Luca Morettini Paracucchi, nato il 24 febbraio 1988. Lucchese da tutta la vita, Viterbese da qualche tempo. Ho una passione molto forte per ciò che riguarda il cinema, la letteratura, la musica, il mondo dei fumetti e dell'arte in generale. Tra le mie passioni hanno un posto di rilievo il mondo del punk e certi aspetti della cultura cosidetta nerd. Scrivo da quando avevo otto anni, recentemente ho ripreso dopo un periodo di stop. Spero sia la volta buona

On writing. E se partissimo da qui a leggere King?

Luca Morettini

Il primo libro che ho letto di Stephen King sono sicuro che fosse Gli Occhi Del Drago, forse il modo più atipico per approcciarsi allo scrittore di Portland poiché stiamo parlando di un romanzo puramente fantasy dal retrogusto fiabesco, assolutamente non il suo genere abituale. Tuttavia all’epoca svolse perfettamente il suo scopo, ovvero quello di farmi innamorare del suo modo di raccontare e della sua immensa fantasia che l’ha portato a diventare uno degli autori più importanti del ‘900. Lunga è ancora la strada che mi porterà ad aver letto soltanto la metà dei suoi lavori e tanti nomi fondamentali come Le Notti Di Salem, L’ombra Dello Scorpione, Misery e Il Miglio Verde mancano ancora all’appello. Ma non ho nessuna fretta.

Non avrei mai pensato di ritrovarmi davanti al computer a scrivere di King. E’ vero, come già detto in passato, che sulla bellezza si dovrebbe spendere sempre qualche parola, ma in casi come questo cos’altro potrei aggiungere/consigliare di un pilastro della letteratura le cui storie sono state portate sul grande schermo decine di volte e da personalità del calibro di Kubrick, Carpenter, Cronenberg, Romero e De Palma, soltanto per citare i pezzi da 90?

E invece è successo e, ironia della sorte, c’è voluta un’altra opera “atipica” per poterlo fare, pubblicata nel 2000. A pensarci bene, ha perfettamente senso.

Diviso a metà tra ricordi e una lunga chiacchierata con il lettore in merito a consigli su come approcciarsi al mondo della scrittura e farlo nel miglior modo possibile, On Writing – Autobiografia di un mestiere (sottotitolo pienamente azzeccato e che chiarisce il senso dell’opera) è un’immersione nella vita di King, quella professionale. Ma che non trova molte differenze con il privato, segnato da una prolificità incessante che resiste a tutt’oggi, per quanto da diverso tempo a questa parte la qualità dei suoi lavori abbia subito un ridimensionamento (e la facilità, qualche anno fa, che mi spinse a mettere da parte Doctor Sleep, il sequel di Shining, dopo un centinaio di pagine non trova alcun riscontro con nessun’altra delle opere che ho letto invece con una certa avidità). Come in molte sue prefazioni, in cui King si rivolgeva al lettore come se stesse parlando ad un vecchio amico in maniera colloquiale, pure On Writing viaggia su questa linea e offre il proprio punto di vista in merito alla scrittura: consiglia, dispensa esempi (anche tratti dalla propria carriera), sprona a coltivare quello che è un dono prezioso con amore, senza indorare la pillola sulla difficoltà di riuscita e soprattutto senza offrire formule magiche al successo che non passino attraverso la costanza e la dedizione a quest’arte.

Anche la sezione iniziale, quella dei ricordi, appare piuttosto intrigante anche se limitata: King parla di ciò che l’ha portato ad amare la scrittura e ai suoi primi approcci, ma una volta arrivati all’epoca in cui pubblicò “Carrie” e si affermò definitivamente, nel giro di poche pagine si ferma perché tutto quello che c’è da sapere dopo lo si ritrova nella sua lunga carriera e nei suoi bestseller. Non manca però di fare riferimento, in maniera pacata e senza troppo calcare la mano, al rapporto avuto con alcool e droghe che hanno segnato profondamente la sua vita (ma mai la sua creatività) con episodi tristi, come testimonia le due righe di numero in cui afferma, probabilmente con fatica, di quando pronunciò l’orazione funebre per sua madre completamente ubriaco. Un discorso a parte merita invece la sezione finale in cui lo scrittore racconta della faticosa riabilitazione che dovette affrontare in seguito ad un’incidente che negli ultimi mesi del 1999 lo coinvolse e per il quale rischiò la vita. Accadde tutto mentre sospese la lavorazione dell’allora inedito Buick 8 per dedicarsi alla stesura di On Writing.

Rischiare di morire nel periodo in cui lavorava ad un libro in parte incentrato sulle proprie memorie. Il classico caso in cui la realtà è di gran lunga superiore alla fantasia.

On Writing è una lezione di scrittura tascabile, una piccola guida per dipanarsi all’interno di una passione e una finestra aperta sul passato. Il fatto che tutto ciò sia frutto di colui che ha regalato alla letteratura capolavori assoluti quali It, Cujo, Pet Sematary e Ossessione, solo per citare qualche goccia di un mare ampiamente vasto, non può che farcelo considerare come qualcosa di prezioso.

On writing. Autobiografia di un mestiere Book Cover On writing. Autobiografia di un mestiere
Pickwick
Stephen King
Saggio
Sperling & Kupfer
2017
283 p., brossura