Salvatore Marrazzo. Mercato S. Severino (Salerno). Artista. Fotografo. Filosofo. Collezionista di vuoti. Recensore di libri su Zona di Disagio, blog di letteratura curato da Nicola Vacca.

Recensione di “Almeno un grammo di salvezza” di Nicola Vacca. 2018. L’ArgoLibro

Almeno un grammo di salvezza. Di verità? O di devozione? Anche deviazione. Sconfinamento. Che cos’è la parola se non una mistica del nulla? Un’apertura sull’immenso paradosso di un’alterità che si compiace di contraddizioni. Dio? Presenza o assenza? Colui che ascolta o chi immunemente è sordo? Armonia necessaria o eccesso di macerie? Il male. La paura. Il consumo di vita. L’anima e il grido. Il pane. La purezza di uno sfioro. Il controcanto di una voce che chiede aiuto. Nel tempo del davanti a noi, l’alfabeto di Dio è muto, perché nessuno più legge. Un poeta è solo un orante. Laico o ascetico che sia non importa. Nicola Vacca è ancora – e per fortuna – una parabola superba e al contempo umile di una potenza aprente. “Almeno un grammo di salvezza”, L’ArgoLibro editore, 2018, ne è una mirabile prova. Il librino, a cura di Gianfrancesco Caputo, è un’imperdibile e ben stimolata raccolta di poesie. Un dialogo intenso con la parola. Dio parla sempre. Dio è il verbo più originario. Sacro. Solenne. Cultuale. Dio è il mistero pieno. Intero. È un’oscurità più della parola che tenta il tramite, il dire sommesso. Una vanità, ma anche una speranza. Infatti, è soprattutto, ma non a caso, l’Antico Testamento a ispirare il poeta. Un colloquio serrato, intimo, ma che vuole entrare, capire, o almeno avvicinarsi. Attraversare. Soccombere. Amare. Una poetica sapienziale e pensante. Un’irrimediabile caduta nella quale la parola, di per sé sacra, si forza e si rialza. La parola, difatti, continua. Si rivela. Si confessa. Si svela. E, senz’altro, si confida. Una disarmonia dell’assenza. Si fa riferimento a Giobbe. Egli distende il cielo sopra il vuoto, sospende la terra sopra il nulla. A Kohèlet. L’ineluttabilità del silenzio o della verità. Dello sconforto? Come ebbe a dire Gianfranco Ravasi a proposito dell’Ecclesiaste. L’irrimediabile di chi ha piantato un albero nel campo e sa che il vento non sarà più lo stesso. Chi sa, lo apprende dalla parola. Primordiale. Iniziale. Originale. Dio è vertice del creato. L’uomo può guardare solo in basso. Spreco degli sprechi. Havel havelim hakkol havel. Vanitas vanitatum et omnia vanitas. Eppure leggiamo. Tutto ha una misura / perché tutto significa. / Nella gioia e nel dolore / le cose hanno comunque vita. Siamo in un’altra sapienza, il libro di Siracide. La raccolta, questo florilegio di alti versi, come sono definiti nell’introduzione, è a tratti impaziente, quasi a voler redimere o a prosciugare di senso un disegno imposto. Allora, un dolore dell’altro. Una colpa. Una miseria. La posta in gioco è alta, sembra dirci il poeta. Pregare non basta. Non basta aprire. Non basta nemmeno cadere. C’è bisogno di miracoli. Di un cuore vivo. Della bellezza. Delle parole in cammino. Capire ciò che accade, ma in tempo. L’ultima parte del libro, quella che ha come titolo, Oggi, il sottosuolo e l’apocalisse, è stata aggiunta a questa nuova edizione. Si tratta di un vero avanzo ¬– termine da considerarsi nell’accezione biblica ¬– che non lascia scampo. Qui, ritroviamo e riconosciamo il nostro rodato e irreprensibile poeta apocalittico. Qui Nicola Vacca è più cedibile ma più abissale o smisurato. Più lui stesso. Conclusivo, forse. Siamo nell’inferno che è il viaggio vivente nel regno dei morti. Dei cedimenti profondi. E dei coltelli piantati in gola. La temperatura è alta. Siamo all’ultimo punto interrogativo. Baratro e fogna. Si continua a millantare. A erigere verità. Eppure siamo già scomparsi. Inesistenti ed estinti. Insieme a Dio o senza, che differenza ci sarebbe?

Salvatore Marrazzo.
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Almeno un grammo di salvezza Book Cover Almeno un grammo di salvezza
Nicola Vacca
Poesia
L'Argolibro Editore
2018
70