Non mi piace parlare di me. Vivo in Francia. Ho scritto 6 libri, 5 in lingua francese, 1 in lingua italiana. I miei libri in lingua francese saranno in libreria il prossimo anno. In Italia non ho un editore. Pubblico racconti sulla mia pagina Facebook e, da oggi, su questo blog/rivista

Il Miracolo di Santa Bernadette di Lourdes.

Di Mario Maiolo

Alberto era uno scrittore e lavorava senza interruzione nel piano rialzato di via Giustiniani a Roma. Nel piccolo monolocale non c’erano mobili, e la luce era accesa anche di giorno. Solo a metà giorno si concedeva una pausa e, la testa china e i pensieri nel suo libro, attraversava Piazza della Rotonda e Via degli Uffici del Vicario; a Piazza Colonna ritornava indietro e riprendeva a scrivere.

La sera comprava due pomodori, una cipolla e cucinava sul fornellino elettrico, continuando a pensare al suo libro. Dopo mangiato, vagabondando fino a Castel Sant’Angelo o a Piazza del Popolo, Alberto tollerava una seconda pausa, ma con la testa di nuovo incollata alla scrittura.

Le sue giornate scorrevano in questo modo, finché un giorno un miracolo cambiò la sua vita.

Nella vicina chiesa Saint-Louis-des-Français, incontrò una giovane donna. Indossava una gonna a campana come in altri tempi, e un velo nascondeva i suoi capelli.

“Chi sei?” chiese.

“Io sono una bambina. E tu chi sei?” anche lei domandò.

Alberto non si vergognò di dire la verità.

“Sono uno scrittore. Ma scrivo da anni e non ho successo. Sono qui per chiedere un miracolo al buon Dio”.

— Anche a me piace pregare, disse la bambina.

La piccola donna s’inginocchiò al suo fianco e, le mani giunte, si chiuse nel silenzio.

Una moneta d’oro si trovava nel punto dove Alberto era seduto. In quel momento uno raggio di sole illuminò la giovane donna.

— Perché mi guardi in questo modo? domandò la ragazza.

Con le mani nella preghiera lo scrittore chiese intimidito.

— Come ti chiami? E perché sei qui con me?

La giovane sorrise.

— Mi chiamo Bernadette e sto aspettando mia madre.

La ragazza chinò il capo, e Alberto le mostrò la moneta d’oro.

— Prendila, disse la ragazza. Lancia questa moneta sotto una macchina in corsa. Se ci riuscirai il tuo destino sarà sorprendente. Dopo però dovrai smettere di scrivere.

La ragazza lo guardò con lo sguardo preoccupato.

— È stata la mia mamma a chiedermi di ripetere queste parole.

Disordinato nei pensieri lo scrittore si spaventò. Ma la giovane lo trattenne.

— Ho ancora due cose da dirti. Quando il mondo saluterà la tua arte, tu non sarai felice. Ma non preoccuparti. Un giorno ci rincontreremo, e la tua vita cambierà di nuovo. La seconda è più importante. Il mondo ti sarà riconoscente a una condizione. Vai a casa, e fai un mucchio di carta straccia di quello che hai scritto fino a oggi. Il tuo compito sarà di scoprire una storia nuova, una storia che parli di niente. Basterà il tuo talento per farne un buon libro.

— Adesso devo andare. Mia mamma sarà in pensiero.

Alberto ringraziò Bernadette.

Incredulo per quanto gli era successo percorse molta strada prima di decidere quello che doveva fare. In piazza Cavour di fronte al Palazzo di Giustizia lanciò la moneta d’oro sotto una macchina, come la Piccola Santa aveva previsto e, nel suo piccolo appartamento, raccolse i suoi quaderni. Mentre gli ultimi fogli precipitavano nel cassonetto della carta, lo scrittore accese una sigaretta e soffiò nell’aria il fumo. Era tanto denso il fumo che sembrava quello di una locomotiva. Il giorno successivo, Alberto trovò una nuova penna e nuovi quaderni, e attese la Grazia Divina.

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Neppure lui lo avrebbe creduto all’inizio. La bizzarria del progetto letterario e un soggetto invisibile non frenarono la sua vena creativa. Ci sono molti ostacoli nella scrittura. Ogni rigo ne presenta molti. Alberto affrontò tutti gli inciampi, contemplando le parole buone dal piacere che gli procuravano.

Soddisfatto del suo lavoro un giorno scrisse la parola fine a quel manoscritto. Infilò il libro in una busta, scrisse l’indirizzo di un editore e consegnò il prezioso tesoro allo sportello della Posta. La risposta non tardò ad arrivare. E il successo fu improvviso. In poco tempo fama e ricchezza lo circondarono. I giornali elogiarono la sua penna e il suo grande talento. Un critico lo definì l’erede di Flaubert. Ma Alberto restò umile, perché questa era la sua natura. E prima di trasferirsi in una casa più grande e più comoda, si ricordò del miracolo compiuto dalla Piccola Bernadette.

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Con il tempo gli impegni del celebrato scrittore aumentarono. I Paesi di tutto il mondo lo premiarono. L’anno successivo l’Accademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel della letteratura. Alla premiazione Alberto pronunciò un eloquio su “Il niente, valore letterario dell’umanità”. Ma al suo ritorno a Roma, ricordando le parole di Bernadette, lo scrittore si rinchiuse in casa. “Mai più avrebbe preso una penna in mano”, lo aveva predestinato la Piccola Santa. E lo sconforto colmò il suo spirito.

Una notte Alberto sognò Bernadette. Indossava gli stessi abiti del loro primo incontro e lo teneva per mano.

— Il tuo successo non è merito mio, pronunciò la piccola. E di mia mamma, che tanto buona è.

Alberto prese la sua mano e la baciò.

— Devo andare, Alberto, gli ricordò la Piccola Santa. Non voglio dare pensieri alla mamma.

Ma lui la pregò di concedergli un’altra Grazia.

— Scriverò un altro libro, uno solo; dopo smetterò per sempre.

Bernadette accarezzò la sua mano.

— Io non so niente di queste cose, disse.

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Alberto si svegliò, riempì un bicchiere d’acqua e si sedette sul letto. Le luci della strada si erano improvvisamente spente, e il buio nero oscurava la casa. Lo scrittore arrivò all’interruttore trascinando i piedi. Provò in cucina, nel bagno, in salotto, nel suo ufficio. Inciampò su una valigia. Ma un buio cupo e tenebroso continuò ad opprimerlo. In quel momento riapparve La Piccola Bernadette. In una luce splendente ma con un viso inespressivo, e gli occhi senza anima. Lo guardava, mentre le parole precipitavano in terra dalla sua sottana come la polvere dopo una folata di vento. Quando la luce arrivò, la Santa scomparve. E Alberto si destò, ma non da un sogno, perché già sveglio era.

Lo spirito in disordine incominciò a sudare. La Piccola Bernadette gli aveva ricordato il suo impegno di non scrivere più.

I giorni seguirono e lo sconforto inondò ancora l’animo di Alberto. Egli trascorse un numero infinito di giorni nella quiete del benessere e nella malinconia della scrittura. Eppure un giorno abbandonò il suo avvilimento. Con il pugno fermo e la mano risoluta provò a disegnare una parola. Trascorse i giorni, le settimane e i mesi in compagnia di gioiose vocali e sonore consonanti e, in poco tempo, un secondo e un terzo libro sommersero di nuovo le librerie.

Da quel giorno la sua fama e la sua ricchezza accrebbero. E Alberto si convinse di aver ritenuto vero un brutto sogno.

Però una sera accadde un altro fatto straordinario.

A piazza Navona, scorse una vecchia signora, i capelli bianchi e gli occhi chiari come il ghiaccio.

— Siediti, ordinò la donna.

Alberto non riconobbe quella donna.

— Perché hai disatteso le parole della piccola Bernadette? Chiese.

Allora lui chinò il capo in segno di rispetto.

— Il destino è clemente con te, disse la Donna. Baratterà il tuo desiderio di scrivere con la fama e la ricchezza che hai accumulato. Ti spoglierà di tutto, lasciandoti solo un saio e una penna.

— Vivrai in una grotta in inverno e in estate, continuò la Donna. Sopporterai il freddo e il caldo. Ma la punizione più severa toccherà l’altra metà del tuo cuore. Partirai in un luogo lontano e scriverai in segni che non ti appartengono. Perderai per sempre fama e riconoscimenti e nessuno ricorderà il tuo nome.

la Piccola Bernadette riapparve all’angolo di via Cuccagna, un gelato in mano. Lo guardò con un sorriso e lo salutò con un gesto della mano. Contenta di quel nuovo incontro, Alberto l’abbracciò.

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In copertina l’autore. Foto da facebook