Laura Sciacca è nata a Como, ma vive da sempre in Sicilia. È sposata, mamma di due bambini e insegna lettere alle scuole medie. Ha pubblicato L’ingrediente segreto, Racconti per la famiglia e Candida e altre storie. Le piace raccontare e scrivere storie fantastiche per grandi e piccoli, sorridere e cucinare i prodotti del proprio orto.

Di Laura Sciacca

EPISODIO INCRESCIOSO

Ispirato a una vicenda reale

Questo breve dramma teatrale si ispira a una storia vera. È impostato su una serie di monologhi che i vari personaggi recitano uno alla volta al centro del palcoscenico illuminato da una sola luce diretta sul personaggio. Tra un monologo e l’altro la luce si spegne lasciando per un attimo il teatro al buio. In ultimo parla la professoressa Aranzulla, nuda tranne che per gli occhiali e dei semplici drappi bianchi che le coprono le parti intime e il seno.

Da “La Sicilia” 23 gennaio 2020

“Un fatto increscioso si è svolto ieri presso la scuola media “Rodari” di XXX in provincia di XXX: un’insegnante si è avventata contro un alunno colpevole di non aver studiato la lezione assegnata, picchiandolo ripetutamente in viso e sul tronco, provocando nel malcapitato ragazzo un forte shock. Richiamati dalle urla dei compagni i collaboratori scolastici sono prontamente intervenuti per evitare ulteriori maltrattamenti e hanno avvisato il Dirigente scolastico e i genitori dell’allievo, il quale, subito visitato dai solerti medici del Pronto Soccorso, pare non abbia subito danni permanenti, anche se rimane tuttora in osservazione. L’insegnante, sorda ai richiami del DS, dovrà ora vedersela con una denuncia presentata dai genitori dello studente ed è stata sospesa dal servizio per un tempo indefinito.”

Il Dirigente scolastico

“Sono davvero allibita di fronte al comportamento della docente Carmela Aranzulla. Ho subito provveduto a richiamarla e sospenderla dal servizio per tutelare gli altri studenti della scuola. Evidentemente la professoressa, ormai arrivata alle soglie della pensione, vive dei forti disagi emotivi e data l’età ha difficoltà a relazionarsi con le nuove generazioni, cose che la rendono ormai inadatta all’insegnamento. Mi auguro che nel periodo di sospensione dal servizio abbia modo di riflettere sul proprio operato e possa affrontare con dignità il processo. Al suo posto è stata già nominata una supplente, la quale potrà stabilire un clima di serenità nella classe e portare i ragazzi agli esami di licenza media. Noi tutti ci auguriamo che Giuseppe possa presto tornare in classe e dimenticare questo episodio che lo ha tanto scosso, proseguendo la sua carriera scolastica con successo.”

Una docente della scuola

“Carmela la conosco poco, è sempre stata una persona più che riservata, direi chiusa, dal carattere scontroso, anche nei confronti dei ragazzi. Mai un sorriso, una battuta simpatica, dicono. Certo io la conosco poco, non mi permetterei mai di giudicarla, però…di certo non era amata. Picchiare un alunno, poi! A una certa età si dovrebbe stare a casa a riposare e curare nipoti se non si è capaci di tenere la classe. È già faticoso per noi insegnanti giovani stare dietro alle continue esigenze di alunni e genitori per non deludere nessuno e mantenere viva l’attenzione dei ragazzi, così distratti, così vivaci. Se la chiamerò? No, non credo. Vi ho già detto che la conosco poco e poi non saprei cosa dirle. Sarà meglio per lei rimanere lontana dalla scuola fino alla pensione, sarebbe oltraggioso presentarsi qui dove ha lasciato ben pochi ricordi positivi, credo che nessuno la saluterebbe neppure.”

Il collaboratore scolastico

“ A timpulate u pigghiau? Fici bonu! Ci resi chiddi che i so genitori non ci resunu mai! Avi tri anni ccà stu carusu ci rompe i cosiddetti a tutti, prufissuri, cumpagni e a nuautri collaboratori. Su era me figghiu ciava rumputu a testa! A iddu e a mezza scola, tantu su vastasi sti carusi di oggi.1

La madre rappresentante di classe

“Questo gesto orribile era prevedibile! Fin dall’inizio dell’anno i nostri poveri ragazzi sono stati costretti a subire le vessazioni dell’insegnante di italiano: una severità fuori luogo, moltissimi compiti a casa, interrogazioni a sorpresa, pretese assurde in classe (che nessuno si alzasse mai o scambiasse una parola coi compagni), lezioni noiose, esposte in una maniera obsoleta, non in linea con le nuove direttive ministeriali che noi mamme siamo andate a spulciare e quando abbiamo gentilmente fatto presente all’insegnante la necessità di adeguarsi ad esse ci siamo sentite rispondere con insolenza “L’insegnamento è libero.” Ci siamo rivolte al Dirigente scolastico per far valere i nostri diritti, ma nessun richiamo ha raggiunto il suo scopo. Il povero Giuseppe è stato vittima di richiami verbali da inizio anno e ieri ha subito perfino delle percosse! Noi genitori manifestiamo piena solidarietà a lui e alla famiglia, la quale giustamente ha dovuto sporgere denuncia e ci auguriamo che la nuova insegnante sappia fare il suo mestiere per permettere ai nostri figli una crescita sana e armoniosa.” 2 “L’ha preso a schiaffi? Ha fatto bene! Gli ha dato gli schiaffi che i suoi genitori non gli hanno mai dato! Sono tre anni che questo ragazzo rompe le scatole a tutti, professori, compagni e noi collaboratori. Se fosse stato mio figlio gli avrei già spaccato la testa! A lui e a mezza scuola, tanto sono maleducati i ragazzi di oggi!

Uno studente della classe di nome Davide

“Ieri ero seduto al primo banco e ho visto tutta la scena. La prof ha chiamato alla cattedra Giuseppe per interrogarlo, come gli aveva detto il giorno prima, anche se lui, come al solito, se ne era fregato. Il libro di italiano neanche ce l’ha o se ce l’ha non lo porta a scuola. Sta sempre a chiaccherare e quando i professori lo richiamano, ride. Anche ieri durante l’interrogazione faceva il buffone, senza provare a rispondere alle domande semplicissime della prof. A un certo punto lei ha alzato la voce, chiedendogli di smetterla di fare ridacchiare, diceva che in terza media non si può arrivare in quelle condizioni e doveva provare a impegnarsi se voleva essere promosso. Lui invece di scusarsi ha iniziato a dire ad alta voce delle cose bruttissime alla prof del genere “Zitta stupida vecchia, vaff…etc.”. Lei l’ha preso dalle spalle e l’ha scrollato, dicendogli: “Calmati Giuseppe, stai esagerando!” e lui a quel punto urlando come un matto si è buttato per terra come se la prof l’avesse pugnalato a morte, ma tutti abbiamo capito che esagerava apposta. Sono arrivati i bidelli, è arrivata pure l’ambulanza.

La Aranzulla era bianca in viso, immobile, non riusciva a fare nulla, mentre i compagni si alzavano in piedi, facevano quello che volevano, la preside le urlava contro, i bidelli andavano in giro per tutta la scuola a raccontare le cose a modo loro. Io penso che la Aranzulla sia severa, ma giusta. Dal primo giorno ha provato a insegnarci tante cose, non manca mai, ci fa dei discorsi su come diventare persone adulte in gamba. Altri insegnanti sono più simpatici, però poi con loro a sempre a finire che ce ne approfittiamo e lezione se ne fa poca, si fa solo casino.”

I genitori di Giuseppe

“Il bambino mi ha toccato sta strega! Guai a chi me lo tocca! Ora chiamo a suo padre, a costo che mi risponde quella stronza che gli riscalda il letto! Sono sei mesi che non vede a suo figlio, manco una telefonata gli fa. Qua, davanti a voi gli chiamo! Prende il cellulare . – Pronto, Saro! – – Ccu si? – Voce maschile fuori campo, assonnata, semi ubriaca – Saro, Angelina sono! – – Cchi voi? – – Vedi che quella stronza della professoressa di italiano ha preso a tumpulate a tuo figlio! – – Cchi fici?! – – Si, si davanti ai sò cumpagni! Aiutati a veniri a scola che dobbiamo chiamare i carabinieri! Curri! – – Stai vinennu. Ma unni fussi sta scola? –

La professoressa Carmela Aranzulla

“Mi chiamo Carmela Aranzulla, ho 69 anni, insegno da quasi 35 anni. La mia carriera è iniziata presto, ho sempre saputo che il mio lavoro sarebbe stato questo. Fin da ragazza amavo l’idea di trasmettere agli altri il mio amore per la letteratura e forse ancor di più l’idea di suscitare nei ragazzi curiosità per il sapere in senso lato, il piacere di leggere una poesia e farsi affascinare dal suono delle parole, di leggere un romanzo e lasciarsi trasportare in mondi lontani, inaccessibili altrimenti. Credo di aver lavorato in almeno venti scuole sparse per la provincia, tra mare e montagne, prima di entrare di ruolo e stabilirmi nella scuola dove insegno ancora adesso, anzi insegnavo fino a ieri. Sono stata sospesa dal servizio, buttata fuori senza appello per…per cosa? L’ho preso per le spalle quel ragazzo, sì l’ho scrollato, è vero. In quel momento avrei voluto urlargli contro tutta la sua maleducazione, a lui e ai suoi compagni, insopportabili da inizio anno, ma non l’ho fatto, il mio gesto era controllato, la mia rabbia contenuta. Sono certissima di non avergli fatto alcun male. Eppure lui si è comportato come se l’avessi picchiato a sangue; non so fino a che punto arrivi in lui la consapevolezza nel suo gesto, però mi ha rovinata. Lo guardavo attonita contorcersi, incapace di far qualcosa. Sono tornata a casa come uno zombie dopo aver subito, senza proferire una parola, i rimproveri della preside e dei genitori di Giuseppe. Sapete ciò che mi ha fatto più male? I rimproveri? No, no. Due cose: il silenzio colpevole dei compagni di Giuseppe: hanno visto come si è svolta la scena realmente, eppure, che io sappia, nessuno ha detto una parola per riferire la verità. Loro però li giustifico, sono ragazzi, sono piccoli e immaturi, specchio delle proprie famiglie. Li viziano in maniera esagerata, giustificandoli sempre e temo, facciano così solo il loro male. Li vedo crescere deboli e svogliati. A 13 anni bisogna sapersi prendere un minimo di responsabilità delle proprie azioni, altrimenti la società ha fallito il proprio compito. L’altra cosa? Gli sguardi dei colleghi mentre passavo lungo il corridoio per andare via. Sguardi vacui, venati di cupa rassegnazione, mentre le classe dietro di loro pochi secondi dal loro allontanarsi dalla cattedra era già incontrollabile. – Pronto, Saro? – Chi sei? – Saro, sono Angelina! – Che vuoi? – Quella stronza della professoressa di italiano ha preso a schiaffi tuo figlio! – Che ha fatto?! – Si, si e davanti ai suoi compagni. Sbrigati a venire a scuola, dobbiamo chiamare i carabinieri! Corri! – Sto arrivando. Ma dove sarebbe questa scuola? – Ora cosa farò? Me lo chiedo anche io. A scuola non ho voglia di tornare neanche per svuotare il mio cassetto. Attenderò il processo durante il quale potrò esporre le mie ragioni e certamente avere il giusto riscatto e dopo arriverà la pensione. Penso che non sentirò la mancanza del lavoro: già da qualche anno era reso sempre più difficile da burocrazia e continue esigenze di genitori e alunni. Auguro ai miei allievi di crescere bene, di diventare persone con la P maiuscola. Buio. Un attimo dopo le luci si riaccendono sul palcoscenico vuoto. Voce fuori campo: Il 10 luglio si svolse il processo.

Alla professoressa Aranzulla vennero dati pochi minuti per esporre la propria versione dei fatti. Non avendo trovato testimoni in sua difesa ed essendo stata l’accusa molto convincente nel portare diverse prove a suo carico, la professoressa venne condannata. Venne ritrovata qualche tempo dopo impiccata al lampadario di casa sua. Gli alunni della III B fecero esami in giugno, concludendo il primo ciclo di istruzione tutti coi massimi voti, compreso Giuseppe. Voce dell’autrice fuoricampo: “Quando feci leggere ad alcune persone a me vicine la prima stesura di questo breve dramma, giunsero tutte alla stessa conclusione: gli era piaciuto, però gli sembrava davvero troppo triste, angosciante. Non sopportavano la disfatta della professoressa che aveva dedicato la vita alla scuola e la visione negativa del sistema scolastico, pur riconoscendo come fortemente realistico il contesto. Forse erano troppo abituate ad aspettarsi da me finali a lieto fine o forse, davvero era necessario lasciare una pur minima speranza per il futuro. E così mi sono rimessa gli occhiali rosa e ho scritto un doppio finale, nel mio stile e di pura fantasia. Scegliete quello che preferite.”

Il 10 luglio si svolse il processo. Alla professoressa Aranzulla vennero dati pochi minuti per esporre la propria versione dei fatti. Non avendo trovato testimoni in sua difesa ed essendo stata l’accusa molto convincente nel portare diverse prove a suo carico, la professoressa venne condannata. Gli alunni della III B fecero esami in giugno, concludendo il primo ciclo di istruzione tutti coi massimi voti, compreso Giuseppe. Sul palcoscenico sta la professoressa Aranzulla sola, vestita in maniera dimessa. Dal soffitto pende una corda che finisce con un cappio. La professoressa sta per metterselo al collo, quando squilla il telefono di casa. Sospira e va a rispondere mesta senza lasciare il cappio. – Pronto prof? Buongiorno, sono Davide, si ricorda di me? La disturbo? – – Davide?! – risponde incredula gettando la corda di lato – Certo che mi ricordo, come stai? Come sono andati gli esami? – improvvisamente piena di vita. – Bene, soprattutto il compito di italiano, sa? Anzi l’ho chiamata proprio, perché vorrei farglielo leggere. Il titolo è “Il valore dell’amicizia” . – – Mi farebbe molto piacere leggerlo! A tal proposito, perché non vieni a trovarmi ora che sei libero dalla scuola? Magari domani pomeriggio intorno alle 17? – – Va bene! – – Abito in via Trieste n. 12, primo piano. – – Ci sarò prof! – – Ti faccio trovare il gelato, che gusto ti piace? – – Il mio gusto preferito è fragola extra variegata lampone con una montagna di panna montata sopra. – – Che buffo, è anche il mio gusto preferito! Ok, a domani caro Davide. – – A domani prof e…grazie. – – Grazie a te, non sai quanto…-


1 “L’ha preso a schiaffi? Ha fatto bene! Gli ha dato gli schiaffi che i suoi genitori non gli hanno mai dato! Sono tre anni
che questo ragazzo rompe le scatole a tutti, professori, compagni e noi collaboratori. Se fosse stato mio figlio gli avrei
già spaccato la testa! A lui e a mezza scuola, tanto sono maleducati i ragazzi di oggi!

2 Pronto, Saro? – Chi sei? – Saro, sono Angelina! – Che vuoi? – Quella stronza della professoressa di italiano ha preso
a schiaffi tuo figlio! – Che ha fatto?! – Si, si e davanti ai suoi compagni. Sbrigati a venire a scuola, dobbiamo chiamare i
carabinieri! Corri! – Sto arrivando. Ma dove sarebbe questa scuola? –

L’immagine di copertina è Martirio di San Pietro d’Alessandria, di Niccolò Circignani