Fabio Orrico vive e lavora a Rimini dove è nato nel 1974. Ha pubblicato le plaquettes L'angolo (2000) e 20 poesie sullo spaesamento (2002), le raccolte di poesie Strategia di contenimento (Giulio Perrone Editore, 2005) e Della violenza (Fara editore, 2017). Insieme a Germano Tarricone ha scritto il thriller Giostra di sangue (Echos edizioni, 2015) e il noir Estate nera (Golem editore, 2017). Per Eroscultura è uscito nel 2016 il romanzo Il bunker in formato ebook. Scrive di cinema sul blog zonadidisagio.wordpress.com e di letteratura su scrittinediti.wordpress.com.

Nightmare Alley, un noir che travalica il genere

Di Fabio Orrico

William Lindsay Gresham è autore di due romanzi ma deve la sua (scarsa) fama a uno solo: l’altro suo libro, Limbo tower, è infinitamente meno celebrato di questo Nightmare Alley. A integrare la bibliografia dell’autore abbiamo ancora qualche esemplare saggistico centrato sul mondo degli amusement park statunitensi oltre a una biografia di Harry Houdini. Il circo e il suo popolo ha evidentemente sempre appassionato Gresham che probabilmente si riconosceva dolorosamente in quel tipo di esistenza, sradicata e indipendente ma di un’indipendenza i cui elementi di libertà non riuscivano a compensare la profonda solitudine che, spesso, della libertà è lato oscuro ed effetto collaterale (Gresham muore suicida nel 1962, a 53 anni).

Romanzo noir capace di travalicare il genere, Nightmare Alley approda, via Sellerio, all’editoria italiana sull’onda della recente riduzione cinematografica di Guillermo Del Toro (ma già Edmund Goulding aveva firmato una trasposizione nel 1949) ed è l’occasione per conoscere una gemma oscura della narrativa statunitense.

Stan Carlisle, il protagonista del libro, lavora come tuttofare in un luna park itinerante, è un bel ragazzo ed è evidente che ha ben altre ambizioni. Secondo una modalità quasi naturalista, Gresham fa reagire il suo eroe a un’umanità dolente, dove la presenza dei freaks, creature deformi esposte alla curiosità morbosa del pubblico, metaforizza le ferite di un’intera società. Il romanzo esce nel 1946, è un libro a tutti gli effetti figlio della guerra da poco conclusasi; la società che racconta è fatta di vedove e orfani e di una massa di uomini che si arrabattano in cerca di un lavoro, di una ricollocazione all’interno di un tessuto cittadino che, di fatto, non li accetta. Stan è affamato di soldi e tutto il suo affannarsi è teso all’accumulo di ricchezze. Dai vicoli dell’avanspettacolo fino ai cieli dello spiritismo ma sempre nel segno della truffa. Quando Stan propone i suoi giochi da prestigiatore all’alta borghesia trova una complice all’altezza: Lilith Ritter, femme fatale tra le più memorabili della storia del noir, una psicoterapeuta bionda, algida, dominante, il cui disegno criminale ha realmente i contorni di una ragnatela e intrappola i figuranti maschili della storia: tutti, nessuno escluso, le vittime come i carnefici. Alla fine del suo percorso Stan torna nei bassifondi da cui è partito con in più una pena del contrappasso particolarmente crudele.

Se lo schizzo della trama può giustamente far pensare a un tradizionale meccanismo noir, la messa in scena e il congegno linguistico orchestrati da Gresham ci portano in territori diversi e più accidentati. Quello che colpisce, infatti, in Nightmare Alley è la varietà dei registri, oltre alla gestione personalissima ed efficace dell’ellissi. Gresham sa sempre molto bene quando chiudere una scena, anche qualora si trattasse di saltare un congruo numero di anni per farci trovare Stan in una situazione tragicamente già vista (non c’è nulla di inedito nel calvario di questo personaggio) ma inesorabilmente potenziata in termini di desolazione e squilibrio. Il milieu circense non è semplicemente raccontato ma piuttosto testimoniato dall’interno attraverso il moltiplicarsi delle voci che, presumibilmente, incontreremmo anche noi se frequentassimo l’America rurale degli anni ’40 e le sue occasioni di svago. Così, nei primi caleidoscopici capitoli, ecco i giostrai arringare direttamente il lettore come se ci trovassimo sul set di un documentario, assecondando una meticolosità di rappresentazione che richiama alla memoria l’Alfred Doblin di Berlin Alexanderplatz. Seguire le avventure di Stan è letteralmente come affacciarsi su un abisso e contemplare l’immersione di un uomo nel buio, scelta dopo scelta, azione dopo azione, delitto dopo delitto. Gresham riesce a dare alla sua narrazione la solidità e la compattezza di una piramide pur muovendosi con inusitata libertà e concedendosi più di una digressione: valga per tutte l’ampia scena del ritorno di Stan alla casa paterna, una volta diventato benestante ed aver acquisito i privilegi del passaggio di classe. Il dialogo col padre, unico ma determinante fatal flaw concesso a Stan, è un momento lancinante che illumina come una luce oscura tutto ciò che verrà in seguito.

Abilissimo regista dei suoi personaggi, Gresham non si fa scrupolo di abbandonarne uno, frustrando la nostra curiosità di lettori in merito al suo destino, per comunicarci l’esito di un altro che poi sparirà a sua volta per lasciare spazio a un altro ancora. Alla fine, proprio in virtù di tali atteggiamenti autoriali, Nightmare Alley ci appare come una lanterna magica che diffonde prismaticamente attorno a sé la sua struttura in una parata di ombre e lacerti, tutti funzionali e indispensabili quand’anche tra loro non comunicanti. È il segreto di un romanzo nerissimo che spacca in due il ventesimo secolo, restando prigioniero delle sue macerie.

Nightmare Alley Book Cover Nightmare Alley
William Lindsay Gresham. Trad Tommaso Pincio
Noir
Sellerio
2021
488 p., brossura