Anita Mancia, nata a Roma, ha lavorato 20 anni presso l'Istituto Storico della Compagnia di Gesù come assistente bibliotecaria ed Archivista. Ha collaborato con la rivista storica dell'Istituto con articoli sulla Ratio Studiorum, la pedagogia dei gesuiti, i gesuiti presi prigionieri dai pirati e recensioni. Presso l'editore Campanotto di Udine nel 2007 ha pubblicato un volumetto di poesie.

I superstiti del Telémaque

Di Anita Mancia

Come al solito vogliamo cominciare riportando alcuni frammenti del libro di cui andiamo a parlare. Questa volta si tratta di I superstiti del Telémaque, un altro capolavoro di Georges Simenon

«Lo spettacolo era penoso. Una donna sulla cinquantina, vestita di nero, si avvicinava titubante alla folla dei curiosi, che al suo passaggio si scostavano con una sorta di imbarazzo. Eppure parlava loro in tono sommesso, quasi parlasse tra sé. Non si meravigliava che indietreggiassero ci era abituata. Composta e piena di dignità, continuava ad avanzare come una sonnambula.

“Chi è?” Mormorò il commissario. Chinandosi verso di lui, il sindaco sussurrò: “La madre”.»

«Avevano in mano Pierre! E credevano di avere in mano anche lui! Il giudice non aveva forse detto, più o meno: “La pregherei di tenersi a disposizione della giustizia…”

«”Basta! Era finita, una volta per tutte.” Era deciso a sbarazzarsi di se stesso, di quel Canut timido e dimesso che era sempre stato. Mentre risaliva la banchina l’espressione del suo viso cominciava già a mutare, diventava più dura. Guardava dritto davanti a sé e incrociando un amico non lo vide nemmeno. Bisognava salvare Pierre, e solo lui poteva farlo! L’avvocato Abeille apparteneva al resto, alla nebbia nemica.

Lui, Charles, soltanto lui…»

Un romanzo classico, che si apre su una folla di persone raccolte intorno all’arrivo di un peschereccio di Fécamp per la pesca alle aringhe nell’occasione inspiegabile dell’arresto di Pierre Canut, uomo onesto e forte, semplice, il capitano del Centaure, e si chiude con il suo proscioglimento e quasi un tripudio di folla come al momento dell’arresto. Nel mezzo e nel cuore del romanzo, che ha le tinte del poliziesco, l’inchiesta condotta dalla polizia di Fécamp e Rouen, ma soprattutto dal fratello di Pierre, il timido e incerto Charles, che dietro la sua aria dimessa cela carattere e doti di intelligenza e di mente capace. Infatti, se Pierre è un gigante dotato di forza fisica e di attitudine al comando, Charles è colui che lo prepara all’esame per diventare capopesca e capitano. Insieme formano una unità solida e indissolubile. La loro storia è triste. Sono due gemelli che nascono senza padre. Il loro padre, che di nome fa Pierre come uno di loro è morto su un veliero per la pesca del merluzzo, il Télémaque nel 1906, al largo di Rio de Janeiro. Ventotto giorni dopo il naufragio, una nave a vapore inglese diretta a Capo Horn aveva recuperato una scialuppa alla deriva con a bordo i corpi privi di sensi di cinque uomini. Quattro furono rianimati, ma il quinto con una strana ferita al polso, fu issato sulla nave ormai morto, Pierre Canut, il padre dei due gemelli che la madre aspettava.

Fra gli uomini salvati dell’equipaggio c’era Émile Février, trentaseienne, di Fécamp quello che la madre di Pierre e Charles spesso apostrofava durante le crisi nervose che dopo la morte del marito cominciarono a presentarsi numerose caratterizzando la sua vita, senza che peraltro fosse necessario ricoverarla in un manicomio. La madre prediceva che tutti quelli che si erano salvati sarebbero morti, e così pure Février. Questi era andato sposo a una francese di Fécamp, Georgette Robin, domestica presso una famiglia cilena. Il matrimonio però si era concluso con un divorzio. Février è l’ultimo a morire dell’equipaggio del Télémaque, dove forse si era manifestato un atto di cannibalismo, molti anni dopo il naufragio. Il corpo di Février viene ritrovato sgozzato in una pozza di sangue nella sua villa, la villa dei gabbiani, il 2 febbraio. Gli indizi, per esempio un coltello con le iniziali di P C, Pierre Canut, che era appartenuto al padre di Pierre, sono tutti a sfavore di Pierre. Questi ha un carattere irruente, ma onesto e non sa difendersi dalle accuse mosse. Così appunto suo fratello Charles, benchè timido e dimesso, cambia attitudine per difendere dall’accusa suo fratello e arrecare del bene a sua madre. La trama del racconto è lineare, quello che è veramente notevole del romanzo sono i caratteri di Pierre, di Charles, della dolente madre Laurence, dei parenti, e di alcuni comprimari come Babette, la ragazza di Charles, Jules il proprietario del caffè l’Amiral, di Gaston Paumelle, poco di buono che gira intorno a Babette facendo ingelosire Charles, Emma, proprietaria di una osteria a Fécamp.  Notevole è l’abilità del romanziere di saper muovere ampie masse di persone all’inizio e alla fine del romanzo in difesa di due persone oneste, i fratelli Canut e la loro povera madre.

La resa degli ambienti, gli odori e i sapori è veramente straordinaria, così pure i dialoghi diretti tanto da avvincere il lettore di ogni pagina del libro. Così pure lo studio psicologico, che non è mai astratto ma si cala nei personaggi e nei loro dialoghi, come appare evidente fin dalle citazioni che abbiamo fornito. Una lettura sempre avvincente, una straordinaria capacità di ricreare odori e sapori della Francia del Nord, un’introspezione psicologica e capacità di creare i caratteri dando loro un tocco vibrante di umanità e di verità fanno di questo breve romanzo un classico del genere. Che non è stato concepito sul luogo a Fécamp, ma come Simenon spiega in apertura del libro, nel Tirolo: «Mentre respiravo un’aria purissima, circondato da montagne spettacolari, ripensavo a quell’angolo di bacino in cui qualche anno fa, alla stessa epoca, varai la mia prima barca, in una mattina così gelida che la prua dovette rompere uno spesso strato di ghiaccio. Mi è bastato chiudere le persiane e, seduto accanto a una grossa stufa di maiolica, scrivere i Superstiti del Télémaque. Subito mi hanno raggiunto in Tirolo l’odore delle aringhe, gli equipaggi di marinai normanni e quella città, placida o animata a seconda delle maree, costantemente annerita dalla pioggia.»

I superstiti del Telémaque Book Cover I superstiti del Telémaque
Georges Simenon. Trad. di S. Mambrini
Letteratura
Adelphi
2020
187 p., brossura