Anita Mancia, nata a Roma, ha lavorato 20 anni presso l'Istituto Storico della Compagnia di Gesù come assistente bibliotecaria ed Archivista. Ha collaborato con la rivista storica dell'Istituto con articoli sulla Ratio Studiorum, la pedagogia dei gesuiti, i gesuiti presi prigionieri dai pirati e recensioni. Presso l'editore Campanotto di Udine nel 2007 ha pubblicato un volumetto di poesie.

Chi scrive è una appassionata lettrice dei libri della casa editrice Iperborea, che diffonde la cultura del Nord Europa e scandinava in particolare, in Italia. Ma prima ancora che lettrice, è stata viaggiatrice in Scandinavia e nel Finnmarken dove questa storia, basata sulla realtà dei fatti – la diffusione della dottrina del Risveglio spirituale di Lars Levi Laestadius (1800-1861) in Lapponia e nel Finnmarken – è ambientata (1852-1853).
La storia, un giallo si direbbe, in realtà non un giallo classico, ma una storia di fede e di passione, ha due protagonisti: un giovane Sami (era Sami la madre di Laestadius) chiamato dal pastore che lo aveva ritrovato sul ciglio di una strada, Jussi, e Laestadius che non viene mai chiamato con il suo nome nel libro, ma è designato come “il pastore”. Entrambi narrano gli eventi raccontandoli in prima persona. Jussi dal principio per le prime tre parti e il pastore nella quarta ed ultima parte.
Il pastore salvando il giovanissimo Jussi gli ha ridato la vita e lo ha fatto essere un uomo insegnandogli la scrittura e scrivendo il suo nome sul registro della chiesa. Lo ha accolto presso di sè come un figlio, quasi a salvare l’altro figlio che gli era morto da piccolo per aver contratto il morbillo. Il pastore rende partecipe il giovane Sami delle sue attività intellettuali e della sua vita: insieme costruiscono e portano avanti l’erbario (nella realtà Laestadius ebbe un erbario e scoprì piante che da lui presero il suo nome), ma non riesce a salvarlo dalla diffidenza che altri hanno verso di lui perchè appartiene ad un’altra cultura: è un noaidi, uno sciamano.
Un giorno una serva scompare nel bosco. Il pastore e Jussi che lo segue sempre vengono informati. Quando la giovane Hilda sarà ritrovata morta dal pastore e da Jussi, viene chiamato il giudice distrettuale Brahe che in breve, senza nessuna indagine scientifica sui fatti, conclude che la giovane è stata sbranata da un orso. Ben diversamente il pastore aveva scoperto che la ragazza prima di essere uccisa era stata violata, e lo aveva fatto scrivere a Jussi. In breve, invece, viene ordinata la caccia all’orso, che si rivelerà essere una orsa seguita dai suoi piccoli. Questa cade in una trappola e viene poi uccisa con i suoi cuccioli. I contadini del luogo pensano di cucinare l’orsa e i suoi piccoli. Da cui il titolo del romanzo: Koka björn, cucinare un orso, che dovrebbe avere il sapore congiunto del maiale e del gallo cedrone. Tuttavia la cosa non finisce qui. Un’altra serva, Jolina, infatti viene trovata ferita gravemente in un granaio. Trovata dai suoi genitori e avvisato il pastore, la ragazza sembra sul punto di rivelare la verità, quando viene trovata morta impiccata dai suoi genitori. Anche questa volta il giudice distrettuale Brahe propende per una soluzione facile, il suicidio, mentre il pastore con Jussi continua le sue ricerche. In questo frattempo la vita nella canonica continua normalmente e il racconto si snoda come un fiume. Il pastore a Kengis è l’anima di un risveglio spirituale che propugna morigeratezza di costumi, rifiuto dell’alcol, che viene visto come demonio, perdono dei peccati e guarigione dei malati in nome di Cristo. Anche l’educazione di Jussi prosegue in un dialogo costante col pastore. Questi ha in mente di scrivere un libro dove si veda che il male può essere sconfitto a differenza di ciò che accade in realtà. La gente vuole romanzi che parlino di crimini. E qui viene la parte più alta del processo educativo: “E ora devi imparare a parlare proseguì (il pastore), Ma io so parlare. No. Tu metti solo insieme le parole, Jussi. Parlare è tutt’altra cosa. Significa usarle per ammansire un cuore recalcitrante. Riuscire a intrufolarsi lì dentro, anche quando chi hai davanti si oppone con tutte le sue forze. Intendete dire come quando si predica? Questa settimana avremo delle visite. Verranno qui i fratelli Raattamaa e il predicatore Per Nutti. Resta anche tu ad ascoltarli. Di sicuro imparerai qualcosa”. I fratelli Raattamaa sono persone realmente esistite. Fecero parte del Risveglio spirituale in Finlandia e Svezia negli anni cinquanta del XIX secolo.
Anche il giovane Jussi come tutti, ha un debole: il ballo e le ragazze. In particolare Maria, alla quale il pittore Nils Gustaf sta facendo un ritratto. Anche il pastore avrà il suo. E qui avviene il terzo assassinio che viene scambiato di nuovo da Brahe per morte naturale: la morte di Nils Gustav, derubato anche del suo denaro. Tre assassinii sono troppi. Una notte, dopo che Jussi aveva passato alcuni momenti con Maria, ecco scattare l’aggressione da parte di un cane e di due ubriachi. Jussi viene aggredito da due malviventi, uno dei quali è Roope che era invaghito di Maria, e viene lasciato mezzo morto. Il pastore lo salva per la seconda volta nella sua vita come un buon samaritano. Ma le cose non finiscono qui. Infatti si avvicina per Jussi il momento più terribile. Ma prima c’è una riflessione che egli fa e che conviene riprendere, tenendo conto che Jussi è Sami: “Questo pensiero mi mette a disagio, il pensiero che anch’io verrò spazzato via come l’acqua senza lasciare la minima traccia. Forse sono il primo tra la mia gente a provare una cosa simile, forse questo pensiero è del tutto nuovo per noi. Il desiderio di restare. Non nel regno dei cieli, ma sulla terra, lasciando qualcosa di sè a chi verrà dopo. Essere immortalato come il pastore su una tela esposta al Salon di Parigi. Dare vita a un Risveglio che trasformi radicalmente il pensiero dell’uomo. Dare il proprio nome a una pianta appena scoperta. Scrivere un libro”. Questo è un punto cruciale della narrazione. L’espressione della necessità di un progetto culturale anche per chi come Jussi viene dagli umili e dai poveri, la necessità, il bisogno di lasciare qualcosa dopo di noi. E qui l’interpretazione del risveglio come di una realtà che trasformi il pensiero dell’uomo. Scrivere un libro sul Risveglio? Sì. Nel Risveglio anche la donna avrà la sua parte importantissima, come è il caso di Milla Clemensdotter, anima del Risveglio del pasore Laestadius, secondo l’interpretazione di Mikael Niemi.
I guai di Jussi non sono finiti qui. Con Maria architetta un piano di fuga, senza sapere che Maria lo perderà. Un uomo travestito da donna cattura Jussi che verrà portato nel carcere di Jumeå ed accusato dell’assassinio di Hilda, Jolina e del tentato assassinio di Maria, che invece sapeva come erano andate le cose.
L’ultima parte, la quarta, del libro ha per narratore e protagonista assoluto il pastore attraverso il quale è Niemi a parlare. L’apertura è molto bella: “Questa è la mia gente, la gente del nord. È per loro che predico. Sono così pochi, così sparpagliati. Se l’uomo di città è come il piombo, l’uomo del nord è il vento. Non ha peso. Si muove senza lasciare impronte, senza fare rumore. Un pizzico di sabbia gettato dentro una stanza scompare. I granelli ci sono ancora, ma nessuno riuscirebbe più a ritrovarli. Così sono gli uomini del nord”. È una descrizione bella e vera. Gli uomini del nord sanno “che l’amore è potersi stendere vicino al fuoco con un amico. Voltare le spalle al buio. Stringersi l’uno all’altro e raccontarsi durante l’interminabile inverno. E che questo è il modo più bello di stare al caldo”. Una amica di Rovaniemi mi disse che scelse suo marito stando vicino al fuoco a parlare con lui.
Il pastore non apprezza coloro che vengono al nord con intenti turistici, per contemplare i paesaggi, o freddamente scientifici, per studiare per esempio il cranio degli scheletri dei sami e scavare le loro tombe. Queste persone non appartengono al nord, non saranno sepolte al nord e non ne avranno condiviso la vita. Anche il pastore è ambizioso come i visitatori, però: “tra me e loro c’era una differenza. Io lì ci ero nato. Mia madre era lappone, e io avevo sangue lappone nelle vene. La montagna era il paesaggio della mia infanzia, non ero un visitatore di passaggio. E un giorno le mie spoglie avrebbero riposato nelle terre del nord. Quella era la mia gente, la mia terra, la mia casa per l’eternità”.
Le ultime cento pagine del libro sono le più rocambolesche perchè contengono i tormenti di Jussi, del pastore, le visioni notturne del pastore, l’entrata di un personaggio nuovo, la rivelazione del nome dell’assassino e il destino di Jussi. Su questo si dirà qui qualche cosa, non si rivelerà invece, il nome dell’assassino, nè si dirà chi è il nuovo personaggio ad entrare in scena.
Alla fine Jussi si ricongiungerà a Maria, ma in fuga verso le coste dell’Artico, in Norvegia. Un Sami sposerà una svedese. Il pastore registrerà il matrimonio.
Nell’epilogo Niemi traccia brevemente le ultime pagine della storia di Pajala per concludere con l’incendio dei registri parrocchiali, fine della memoria storica della canonica e con queste parole: “l’autore di questo libro è cresciuto a un tiro di schioppo dalla vecchia canonica di Pajala dove Lars Levi Laestadius visse con la famiglia fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio 1861, all’età di 61 anni. La leggenda vuole che si fosse coricato su una pelle d’orso”.
Essenza del Risveglio è la cultura, dare vita a una nuova cultura in cui la posizione della donna sarà diversa da quella del passato. Sua forma sarà la scrittura nella storia. (Niemi ricorda l’insurrezione Sami di Kautokeino). E qui, sua forma appetibile ai lettori, quella del romanzo criminale, dove il crimine sarà sconfitto.

Cucinare un orso Book Cover Cucinare un orso
Mikael Niemi. Trad. di A. Albertari e A. Scali
Narrativa nordica
Iperborea
2018
507