Graziella Enna, nata nel 1969 a Oristano, laureata in lettere classiche presso l’Universita degli studi di Cagliari, insegnante di lettere.

Candido è un titolo non certo casuale dato da Sciascia a questo breve romanzo. Parodia o rivisitazione di Voltaire? Sicuramente nella vicenda sono presenti entrambi gli elementi. L’opera è percorsa da una sottile, sferzante e dissacrante vena ironica, che la rende leggera, spassosa ed estremamente godibile. Il grande merito dello scrittore consiste nel descrivere in modo faceto e tragicomico il microcosmo siciliano che diviene un paradigma di scontri epocali e ideologici comuni a un determinato periodo storico. Attraverso le vicissitudini di Candido, Sciascia svela ipocrisie, meschinità e sotterfugi di personaggi che si adattano a una nuova realtà sociale in un momento cruciale della storia italiana ovvero la caduta del fascismo, la fine del secondo conflitto bellico, l’avvento e la diffusione di nuove dottrine e la trasformazione radicale della vita sociale.

Queste tematiche condite con la suddetta satira di Sciascia solleticano il lettore e lo inducono a riflettere, interrogarsi sui mali della società odierna che affondano le proprie radici in quel contesto storico. Viene mantenuta nell’opera la struttura del Candido di Voltaire con brevi didascalie che accompagnano ogni capitolo, ma rivivono anche situazioni e alcuni personaggi guida presenti nel romanzo del filosofo. Candido può essere considerato di per sé un romanzo di formazione dal momento che vi si narra la nascita, la  crescita e la maturazione del protagonista. Il nostro Candido nasce in modo rocambolesco in una grotta in campagna durante i bombardamenti del 1943 e lo sbarco degli Americani, da genitori altolocati, l’avvocato Munafò e la moglie Maria Grazia, figlia del generale fascista Arturo Cressi. L’autore sottolinea sarcastico che nessuno dei due genitori conosca Voltaire, nonostante gli studi compiuti, qui si cela anche una critica al sistema scolastico, ricorrente in molti punti dell’opera. Al bimbo è affibbiato questo nome per un motivo molto prosaico, cioè la coltre di polvere bianca calata dopo i bombardamenti che ricopre tutto, compreso suo padre.

La nascita di Candido sconvolge tutti gli equilibri alla pari dei bombardamenti: la madre, giovane e invischiata in un classico matrimonio di convenienza, scopre la sua gioia di vivere e la sua prorompente femminilità, il padre comincia a essere logorato da sospetti e gelosia, il nonno si dispera per la caduta del fascismo e inizia a nutrire timori di essere deportato chissà dove dagli Americani, ma suo malgrado, per amore del nipote, intesse amicizia con il capitano Dykes, di stanza nei pressi del paese con i suoi uomini. Il primo interrogativo che si pone il generale è quale strada scegliere dopo la caduta del fascismo. Ed ecco emergere prepotentemente il motivo topico per eccellenza di molti scrittori siciliani: il trasformismo. Tornano in mente i personaggi del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, dei Vicerè di De Roberto, de “I vecchi e i giovani” di Pirandello, senza contare le figure grottesche nate dalla penna dello stesso Sciascia, uno per tutti il barone Garziano degli “Zii di Sicilia”. Il generale è tentato dal comunismo, ma come aderire a un partito che si trova ideologicamente all’estremo opposto e oltretutto inviso al nuovo amico americano? La soluzione viene dalla figlia, che gli propone l’unica via percorribile cioè diventare democristiano o liberale e iniziare una nuova carriera politica. Democristiano, repubblicano e antifascista, la metamorfosi del generale è completa nel corso della vicenda.  

Candido cresce grazie al sostanzioso latte in polvere americano ma parallelamente matura nella madre l’amore per il capitano d’oltreoceano, che evidentemente risulta dispensatore non solo di prodotti alimentari per la famiglia Munafò-Cressi. Ne segue una tumultuosa separazione, fatta di trovate grottesche e paradossali, alla fine Candido è affidato al padre, anaffettivo, distaccato e insofferente. Fin da piccolo Candido mostra comportamenti e attitudini che si distaccano da quelli tipici dei suoi congiunti e dei suoi compaesani. Governante, padre e nonno lo vedono come un piccolo mostro, un diverso, troppo serioso e riflessivo, esageratamente autonomo rispetto ai suoi pochi anni. E, nomen omen, Candido è un essere puro, sincero, uno spirito libero e privo di pregiudizi e preconcetti, pensa che le cose siano sempre semplici, sente la necessità di affrontare la vita con onestà e franchezza, negli atti e nelle parole.

A causa della sua spontanea sincerità causa la rovina di suo padre e viene biasimato da tutti i compaesani. Suo nonno, per risanare la fama intaccata della sua casata pensa di affidare la formazione del bimbo ad un precettore, l’arciprete. Tra i due nasce negli anni un ottimo connubio basato sul dialogo costruttivo con lo scopo di analizzare criticamente la realtà. Anche nell’opera di Voltaire il protagonista è affiancato dal precettore-guida Pangloss, seppur in termini differenti, in quanto ha il compito di instillare l’ottimismo e confutare le dottrine filosofiche errate. Candido inizia a conoscere e capire, grazie al maestro, le manovre infide della politica e il mistero più grande diventa scoprire la vera essenza di  suo nonno:

Le persone a lui vicine erano dei problemi, voleva risolverli per liberarsene, come i problemi che gli assegnavano a scuola. E di queste persone, di questi problemi, il più importante divenne il generale. E cioè il fascismo. E cioè quel passato sulla cui linea di confine col presente, lui era nato.

Candido si chiede come sia possibile che il vecchio abbia la casa colma di cimeli del fascismo e del franchismo, se ormai sono finiti, evidentemente una parte di lui vive ancora nel suo passato, nonostante la sua nuova carriera politica in Parlamento. All’inizio le elezioni gli sono propizie ma in seguito sono destinate a subire un tracollo di cui il generale accusa l’arciprete colpevole di aver boicottato le elezioni convincendo molte persone a non votarlo, proprio lui, a suo dire, che sposa i comunisti e battezza i loro figli. A sua volta l’arciprete comincia a nutrire seri dubbi sulla sua vocazione e rivede il suo rapporto con la religione e per varie occorrenze è costretto a secolarizzarsi e a coltivare la terra. Come nel Candido di Voltaire, volto a dissacrare verità preconfezionate e convincimenti radicati e privi del vaglio della ragione (secondo le ideologie illuministe), il nostro giovane siciliano e l’arciprete vanno incontro a tante disavventure, generate proprio dall’esigenza di distaccarsi dalle ideologie comuni, da un modo di agire omertoso, volti a celare la verità e a rivelare l’ipocrisia.

Candido non comprende nemmeno l’importanza di essere ricco, non ne percepisce l’entità, non concepisce neppure  di potersi servire delle sue sostanze per ottenere privilegi o per entrare a far parte di una casta esclusiva. Decide di coltivare le sue terre convinto di suscitare simpatia nei braccianti agricoli che coltivano i suoi poderi, nei confronti dei quali non si comporta come un padrone. Essi però nutrono un odio smisurato per lui. Distaccandosi dalla mentalità siciliana della religione della roba non comprende perché tutte quelle terre siano sue senza che abbia lavorato o pagato per detenerne il possesso.

“Perché dovevano essere sue tutte quelle terre?Com’è che  un uomo, suo nonno o bisnonno, non lavorandole o lavorandone solo una minima parte le aveva fatte proprie?Ed era giusto riceverle come lui le aveva ricevute, e tenersele?”

Candido avverte il disprezzo dei contadini che sono delusi dal miraggio di un comunismo che avrebbe distribuito le terre a tutti e sentono invece il peso dell’immobilismo della proprietà fondiaria in mano a pochi secondo leggi ataviche e inveterate. Spera in cuor suo di modificare il sistema  e palesa il desiderio di donare le terre ai figli emigrati dei contadini perché finalmente possano rientrare nella loro terra ma non capisce che a chi si è allontanato non importa più: l’ideale dell’ostrica verghiano è ormai tramontato e lontano, non è più una rovina o un tradimento allontanarsi dal proprio scoglio. Dal canto suo Candido arriva a sentirsi ridicolo a coltivare un appezzamento per puro piacere e non seguendo la logica tradizionale dell’accumulo della roba godendo di esserne padrone. Altre traversie attendono Candido, viene scoperta la sua relazione d’amore con una cameriera (altro elemento presente in Voltaire), abbandona la casa del nonno e vive con la sua amante, ma subisce ancora una volta il discredito di molti. Comprende così che anche l’amore non può essere libero ma è legato a convenzioni sociali, a interessi economici e non all’istintività e all’autenticità dei sentimenti o del desiderio.

Altri elementi che rendono Candido un diverso sono la sua sete di conoscenza, l’esigenza di trovare motivazione politica nelle letture per allontanarsi da un’informazione approssimativa delle ideologie politiche, che emerge dagli altri personaggi che gli fanno da cornice, ma anche in questo si sente rifiutato e osteggiato. E mentre legge studia Marx e Gramsci e continua a coltivare e migliorare le sue terre con vari investimenti, matura la convinzione che essere comunisti è naturale perché il capitalismo può portare l’uomo alla dissoluzione mentre l’istinto di conservazione è rappresentato dal comunismo. Sfugge a un tentativo di corruzione per un terreno destinato alla speculazione edilizia e lo dona gratuitamente al sindaco. Incompreso da tutti, viene cacciato dal partito a cui nel mentre si era iscritto. Gesto ancora più eclatante, che lo separa definitivamente dal mondo siciliano, è la cessione di tutte le sue terre ai parenti che mai lo avevano stimato, al contrario lo avevano sempre odiato perché estromessi dalla sua tutela. Improvvisamente diventano affettuosi e solleciti, balzano fuori a frotte dal nulla pur di arpionare avidamente i beni del ragazzo. Candido accetta di essere interdetto con l’espediente di essere dichiarato incapace, ma finalmente trova il bene più prezioso, la libertà e tanti altri piaceri che la vita gli riserva, una volta allontanatosi dall’ipocrisia di un mondo che non si confà al suo spirito libero e fantasioso che egli alimenta di idee politiche di giustizia, della curiosità di conoscere realtà e culture differenti. Così come Voltaire attraverso il suo Candido vuole confutare teorie filosofiche retrive date come verità assolute, allo stesso modo il Candido di Sciascia combatte le ipocrisie e le mistificazioni politiche della società del Novecento del dopoguerra. L’autore proietta su Candido la sua delusione politica riguardo al comunismo ma allo stesso tempo, il biasimo nei confronti degli ex fascisti che rientrano in politica sposando nuove ideologie di comodo. E alla fine risulta chiaro il sottotitolo del libro “un sogno fatto in Sicilia”, a distanza di anni e in luoghi diversi la Sicilia non appare a Candido che come un sogno lontano.

Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia Book Cover Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia
Gli Adelphi
Leonardo Sciascia
Letteratura
Adelphi
2005
133 p., brossura