più giusta da fare sia cavalcare l’onda e fottere gli altri finché si può.

Onestà?

Certo, c’è anche gente cosiddetta onesta. Senza esagerare, naturalmente. Persone che con un qualche impegno cercano di seguire un percorso costruttivo, facendo attenzione a non pestare troppe merde e rispettando la legge, quando possibile. Gente che sa come va questo mondo ma fa attenzione a non farla troppo sporca e che desidera lasciarsi dietro qualcosa di costruttivo e duraturo. Qualcosa che serva davvero. Credetemi, anche uno come me riesce ad apprezzare queste qualità, quando se le trova davanti. Ma uomini di questo tipo sono sempre stati una minoranza e non durano molto, una legislatura o due e poi via, sostituiti da forze più fresche e più marce per la maggior gloria della Repubblica. Il Paese richiede altro, evidentemente.

Vuole sapere se in questo campo esiste la solidarietà?

Si, come no. Quando hanno saputo della mia malattia molti di loro sono venuti a trovarmi. Tutti. Tutti quelli ancora in circolazione, naturalmente. Una lunga processione di doppiopetto e guardie del corpo che in religioso silenzio sono venuti a controllare di persona se è proprio vero che il mio cervello sta diventando una specie di melassa. Tutti compresi nel ruolo di Visitatori Realmente Preoccupati. Si aggiravano per la stanza come rapaci sospettosi, attenti a ogni minimo particolare. E tutti con una muta domanda negli occhi. Bastardo, mi tradirai?

Certo che vi tradirò, è nella mia natura.

E adesso, prima che cali definitivamente il sipario, Mago Stella si esibirà nel suo ultimo colpo di teatro, uno strabiliante e definitivo numero che svelerà finalmente tutti i trucchi. Questa intervista non è altro che il prologo di una farsa che vi riguarda, e della quale conoscerete tutti i nomi dei protagonisti e la descrizione con tanto di date e riscontri delle loro gesta edificanti.

Quelli che pensano che lo faccio per salvarmi la coscienza prima di abbandonare questa vita sono assolutamente fuori strada. Io non ce l’ho una coscienza, me la sono venduta appena ho capito che volevo fare questo mestiere. Era un peso. Non voglio neanche insegnare una qualche morale, il solo pensiero mi provoca conati di vomito. E neppure per indicare una via d’uscita a questo garbuglio osceno che è diventata la politica nel nostro paese. Parlo adesso perché mi sono rotto i coglioni di sentirmi etichettato come l’uomo nero, di essere continuamente insultato da moralisti di professione che sproloquiano di cose che neanche conoscono dall’alto di uno scranno ipocrita e falso come la vita che vivono. Parlo adesso perché non abbiate più alibi, per mettervi di fronte a voi stessi. Ecco, questi sono i vostri rappresentanti, quelli che avete scelto per fare le vostre veci davanti alla Nazione. La casta, gli intoccabili. Ma non illudetevi, non sono diversi da voi, anche se vi piace pensarlo per andare a dormire tranquilli la sera. Sono dei voi sviluppati alla massima potenza. Mostri generati dalla vostra stessa sostanza. Sono voi, se solo ne aveste la possibilità. Siete indignati? Fate bene a esserlo, ma solo con voi stessi.

Non avete idea di quanti ruffiani, puttane e parassiti mantiene lo stato italiano, e cioè voi. Non avete idea di quante persone vivano alle vostre spalle con il vostro cosiddetto consenso popolare. Migliaia. Che neanche si preoccupano di salvare le apparenze. Che neanche sanno cosa siano le apparenze perché nessuno gliene chiede conto. Succhiano tutto il sangue disponibile senza alcun rimorso, si fiondano come iene in branchi non appena intravedono una carcassa da spartirsi. Soldi, sesso, potere e prevaricazione. Non avete idea di come ridono di voi, di quelli che non riescono ad arrivare a fine mese, di quelli che non sanno come mandare i figli all’università, di quelli che s’impiccano perché non sopportano di dover chiudere l’azienda e mandare a casa gli operai. Lucrano sulle disgrazie, sui terremoti, le frane e le alluvioni. Gestiscono fondi enormi, destinandone la minima parte verso l’obiettivo e stornando il resto su amici e amiche, prestanome di professione e zoccole di regime. E non hanno alcuna vergogna, non temono di essere scoperti perché fanno tutto alla luce del sole e quando non sei costretto a nasconderti non conosci nemmeno la paura. Mettono nei rimborsi spese il viaggio di nozze della figlia, oppure le vacanze per la famiglia nelle località più rinomate del mondo. Tutto a carico dello stato italiano. Tutto sulla gobba dell’asino contribuente che chiude gli occhi e fa finta di non vedere. Et voilà! Io Piercosimo Stella, mago insigne e ultimo dei pezzi di merda, vi racconto come stanno le cose e vi sbatto in faccia la realtà, in modo che possiate finalmente decidere da che parte stare e smetterla una volte per tutte di nascondervi dietro a questa specie di illusione infantile che avete al posto della coscienza e con la quale giustificate tutto, da Babbo Natale alle tangenti. Diceva il poeta: mentre il cuore d’Italia/da Palermo ad Aosta/si gonfiava in un coro/di vibrante protesta. Ecco cosa sanno fare gli italiani. Indignarsi. E poi basta, finito. Avanti il prossimo. La verità è che siete complici. Conniventi. Andate a fare in culo. Tutti quanti. Che cazzo volete da me? Che cosa vuoi da me? Mamma, chi è questo stronzo con gli occhiali? Vattene. Vattene! Non ho voglia di fare i compiti, mamma, dai. Li faccio dopo cena, lo sai che li faccio. Diglielo alla maestra che sono bravo, diglielo tu che io mi vergogno. La troia della puttana della maestra. Gli voglio bene, la odio. Mi manca papà, mamma. Dov’è papà? Quando torna devo dirgli se mi aggiusta la bicicletta, è saltata la catena. Buongiorno Senatore. Eccomi, onorevole, sono pronto. Dove vuole andare questa notte?